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Discorso del Sindaco Massimo Isola – in occasione dell’80° Anniversario della Liberazione (25 Aprile 2025)
Signore e signori rappresentanti delle istituzioni civili, militari e politiche, stimate associazioni combattentistiche, amate concittadine e concittadini, oggi celebriamo un anniversario fondamentale per la nostra nazione: l'ottantesimo della Liberazione d'Italia.
Questo è il giorno della nostra festa nazionale. Oggi è un giorno di profonda gratitudine. Ringraziamo coloro che hanno combattuto con coraggio, coloro che hanno sacrificato la propria vita, giungendo da ogni parte del mondo, per regalarci la libertà che da soli non avremmo potuto conquistare.
Oggi rendiamo omaggio a chi scelse di andare controcorrente, a chi salì sulle montagne, a chi abbracciò la Resistenza, ai partigiani che si batterono strada per strada, colle per colle, opponendosi all'oppressione nazifascista.
Oggi è un giorno per riconoscere il valore di chi si schierò dalla parte giusta della storia, di chi costruì un'Italia di pace contro un'Italia di guerra, un'Italia libera contro un'Italia di dittatura, un'Italia di giustizia contro un'Italia di oppressione politica, sociale e civile.
Per questi ideali così grandi, così universali, oggi per noi celebrare non è una semplice scelta, ma un imperativo. Per noi cittadini, non è un'opzione. Festeggiare il 25 aprile è un dovere costituzionale e morale. La nostra Costituzione ci garantisce diritti fondamentali, ma ci affida anche dei doveri imprescindibili, e tra questi vi è l'onore di commemorare il 25 aprile.
Ascoltiamo l'invito del Ministro Musumeci a celebrare con sobrietà, nel rispetto del dolore che ha segnato la nostra storia nazionale ed europea. A lui, che ha dimostrato impegno e presenza in questi anni, nei quali siamo stati colpiti da tre alluvioni, noi diciamo con fierezza: siamo orgogliosamente antifascisti.
E se oggi le parole sembrano talvolta inadeguate, ribadiamo con forza che esiste un problema serio nel nostro Paese: il fatto che il 25 aprile diventi, per alcuni, motivo di controversia. Siamo governati da dinamiche di potere che tendono a distorcere la memoria, che temono l'antifascismo, che hanno timore della radice profonda della nostra Repubblica.
Ma Faenza è una città decorata al valore militare per il suo ruolo nella Resistenza, per le sofferenze patite e per la sua tenace reazione. Il 25 Aprile del 1945, per noi, è il giorno della rinascita dell'Italia, la fine di un incubo che ha strappato alla vita migliaia, centinaia di migliaia di vite, per scelte scellerate di egemonia. Oggi, il 25 Aprile, viene segnata la conclusione di un ventennio drammatico, di vergogne, della storia italiana.
Ringraziamo, ma non abbiamo bisogno di richiami a una finta sobrietà. Per noi oggi è un giorno di gioia e di libertà. Ottant'anni vanno celebrati, vanno ricordati con solennità. Oggi rievochiamo quindi una giornata storica per tutti noi: il 25 aprile 1945, la Liberazione dal giogo nazifascista, anzi prima di tutto fascista!
Ricordiamo ciò che accadde in una delle più grandi città italiane ed europee: Milano. In una giornata tiepida e soleggiata, carica di silenzi e di profonde vibrazioni, cadde l'ultima resistenza nazifascista nella grande metropoli. Alla periferia, le mani dei partigiani iniziarono a liberare le strade.
Milano non era ancora completamente libera. La X ͣ MAS, reparto tanto celebrato con imbarazzo in questi ultimi mesi, e i repubblichini feriti nell'animo, sparavano indiscriminatamente, seminando terrore e orrore negli ultimi giorni di aprile. Uccisero innocenti, bambini e anziani, in un gesto tanto gratuito quanto misura della loro disperazione di sconfitti.
Ma la città si stava sollevando. Alle undici del mattino, tremila detenuti di San Vittore insorsero, imposero la loro volontà e uscirono dal carcere, pagando un alto prezzo, con decine di vite. A mezzogiorno, i sindacati proclamarono lo sciopero generale. Alle tredici del 25 aprile, Milano si dichiarò città “libera”. "Ce l'abbiamo fatta", si diceva. Milano era tornata ad essere libera.
Ma non era ancora finita. Gli scontri continuarono tra la notte e la mattina del 26 aprile. Solo allora Milano fu completamente abbandonata dai nazisti e dai fascisti. Il 25 aprile, Milano fu una città sospesa, senza fiato, che accoglieva l'avanzata dei partigiani anche dentro le sue mura. I nazifascisti si ritirarono gradualmente, e avvenne la liberazione simbolo dell'Italia intera.
