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photo of Nadia Urbinati

 I due giorni di lavori dell’assemblea del Partito Democratico a Bologna sono stati importanti, un ottimo inizio di un processo che, speriamo, sia ricostruttivo del partito e della sinistra, senza tentennamenti. E la distinzione che Nicola Zingaretti ha proposto tra il Pd e i suoi possibili o ipotetici alleati, è interessante: “Noi ribadiamo una scelta di sperimentare le alleanze. Quando dicono ‘non vogliamo un accordo storico’, mi fanno sorridere. Io dico solo che non si governa fra avversari politici. E quando dico ‘vocazione unitaria’ parlo ai leader, ma soprattutto alle persone che ci guardano. Governiamo per l’Italia e non per accrescere noi stessi dando picconate alla coalizione”.

Pd, lotta su due fronti

La riflessione di Zingaretti è un commento alla dura alleanza di governo – dura, soprattutto a causa delle quotidiane scermaglie renziane mosse da due obiettivi: continuare la campagna acquisti dei parlamentari di altri partiti (a tutto campo); sbaragliare elettoralmente il Pd per ottenere che solo il suo movimento e la Lega si contendano il campo. La lotta del Pd è quindi su due fronti alla sua destra: quello centrista e su quello di destra radicale. Renzi e Salvini. Questo per il futuro prossimo.

Emilia-RomagnaPer il futuro vicino, ovvero la campagna elettorale nella Regione Emilia-Romagna, la ricerca di “sperimentare alleanze” senza “accordi storici” potrebbe riguardare la sinistra del Pd. Visto che in Regione la lista Bonaccini ha già inglobato i renziani, quel che il Pd dovrebbe fare è aprire il cantiere della alleanze con la sinistra, per esempio la lista Coraggiosa attivata da Elly Schlein, che non è certamente un’avversaria del Pd e non ha altre ambizioni se non dare una possiblità di rappresentanza a quei cittadin*, che sono tanti, che non sentono o non sentono ancora di poter avere fiducia nel Pd – ricordiamo che Bonaccini è stato eletto cinque anni fa con una partecipazione al voto del 37%.

Una politica ragionevole senza manicheismo

Per il futuro vicino e meno vicino, è importante un’altra riflessione di Zingaretti: “Il Pd rifiuta il mito della forza, del machismo tracotante e volgare che la destra ha riproposto. E’ tipico che i dem ricorrano di più alla forza del pensiero femminista, per costruire una società di rispetto dell’altro. Ribaltiamo i miti della destra”. Si tratta di una suggestione di unità nazionale, una promessa di ragionevolezza e di politica come discorso, che espelle il manicheismo, il quale fa parte di una visione religiosa e dunque radicalmente opposizionale.

Certo, un partito che vuole essere un partito e non un movimento populista deve proporsi in questi termini di giudizio politico. Ma attenzione a non cadere nell’eccesso opposto, ovvero a rifiutare di essere “contro”.

Il buon governo, la politica “per” non basta

La campagna elettorale che già infiamma la Regione Emilia-Romagna è stata impostata dalla Lega di Salvini-Borgonzoni come una lotta religiosa tra amici e nemici. E questo è uno stile opposto alla politica democratica e al Pd. Tuttavia, al manicheismo non si può rispondere solo sfoderando il pragmatismo del buon governo regionale. La politica del “per” non basta a contrastare la politica del “contro”.
Occorre anche sapere usare il pedale della contrapposizione contro un avversario che non deve passare, che non deve vincere. Non deve passare perché eminentemente intollerante, e corrotto, perché vergognosamente fazioso e manipolatore dell’opinione dei cittadini, perché dispregiatore della solidarietà sulla quale si regge la cittadinanza democratica. Questi temi “contro” devono essere sfoderati con la stessa chiarezza e forza con la quale si elencano le belle conquiste del buon governo della regione emiliano-romagnola.