Stampa

Territori occupati Si è aperta ieri, tra le polemiche, la sessione del Consiglio centrale dell'Olp. Hussein Sheikh potrebbe diventare vicepresidente

Abu Mazen attacca Hamas, sceglie il successore e rompe l’unità Ramallah. Abu Mazen apre i lavori del Consiglio centrale dell'Olp – AP/Nasser Nasser

«La descrivevano come una riunione destinata a ricreare le condizioni per l’unità palestinese; al contrario, questo incontro ha allargato le fratture interne e dimostrato la mancanza di democrazia che ormai regna nelle istituzioni palestinesi». Lo diceva ieri al manifesto Mustafa Barghouti, leader del partito Iniziativa nazionale, a proposito dei lavori del Consiglio centrale dell’Olp, convocati dal presidente Abu Mazen a Ramallah e che si concluderanno questa sera. «Ho boicottato questa riunione organizzata senza aver consultato tutte le forze politiche. Sono un membro eletto del Consiglio centrale e capo di un partito, eppure non sono stato invitato alle fasi preparatorie», ha aggiunto Barghouti. Le sue previsioni negative hanno buone probabilità di avverarsi. La riunione del Consiglio centrale – espressione ridotta del Consiglio nazionale palestinese (il parlamento dell’Olp) – segna una nuova rottura, forse irrecuperabile, tra Abu Mazen e Hamas nel momento più difficile per Gaza e i palestinesi.

Aprendo i lavori, Abu Mazen ha inveito contro il movimento islamico, arrivando a definire i suoi leader «figli di cani». «Perché non consegnate gli ostaggi americani?… Non date pretesti a Israele. Liberate coloro che trattenete e ponete fine a questa storia. Fatela finita», ha urlato. Poi ha ordinato ad Hamas di cedere il controllo di Gaza e deporre le armi (come chiede Israele). «Hamas deve affidare all’Anp le responsabilità sulla Striscia, rinunciare alle armi e trasformarsi in un partito politico». La reazione di Hamas è stata immediata. «Abu Mazen ha descritto in termini volgari una parte ampia e autentica del suo stesso popolo», ha replicato Basem Naim, dell’ufficio politico di Hamas. «Continua ostinatamente ad attribuire al nostro popolo la responsabilità per i crimini e l’aggressione di Israele», ha aggiunto. A tanti palestinesi, almeno a giudicare dai post sui social, non è piaciuto l’attacco frontale ad Hamas, inclusi simpatizzanti e militanti di Fatah, il partito del presidente. «Offendere in quel modo altri palestinesi è un grave errore e una vergogna mentre Israele ci bombarda», commentava ieri sera Anwar B., un anziano militante di Fatah. «Vogliamo l’unità nazionale, tutti dobbiamo aiutare i fratelli di Gaza, gettati nella catastrofe dall’offensiva di Israele».

Alcuni hanno visto un legame tra l’attacco di Abu Mazen ad Hamas e la decisione annunciata nelle stesse ore dalla Giordania di mettere fuori legge, per «attività terroristiche», i Fratelli musulmani, da cui ha avuto origine anche il movimento islamico palestinese. Un passo che di fatto accresce la pressione nella regione nei confronti di Hamas, preso di mira anche da alcuni religiosi sauditi. Da notare anche la decisione presa dal nuovo regime siriano, peraltro islamista, di ordinare l’arresto due dirigenti del Jihad islamico palestinese.

Il titolo della sessione del Consiglio centrale sembrava indicare l’intenzione di delineare un’agenda politica in risposta all’escalation militare di Israele: «No allo sfollamento e no all’annessione. Salvare il nostro popolo a Gaza e fermare la guerra. Proteggere Gerusalemme e la Cisgiordania. Sì alla completa unità nazionale palestinese». Ma le finalità del Consiglio centrale sono altre, come hanno sottolineato alcune formazioni palestinesi, tra cui il Fronte Popolare (Fplp, sinistra). Ponendo un’ombra sulla legittimità della sessione, il Fplp ha parlato di «un passo parziale» privo dei presupposti richiesti dal dialogo.

Il punto più importante tra i dieci in agenda, infatti, è la modifica dello Statuto dell’Olp allo scopo di istituire la figura del vicepresidente del Comitato esecutivo. Un emendamento che non implica una nomina immediata, ma apre formalmente alla possibilità che il Comitato esecutivo dell’Olp elegga una figura di transizione o affiancamento ad Abu Mazen. Secondo l’analista Raed Badawiya, la mossa risponderebbe a pressioni «vecchie e nuove», provenienti da Usa, Israele e dal mondo arabo, preoccupati che l’era post-Abbas veda poi alla presidenza dell’Olp e dell’Anp un esponente palestinese «non gradito». Anche Iniziativa nazionale parla di «pressioni esterne» alla base della convocazione, esprimendo dubbi sull’effettiva volontà di costruire un consenso reale.

Il nome sulla bocca di tutti per la carica di vicepresidente è quello di Hussein Sheikh, già segretario del Comitato esecutivo dell’Olp, molto vicino ad Abu Mazen e gradito agli Usa e all’Europa. E anche alle autorità israeliane, con cui Sheikh ha avuto rapporti quotidiani per aver svolto, per anni, l’incarico di responsabile dell’Anp per gli affari civili. Se Abu Mazen dovesse uscire di scena all’improvviso, Sheikh lo sostituirebbe immediatamente, rafforzando nel periodo di transizione la sua posizione ai vertici.

In ogni caso, il nodo più difficile resta la mancata riconciliazione nazionale. Senza di essa, e senza il ritorno a un processo elettorale e rappresentativo, qualsiasi riforma sarà percepita nelle strade dei Territori occupati come una concessione al contesto internazionale e non una risposta alle esigenze del popolo palestinese.