Il 25 aprile di Milano è simile al 17 dicembre di Faenza, ma diverso dal 21 aprile di Bologna, quando la piazza si riempì di balli al ritmo del jazz. Milano, quel giorno, fu silenziosa, ammutolita, quasi incredula. Prevalse lo stupore, un silenzio denso di dignità ferita. Una città segnata, con migliaia di persone che sentivano il peso della dignità calpestata, il dolore profondo generato dall'occupazione nazista, con i suoi troppi lutti e le sue innumerevoli perdite.
Ma la città si risollevò, un passo alla volta. La vera festa arrivò settimane dopo, il 14 luglio, quando dodici bande musicali attraversarono i viali di Milano, invitando tutti i cittadini a scendere in strada, a Parco Sempione, dove vennero allestite sette piste da ballo con orchestre che suonarono per ventiquattro ore. E tutti ballarono.
Ma il 25 aprile rimane il simbolo della dignità con cui i milanesi vissero la fine di una dittatura drammatica. Fu la fine dell'Italia razzista, fascista e imperialista. Fu la fine dell'Italia oscura iniziata nel 1920; fu la fine dell'Italia dei rastrellamenti, delle leggi liberticide, delle infami leggi razziali del 1938 che condannarono migliaia di cittadini italiani a morire nei campi di concentramento. Quell'Italia, quella brutta pagina della storia del nostro Paese finì il 25 aprile 1945.
"Una nazione deve attingere ai suoi esempi, deve specchiarsi in essi -come sosteneva Pietro Calamandrei- e vi troverà non solo le radici della propria storia, ma anche le ragioni più alte del proprio futuro".
Ecco perché oggi, ottant'anni dopo, è ancora fondamentale celebrare il 25 aprile. Non è soltanto un rito, non è una formalità, non è un momento da collocare nel calendario come gli altri: è il cuore pulsante della nostra identità democratica. È un punto fermo. È l'appuntamento che ci obbliga, come cittadini, a fare memoria e a prendere posizione. Perché la libertà non è mai conquistata una volta per tutte. La libertà si custodisce, si rinnova, si difende ogni giorno.
Il 25 aprile ci ricorda che la democrazia non è un bene scontato. Che ogni volta che rinunciamo a un diritto, che ogni volta che ci voltiamo dall’altra parte davanti a un'ingiustizia, ogni volta che accettiamo che qualcuno venga escluso, discriminato, umiliato, stiamo rinunciando a quella libertà che ci è stata donata, combattuta e vinta con il sangue.
E allora oggi ribadiamo con forza che noi non arretriamo e non arretreremo di un passo; noi restiamo fedeli a quei valori, quelli ottenuti con il sacrificio di vite umane. Mai ci vergogneremo di dirci ora e sempre antifascisti. Perché essere antifascisti oggi significa essere dalla parte della Costituzione, dalla parte dei diritti, dalla parte della libertà, la stessa che permette a tutti, da tutte le parti a poter esprime liberamente le proprie opinioni.
E se oggi qualcuno tenta di riscrivere la storia, di confondere le acque, di mettere sullo stesso piano chi combatteva per la libertà e chi difendeva la dittatura, allora noi abbiamo il dovere morale di rispondere con chiarezza, senza ambiguità: la Resistenza non è un'opinione, ma la base stessa della nostra Repubblica, della nostra Democrazia.
Celebrare l'ottantesimo Anniversario della Liberazione significa anche guardare avanti, verso i giovani. A loro dobbiamo consegnare non solo una memoria viva, ma anche la fiducia nel futuro. Dobbiamo dire loro che un'altra Italia è possibile, un'Italia più giusta, più solidale, più coraggiosa.
Care ragazze e cari ragazzi, la libertà che oggi viviamo è il frutto di una lotta. Ma non pensiate che la lotta sia terminata. Ogni volta che difendete un compagno bullizzato, ogni volta che vi opponete all'indifferenza, ogni volta che scegliete l'impegno invece del cinismo, dell’indifferenza, voi continuate quella battaglia, la Resistenza dei vostri nonni. E lo voglio dire con forza e senza fraintendimenti: Noi siamo e sempre saremo con voi, anche quando ci contesterete, perché questa è l’essenza della democrazia, della libertà.
Per questo oggi, nel nome di chi ha lottato, di chi è caduto, di chi ha creduto, diciamo ancora con convinzione: Viva la Resistenza! Viva la Costituzione! Viva l'Italia libera, democratica e antifascista!