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Nessuno si è moderato e non c’è stata alcuna tensione: il 25 aprile è stato una grande festa. A Milano, a Roma e in tante altre città, l’invito del governo a non fare troppo rumore con la scusa del lutto per il papa ha funzionato al rovescio. Mattarella: è sempre tempo di Resistenza

Mai stati sobri «Guardiamoci in faccia», da strade diverse nella stessa direzione. La Liberazione unisce le lotte, dalla Palestina alla giustizia sociale. Un serpentone di partiti, sindacali e collettivi E anche il centrosinistra si ricompatta in piazza

La manifestazione per la Festa della Liberazione del 25 aprile davanti al Duomo di Milano La manifestazione per la Festa della Liberazione davanti al Duomo di Milano – Andrea Sabbadini

«Sono qui perché abbiamo bisogno di guardarci in faccia. Siamo tanti e a volte lo dimentichiamo. Oggi andiamo nella stessa direzione, da mille strade diverse». A metà pomeriggio, con mezzo corteo ancora fermo sotto il sole per la folla sobrietà-free che attraversa Milano, un papà con la figlia sulle spalle ci regala la migliore descrizione di questo 25 aprile. Cittadinanza per tutt*, c’è scritto sul cartoncino che stringe in mano.

Intorno c’è piazza San Babila, l’incrocio che i palestinesi hanno scelto per il loro comizio finale, a rivendicare la loro di cittadinanza. Che per il secondo anno di fila è globale.

LE BANDIERE della Palestina sono il filo rosso di una marcia che conta 100mila persone. Le kefieh al collo pure. Testa del corteo o no. «È stato un gravissimo errore non dare il palco a una voce palestinese perché in Palestina si è raggiunto il punto più basso, a livello mondiale».

Marco Sannella è il vicepresidente della sezione Anpi Stadera-Gratosoglio, che ha scelto di mischiarsi allo spezzone palestinese. «Si tratta di superare una coscienza post coloniale che ancora vive dentro di noi. Noi, allora, restiamo qua, vicino a loro. Poco sobri, molto allegri, colorati e determinati».

Si parla anche di guerra. C’è un carro che sul tettuccio ha la riproduzione di un missile spezzato. Il grande striscione davanti, «Fuck rearm», detta le coordinate di un’esigenza comune.

Sul palco di piazza del Duomo, intanto, si cita papa Francesco e tutti applaudono. Anche i Giovani palestinesi, che stazionano in prima fila. «Il 25 aprile non è carnevale – scandisce poi il presidente del’Anpi Gianfranco Pagliarulo -, festeggiamo la fine del fascismo, del nazismo e della guerra. E non vogliamo vedere mai più il fascismo, il nazismo e la guerra».

il carro del manifesto alla manifestazione del 25 aprile 2025 a Milano
il carro del manifesto alla manifestazione del 25 aprile 2025 a Milano

APPLAUSI. Più di quelli riservati al sindaco Beppe Sala, che ha fatto il suo corteo tra gli stendardi e i gonfaloni istituzionali d’apertura, davanti alla Brigata ebraica – circondata dalla celere e dai giubbotti rossi dei City Angels – e allo spezzone con le bandiere ucraine. Dietro tutti gli altri: i partiti, i sindacati, i collettivi, Emergency, l’Arci, i movimenti, anche il manifesto. Ognuno con le sue parole, ognuno con la sua musica. E la selezione delle canzoni, in fondo, dice

già molto.

Basta una passeggiata per accorgersene: il Pd si rifugia dietro i Modena City Ramblers, Avs opta per gli Aprés la classe, Rifondazione si dà alla battaglia punk con i Los Fastidios. E i leader non hanno problemi a mischiarsi nell’allegro caos di un serpentone lunghissimo, come sempre a Milano quando è la festa della Liberazione.

Schlein è inseguita dai cronisti e dalle telecamere. Fratoianni, Bonelli e Acerbo girano di spezzone in spezzone. La sensazione è che non ci sia nulla di strano: l’antifascismo è sempre un buon motivo e essere per le strade di Milano, questo 25 aprile, ha un significato impossibile da fraintendere.

