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il segretario Massimo Bussandri: «Più di un milione di elettori ha condiviso le nostre idee, 200 mila in più rispetto a quelli che hanno votato de Pascale presidente della Regione»

Referendum, la Cgil Emilia-Romagna: «Abbiamo perso ma più ma in questa regione molti la pensano come noi»

«Circa 1.280.000 cittadini emiliano-romagnoli sono andati alle urne e di questi la stragrande maggioranza, un terzo secco dell’elettorato, ha votato sì, condividendo il progetto della Cgil e i suoi quesiti sul lavoro per renderlo più stabile, tutelato, sicuro e non ricattabile». E ancora: «Raccogliamo questo mandato importante, conferitoci da oltre 300 mila cittadini in più rispetto alla platea dei nostri iscritti (che sono quasi 800 mila, ndr), che ci carica di responsabilità, incoraggia e fa andare avanti nel perseguire gli obiettivi che abbiamo condiviso nei nostri organismi dirigenti: manutenzione e rinnovo del Patto per il lavoro e per il clima, ulteriore ampliamento della contrattazione aziendale, che qui è già molto sviluppata, e più coesione sociale». 

Il leader della Cgil dell’Emilia-Romagna, Massimo Bussandri, affiancato dal segretario organizzativo Gianluca Zilocchi, sul quorum non raggiunto ai referendum su lavoro e cittadinanza guarda il bicchiere mezzo pieno. Dopo aver ringraziato tutte le Camere del lavoro per la grande mobilitazione messa in atto per la campagna di informazione nelle piazze e nei luoghi di lavoro, archiviato «l’oscuramento del servizio pubblico di informazione» e «gli inviti a non votare di certe istituzioni», si crogiola facendo notare i «200 mila elettori in più rispetto a quelli che hanno votato Michele de Pascale presidente della Regione Emilia-Romagna e il mezzo milione di voti raccolti in più rispetto a quelli presi, nella stessa tornata elettorale, dalla candidata dell’opposizione, Elena Ugolini». Secondo Bussandri un «primo risultato politico» il referendum l’ha raggiunto: «Aver riattivato una rete di militanza che ha coinvolto decine di migliaia di persone. In Emilia-Romagna, ovviamente». Perché, poi, c’è il quadro nazionale: 38% di affluenza qui; 30, 6% nel resto d’Italia. «Più di un cittadino emiliano-romagnolo maggiorenne su tre – evidenzia il sindacalista – condivide la nostra idea di trasformazione sociale e non è solo la classe lavoratrice che noi organizziamo. È un dato certificato di valori condivisi che credo in questo momento nessuna forza sociale o politica possa vantare né dentro né fuori da questa regione». «Un patrimonio che rimarrà e che intendiamo mettere a valore. Abbiamo riportato – rivendica Bussandri – la riflessione sul lavoro e sui diritti al centro non solo del dibattito politico ma anche della discussione quotidiana delle persone».

Il leader della Cgil regionale non pronuncia mai la parola «sconfitta», ma è certo che il popolo della Cgil ha fatto tutto quello che poteva fare, investendo il massimo dell’energia e dell’impegno. «Abbiamo perso – ammette – perché il quorum non lo abbiamo raggiunto e, quindi, non abbiamo raggiunto nemmeno lo scopo che c’eravamo prefissati: non saranno abrogate le norme, nefaste per i lavoratori e per il mondo del lavoro, che ci eravamo prefissi di abrogare ma queste sono le regole del gioco e dell’istituto referendario». All’analisi del voto, su cui di fatto la Cgil si auto-assolve, c’è tutto lo stato maggiore del sindacato. Presente anche il segretario generale della Cgil di Bologna, Michele Bulgarelli, che alla vigilia del voto aveva confessato di vedere il quorum raggiungibile.

Per rispetto della liturgia sindacale, preferisce non fare commenti e lascia la parola al collega regionale, che ancora una volta chiude sulle caratteristiche che, nel quadro nazionale, ancora rende questa regione un laboratorio di partecipazione. «Bologna è la città in cui si è votato di più in Italia, c’è un cuore manifatturiero, tra Bologna e Reggio Emilia, dove i temi della democrazia e del lavoro sono molto sentiti. Più ci si allontana da questo cuore – è la sua analisi – e più si affievolisce il senso di questi valori. Io credo che questo sia un tema che interroga non solo noi, ma interroga anche le istituzioni, a partire dalla Regione, e interroga tutta la politica che deve tornare a saper costruire un progetto di unità e di coesione che tenga insieme tutto il territorio regionale e che sappia abbracciare anche le ali estreme e le tante periferie e aree interne che ci sono. Altrimenti rischiamo, anche qui, di fare i conti con territori a diverse velocità».