Sperava di essere ricevuto dal papa, ma deve accontentarsi di monsignor Parolin. Bergoglio snobba il vicepresidente Usa Vance, in visita al Vaticano, e nel pomeriggio va a pregare a San Pietro, rimarcando la distanza con l’amministrazione statunitense, in particolare sui migranti. Mentre la Corte suprema blocca la deportazione dei venezuelani
Vance a Roma Il vicepresidente degli Stati Uniti deve accontentarsi di Parolin. Bergoglio, che pure si presenta in basilica, resta a distanza
Il Segretario di Stato Vaticano Parolin riceve il Vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance al Vaticano – LaPresse
La visita Oltretevere di James D. Vance si è fermata nelle stanze della Segreteria di Stato vaticana. Papa Francesco, infatti, non ha voluto incontrare il vicepresidente statunitense, che si è dovuto accontentare di essere ricevuto in udienza dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e dal “ministro degli esteri” della Santa sede, monsignor Paul Gallagher.
L’incontro con Bergoglio non era annunciato, anche perché il papa è ancora in convalescenza dopo il lungo ricovero al policlinico Gemelli, quindi apparentemente nessuna sorpresa. Tuttavia dieci giorni fa il pontefice ha ricevuto i sovrani inglesi Carlo e Camilla, in visita a Roma. Mercoledì ha incontrato in Vaticano dirigenti e sanitari del Gemelli. E giovedì pomeriggio ha anche lasciato per qualche ora il Vaticano per andare nel vicino carcere di Regina Coeli, dove ha salutato una settantina di detenuti.
LA DECISIONE DI NON concedere nemmeno una breve udienza al vicepresidente Usa sembra allora una scelta ponderata per marcare le distanze con l’amministrazione Trump, piuttosto che dettata dalla cautela per le condizioni di salute. Tanto più che ieri pomeriggio – poco dopo che Vance aveva lasciato il Vaticano e si trovava al giardino botanico dove uno dei figli è stato avvistato mascherato da gladiatore romano – Bergoglio si è fatto accompagnare con la sedia a rotelle in basilica per pregare e salutare alcuni fedeli. E questa mattina potrebbe scendere in piazza e affacciarsi dalla loggia di San Pietro per la benedizione Urbi et orbi al termine della messa di Pasqua (e chissà che non appaia di nuovo Vance per strappare almeno un saluto e una fotografia).
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Trump e Meloni, l’ideologia e l’estorsioneLe divergenze fra Santa sede e Usa emergono con evidenza anche nelle poche righe del comunicato della sala stampa vaticana al termine del «cordiale colloquio» fra il vice di Trump e Parolin. «È stato espresso compiacimento – si legge – per le buone relazioni bilaterali esistenti tra la Santa sede e gli Stati Uniti d’America, ed è stato rinnovato il comune impegno nel proteggere il diritto alla libertà religiosa e di coscienza». Fin qui tutto bene. Dopodiché si capisce che fra Washington e Città del Vaticano non c’è sintonia su una serie di altre questioni: «Vi è stato uno scambio di opinioni (che quindi sono diverse, ndr) sulla situazione internazionale, specialmente sui Paesi segnati dalla guerra, da tensioni politiche e da difficili situazioni umanitarie, con particolare attenzione ai
migranti, ai rifugiati, ai prigionieri, e sono stati trattati anche altri temi di comune interesse. Infine, si è auspicata una serena collaborazione tra lo Stato e la Chiesa cattolica negli Stati Uniti, di cui è stato riconosciuto il prezioso servizio alle persone più vulnerabili».
QUELLO DEI MIGRANTI è il tema più spinoso, attorno al quale si sono registrate tensioni non solo con Roma ma anche con diversi esponenti dell’episcopato statunitense – a cominciare dal neoarcivescovo di Washington Robert McElroy – che non è più il blocco monolitico repubblicano di qualche anno fa. Tre giorni prima di essere ricoverato al Gemelli, infatti, Bergoglio ha indirizzato una lettera ai vescovi Usa per denunciare il «programma di deportazioni di massa» («program of mass deportations») annunciato da Trump, invitando di fatto alla disobbedienza contro provvedimenti che «discriminano e causano inutili sofferenze ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati».
La Conferenza episcopale Usa, poi, ha intentato una causa contro l’amministrazione Trump per l’illegittima sospensione dei finanziamenti al suo programma di accoglienza dei rifugiati. Dopo che già erano stati tagliati i fondi UsAid per la cooperazione internazionale allo sviluppo, e i vescovi che protestavano erano stati accusati dallo stesso Vance di essere spinti da interessi economici e non da ragioni umanitarie.
Poi c’è la guerra. Da una parte Trump che aumenta gli investimenti militari e chiede ai partner europei di fare altrettanto, dall’altra il papa che propone come segno giubilare la riduzione delle spese per le armi e la costituzione di un fondo mondiale contro la fame nel mondo e che ancora nelle meditazioni per la Via Crucis al Colosseo di venerdì scorso parla di «mondo a pezzi» e di conflitti di cui «non si vede la fine».
«È CHIARO CHE l’approccio dell’attuale amministrazione Usa è molto diverso da quello a cui siamo abituati», ha detto venerdì Parolin in un’intervista alla Repubblica rilanciata dai media vaticani. «La Santa sede si sforza sempre di mettere la persona umana al centro e sono tante le persone vulnerabili che soffrono enormemente, ad esempio, a causa dei tagli agli aiuti umanitari».
Insomma due mondi – la base ultratrumpiana e Maga associa Bergoglio all’ideologia woke – che in questi giorni il cattolico neoconvertito Vance ha cercato mediaticamente di ricongiungere, facendosi vedere in prima fila con moglie e figli nella basilica di San Pietro per la celebrazione del venerdì santo e sperando di incontrare il papa. Finora l’operazione sembra fallita.