LA SOBRIETÀ non alberga da queste parti, per fortuna. Sobri domani. Noi siamo sobri è il governo che è ubriaco. Sobriamente antifascisti. Non bastassero gli slogan nei cartelli e sui muri ci pensa la piazza a rispondere a un governo a cui non sembrava vero di annacquare la Liberazione con un funerale.

Un momento del corteo per il 25 Aprile a Milano
Un momento del corteo per il 25 Aprile a Milano, foto Andrea Sabbadini

La piazza è unita, compatta. E sembra capace di unire tutti anche là dove spesso il dibattito televisivo vorrebbe dividere. Prova ne siano le bandiere di Italia viva strette tra quelle del M5S e di Avs, senza che nessuno si scandalizzi più di tanto.

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Qui sembrano saldarsi anche altri conflitti storici: lo spezzono curdo e quello turco, vicini ma non troppo. «Il 25 aprile lo sentiamo nostro perché sono decenni che lottiamo contro il fascismo», dice Serkan, curdo. «È un messaggio anche nostro perché quello che è successo in Italia 80 anni fa in Turchia avviene oggi», dice Rafet, presidente del partito turco kemalista del Chp, sezione di Milano e dintorni.

POCO PIÙ AVANTI, sfila lo storico spezzone dei sopravvissuti all’Olocausto, in alto i cartelli con i nomi dei campi di sterminio nazisti. Subito dopo ci sono le tipe e i tipi di Mai Indifferenti, Lea-Laboratorio Ebraico Antirazzista e i firmatari dell’appello degli ebrei italiani contro la pulizia etnica. «Quell’appello entra in questa piazza perché siamo contro ogni fascismo, in ogni tempo e in ogni luogo – dice Sveva Haertter – Contro quello che sta avvenendo in Palestina, quello che avviene in questo paese, quello che succede al Cpr di Gjader. Il 25 aprile tiene insieme la giustizia sociale, la giustizia ambientale, la parità di genere, tra etnie, tra autoctoni e migranti».

Cristina è la coordinatrice della Casa delle Donne maltrattate di Milano, dietro ha la sua moltitudine, quella del «primo centro antiviolenza nato in Italia dal femminismo». Perché essere uno spazio comune significa essere uno spazio di antifascismo. «Questo governo prende di mira i principi di libertà e democrazia – dice -, la sua è una logica autoritaria e repressiva che in apparenza si occupa di violenza sulle donne ma che non affronta le cause strutturali, che sono culturali, che sono le case, la salute, il lavoro, l’integrazione tra vita pubblica e privata».

Ho letto lettere di partigiani. E lettere arrivate da Gaza: le stesse parole, gli stessi sentimenti, quelli di chi sta dalla parte giusta della storiaAndrea, Spazio 20092

È COSÌ CHE, da strade diverse, si va nella stessa direzione. Quella dello Spazio 20092 di Cinisello Balsamo, sgomberato due anni fa. Avanza con un risciò, distribuisce adesivi, «Cinisello tamarro antifascista antisionista»: «Era uno spazio abitativo per famiglie sotto sfratto. In otto anni, ci sono passate 150 persone, decine di famiglie – dice Andrea – Quest’anno la lotta antifascista non può che saldarsi alla lotta al sionismo e al genocidio a Gaza. Ho letto lettere di partigiani, scritte ai genitori quando sapevano di essere ormai vicini alla fine. E poi ho letto lettere arrivate da Gaza: le stesse parole, gli stessi sentimenti, quelli di chi sta dalla parte giusta della storia».

Un momento del corteo per la festa della Liberazione a Milano foto Andrea Sabbadini
Un momento del corteo per la festa della Liberazione a Milano foto Andrea Sabbadini

MENTRE LA CODA del corteo comincia a entrare in piazza chi ci è arrivato quasi tre ore prima sta già andando via. Si balla e il tramonto cala sul Duomo. Le espressioni sui volti sono quelle che solo il 25 aprile è capace di dipingere. Ancora una volta. Il papà con la bambina in braccio ha ottenuto la sua risposta: esiste un popolo, nonostante le apparenze. O forse proprio come le apparenze.