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L’Europa allarga la guerra ai migranti: anche Bangladesh, Egitto e Tunisia devono essere considerati «paesi sicuri». E i respingimenti alla frontiera vanno anticipati. Von der Leyen fa felice Meloni. La Commissione Ue sempre più sovranista e il diritto di asilo svanisce

Commistione europea Il giorno prima che la premier italiana incontri Trump, la Commissione propone di anticipare le norme utili a riempire i centri in Albania. Così l’istituzione comunitaria entra a gamba tesa nella causa discussa dalla Corte di giustizia Ue. La leader Fdi esulta: cambiamo l’approccio europeo sul governo dei flussi migratori

Von der Leyen paga dazio a Meloni: ok ai «paesi sicuri» Il centro migranti di Gjader in Albania – Ansa/Domenico Palesse

Il giorno dopo la telefonata con Ursula von der Leyen e il giorno prima dell’incontro con Donald Trump la presidente del Consiglio Giorgia Meloni incassa un assist dalla Commissione Ue sul progetto più controverso della legislatura: i centri in Albania. Ieri l’istituzione comunitaria ha proposto l’anticipazione di due punti del Patto su immigrazione e asilo per permettere al governo italiano di riempire le strutture di Gjader.

IL PACCHETTO DI NORME doveva entrare in vigore a giugno 2026, ma ora la Commissione chiede di far prima nell’ampliamento delle procedure accelerate o di frontiera, quelle che comprimono il diritto di difesa, abbattono le possibilità di ottenere la protezione e prevedono il trattenimento. Nello specifico chiede di anticiparne l’applicazione alle nazionalità con tassi europei di asilo inferiori al 20% e a paesi considerati come «sicuri» anche in presenza di eccezioni per parti di territorio o categorie di persone. Su questo punto l’istituzione ha anche ufficializzato la proposta di lista comune, che affianca quelle nazionali. Comprende Kosovo, Colombia, India, Marocco, gli Stati candidati ad aderire all’Ue e i tre che interessano all’Italia per i centri d’oltre Adriatico: Bangladesh, Egitto e Tunisia.

Erano loro il target iniziale del protocollo con Tirana, esteso ai migranti “irregolari” solo dopo che i giudici di Roma hanno contestato l’inserimento di Bangladesh ed Egitto nella lista nazionale. Nei mesi scorsi la Commissione aveva annunciato l’intenzione di anticipare l’elenco comune, poi lunedì sono trapelate le prime indiscrezioni favorevoli a Meloni. L’ufficializzazione di ieri, però, segna un’improvvisa accelerazione. Soprattutto è un grande favore alla premier sul piano interno, in vista della complessa trasferta Usa, e un’entrata a gamba tesa sulla Corte di giustizia Ue.

UNA SETTIMANA FA l’avvocato generale Richard de la Tour ha pubblicato il suo parere indipendente nella causa sui paesi sicuri sollevata dai tribunali nazionali. Quella in cui la Commissione ha dimostrato di essere più sensibile alle richieste politiche italiane che alle considerazioni di diritto e giurisprudenza europee: nel mese trascorso tra il deposito delle osservazioni scritte e l’udienza orale del 25 febbraio scorso ha cambiato completamente posizione accogliendo in toto la linea di Roma.

Pur dando ragione all’Italia sulla possibilità di inserire l’elenco paesi sicuri in una legge, e aprendo a un inedito bilanciamento tra rapidità delle procedure e garanzia dei diritti fondamentali, l’avvocato generale ha contraddetto le tesi principali del governo Meloni. Quelle che contestavano il potere di controllo dei giudici, la pubblicità delle informazioni e la possibilità di eccezioni per categorie di persone. Secondo de la Tour queste sono legittime solo a patto che siano inserite in un contesto di Stato di diritto, facilmente identificabili e numericamente ridotte. Paletti che se adottati dalla sentenza attesa entro giugno, il parere conta molto ma non è vincolante, renderebbero quasi impossibile la designazione di Bangladesh, Egitto e Tunisia. I centri in Albania rimarrebbero vuoti, a parte qualche “irregolare” nel Cpr di Gjader, fino all’entrata in vigore del Patto.

PERCIÒ ORA LA COMMISSIONE punta ad anticiparla, dimostrando di aver imparato bene la lezione del governo italiano: scavalcare le sentenze sui diritti fondamentali attraverso

forzature legislative. La proposta deve comunque seguire la procedura ordinaria, passando da Consiglio dell’Ue ed europarlamento: al netto dei tempi necessari non dovrebbero esserci particolari intoppi, visti gli equilibri politici spostati sempre più a destra.

Per ora, comunque, il quadro giuridico rimane lo stesso. Anzi la proposta dimostra che l’esecutivo meloniano bluffava nel tentativo di applicare norme non ancora in vigore. Ma stavolta il dato è soprattutto politico. «È un’ulteriore conferma della bontà della direzione tracciata dal Governo italiano in questi anni e del sostegno di sempre più Nazioni europee. L’Italia ha svolto e sta svolgendo un ruolo decisivo per cambiare l’approccio europeo nei confronti del governo dei flussi migratori», annuncia trionfante Meloni. Il deputato di +Europa Riccardo Magi parla di «esultanza ingiustificata per un annuncio propaganda». Mentre per l’europarlamentare dem Cecilia Strada quelle della Commissione sono «posizioni discutibili» che servono a dare manforte a uno Stato membro e fare pressione sulla Corte di giustizia Ue. Nicola Fratoianni, di Avs, se la prende con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: «Con che coraggio esulta per la proposta di inserire l’Egitto tra i paesi sicuri?».

DAL CANTO SUO von der Leyen si mostra sempre più vicina alla premier italiana e mette in imbarazzo il Pd, che ha votato a favore dell’esecutivo europeo a differenza di FdI (astenuta). I dem sono contrari al progetto albanese e alla fine della scorsa legislatura si erano opposti, anche se solo all’ultimo momento, al Patto Ue. Un pacchetto di regolamenti approvato in maniera trasversale che – nonostante le dichiarazioni rassicuranti delle istituzioni europee ripetute ancora ieri: «Acceleriamo le procedure senza ledere i diritti fondamentali» – cancellerà per decine di migliaia di persone il diritto d’asilo. Uno dei pilastri alla base della costruzione dell’Ue e delle democrazie liberali uscite dalla vittoria sul nazifascismo.

«L’Occidente come lo conoscevamo non esiste più», ha detto martedì von der Leyen in un’intervista al settimanale tedesco Die Zeit. Pensava alla geopolitica, al libero mercato e alla delusione delle passioni atlantiste. Ma la stessa considerazione vale per i diritti costituzionalizzati in Europa nella seconda metà del Novecento. E la colpa non è di Trump o Putin.