Il rapporto «Sovranità in tutto tranne che nel nome: l’accelerazione dell’annessione della Cisgiordania da parte di Israele», pubblicato da «International crisis group» mentre entrava in vigore l’accordo per il cessate il fuoco
Burqa, (Ramallah): un uomo ispeziona alcuni veicoli incendiati durante un attacco notturno dei coloni israeliani – AP Photo/Nasser Nasser
Mentre si festeggia la nuova tregua nella Striscia di Gaza, i palestinesi per sfinimento, Trump e il governo israeliano per presunti meriti e “risultati” ottenuti sulla pelle dei palestinesi, Israele intensifica gli sforzi per cancellare ciò che rimane della distinzione tra la vita degli israeliani nello stato ebraico e la vita dei coloni negli insediamenti in Cisgiordania. Quegli insediamenti che hanno causato sfratti, demolizioni, confische di terre, spostamenti forzati di migliaia di persone, morti e che sono considerati illegali dalla Corte internazionale di giustizia.
A mettere nero su bianco la recrudescenza delle politiche di occupazione israeliane è l’ong International crisis group (Icg) nel suo nuovo rapporto «Sovranità in tutto tranne che nel nome: l’accelerazione dell’annessione della Cisgiordania da parte di Israele», dato alle stampe mentre entrava in vigore l’accordo per il cessate il fuoco.
Dei due ministri del governo di Tel Aviv che appartengono al movimento dei coloni (l’altro è Ben-Gvir), Smotrich è quello che ha accelerato l’espansione degli insediamenti attraverso una serie di studiate manovre burocratiche. E ha ridisegnato il «funzionamento dell’occupazione israeliana della Cisgiordania trasferendo poteri chiave dalle autorità militari a quelle civili», dice il rapporto di Icg.
Il leader di Sionismo religioso ha assunto ampi poteri in materia di sicurezza nella Cisgiordania, i cui aspetti riguardano tanto i palestinesi quanto i coloni israeliani ma ai quali si applicano due sistemi legali differenti. Gli oltre 700 mila coloni che vivono in Cisgiordania, dati Oxfam, sono soggetti al diritto civile israeliano. I palestinesi (circa 2,9 milioni di persone) sono sottoposti a legge marziale. «Dal fiume Giordano al mare c’è spazio per un solo diritto all’autodeterminazione nazionale, quello ebraico», ha dichiarato Smotrich, rendendo chiaro l’obiettivo della Knesset di impedire la nascita di uno stato palestinese.
Ma che Israele dichiari o meno la sovranità formale, come chiedono i leader degli insediamenti, nella sostanza gran parte del territorio della Cisgiordania è già stato annesso. Il movimento dei coloni d’altronde è una delle bussole che orienta la politica di Tel Aviv sulla Cisgiordania, rendendo impossibile ai palestinesi non soltanto pensare a un proprio stato lì, ma anche la conduzione di una vita normale nella propria terra. L’obiettivo della «grande Israele».
Quando Smotrich è entrato nella coalizione di governo nel 2022, tra gli accordi firmati con il partito Likud di Netanyahu vi era l’impegno da parte del primo ministro israeliano di lavorare per «una politica secondo cui la sovranità viene applicata alla Giudea e alla Samaria». Sovranità che «nel lessico israeliano significa annessione», sottolinea Icg. Il 23 febbraio 2023 è stata ufficializzata la creazione dell’Amministrazione per gli insediamenti, un ente che ha assunto il controllo di tutte le questioni civili nell’area C della Cisgiordania. Da Tel Aviv, Smotrich e i suoi gestiscono direttamente la pianificazione territoriale, la registrazione delle proprietà, la costruzione e la legalizzazione degli avamposti coloniali. Il controllo si estende su acqua, elettricità, telecomunicazioni, trasporti, siti archeologici, riserve naturali e attività agricole dei palestinesi.
C’è più di qualcosa, anche in questo caso, che gli attori internazionali potrebbero fare, cogliendo l’opportunità offerta dalla diplomazia del cessate il fuoco: embargo sulle armi, interruzione dei rapporti commerciali con Israele, sanzioni. I precedenti non lasciano ben sperare, dal momento che è stata concessa a Israele «carta bianca nella sua annessione strisciante della Cisgiordania occupata», dice Icg. L’ondata recente del riconoscimento dello stato di Palestina da parte di numerosi altri stati dovrebbe correre di pari passo a «un impegno politico volto a fermare l’annessione israeliana della Cisgiordania».
