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Draghi. A destra e a sinistra i suoi supporter si affannano a leggerne la biografia nel modo più congeniale a giustificarne l’appoggio. Uomo di Goldman Sachs, o allievo di Federico Caffè?

Mario Draghi va alla grande perlomeno fra i media dell’establishment italiano e, pare, anche europeo. Si invoca la responsabilità nazionale in nome del contrasto alla pandemia e per prendere e spendere i soldi del Recovery.

La destra per ora non prende una posizione netta. Incassa unita come una propria vittoria la caduta di Conte.

I 5Stelle sono divisi, al limite della scissione. