Violenze ed esecuzioni pubbliche. A Gaza le armi restano ad Hamas che spara sulle bande affiliate a Israele. È questo il «successo» di Trump e Netanyahu dopo due anni di sterminio. E la loro tregua è già violata: Tel Aviv uccide nove palestinesi e chiude il valico di Rafah
Hanno fatto la pace Nove uccisi ieri dal fuoco israeliano. Altri 250 corpi di dispersi recuperati in tre giorni. Tel Aviv: «prima quelli degli ostaggi»
Camion in attesa sul lato egiziano del valico di Rafah Ep – Ep
A Gaza il conto delle vittime non si è ancora interrotto. Si muore nei modi noti – il fuoco israeliano – e si accumulano cadaveri. Ieri il ministero della sanità aggiornava il bilancio ufficiale dal 7 ottobre a 67.913 uccisi. Nove ammazzati ieri, altri 250 sono i corpi ritrovati dalla protezione civile con uno sforzo disumano visto che Israele continua a bloccare i macchinari per simili operazioni. Si stima che i corpi dispersi siano almeno 10mila, forse 20mila.
IERI POMERIGGIO un drone ha ucciso un palestinese a Khan Younis; in mattinata il fuoco dei cecchini ha ammazzato un gruppo di persone a Shajaiya, quartiere di Gaza City. La «giustificazione» data dall’esercito di occupazione: si erano avvicinate ai soldati. Secondo la versione dei testimoni, stavano ispezionando le proprie case, o quel che ne restava. Una violazione del cessate il fuoco che si unisce alla chiusura del valico di Rafah a tempo indeterminato: la ragione, dice Tel Aviv, è la mancata restituzione dei corpi di tutti e 28 gli ostaggi deceduti nella Striscia. Una forma di punizione collettiva: da Rafah dovrebbero transitare le migliaia di tonnellate di aiuti che dal marzo scorso Israele ha impedito che venissero consegnate, provocando consapevolmente una dura carestia e la morte di centinaia di persone.
I corpi di quattro ostaggi sono stati consegnati lunedì, altri quattro ieri sera (secondo l’accordo, dovrebbero rientrare tutti in Israele entro 72 ore dalla tregua). La ragione del ritardo l’ha fornita ieri la Croce rossa, secondo cui la riconsegna richiederà giorni, se non settimane: è necessario individuare i luoghi di sepoltura che, nel caos dell’offensiva, è stata affidata a cellule di Hamas e altri gruppi sparse sul territorio ed è necessario superare gli ostacoli imposti da una distruzione a tappeto di Gaza, delle strade e degli edifici. «Si tratta di una sfida enorme», ha commentato il portavoce della Croce rossa, Christian Cardon. Ad aiutare le operazioni sul campo, secondo l’emittente qatarina Al-Arabi, sono giunti team di esperti dall’Egitto.
ANCHE ISRAELE, sul fronte dei corpi, viola l’intesa. Ieri ha
Gazaricondotto all’ospedale Nasser di Khan Younis, i cadaveri di 45 palestinesi. Secondo i termini, Tel Aviv è tenuto a riconsegnarne 360 su diverse centinaia tuttora detenute in territorio israeliano. Si tratta dei corpi esumati dall’esercito, scavando in fosse comuni e cimiteri, e quelli sottratti dopo i raid, una pratica che secondo le autorità israeliane serviva a individuare eventuali membri di Hamas o ostaggi deceduti.
La morte soffoca Gaza come una cappa. A rendere la tregua ancora più labile è il limitato ingresso di aiuti, soprattutto nelle zone che più di altre ne hanno immediato bisogno. Come Gaza City, sottoposta a un durissimo assedio per settimane.
«I camion arrivano con il contagocce nel centro e nel sud ma a nord non ne vediamo molti – scrive su al Jazeera il reporter Hani Mahmoud – Il motivo principale è la distruzione delle infrastrutture. La consegna richiede tanto tempo perché qui non ci sono più strade e perché l’esercito israeliano ha distrutto ogni magazzino».
E mentre l’Onu, tramite il Programma per lo sviluppo e ricorrendo ai calcoli della Banca mondiale, stima in almeno 60 miliardi di euro il costo della ricostruzione dell’enclave devastata perché «torni a essere vivibile», all’indomani del vertice di Sharm el-Sheikh e lo show della firma di una «pace» senza giustizia, il premier spagnolo Sanchéz ha insistito perché quell’intesa non si tramuti in una viatico per l’impunità del governo israeliano, anche alla luce dei procedimenti in corso alla Corte penale internazionale. In Egitto, intanto, i tavoli negoziali non si sono chiusi: c’è da ragionare sulle successive fasi dell’accordo, ovvero sulla formazione del cosiddetto «Board of Peace» che nella testa del presidente Usa Trump si prenderà in appalto la Striscia a tempo indeterminato.
IERI IN UNA LETTERA l’Unione europea non ha messo in discussione la modalità ma ha chiesto di essere inserita nel «consiglio della pace», mentre a Roma alle 14 il ministro Tajani presiederà il Consiglio dei ministri convocato sul tema della ricostruzione di Gaza.
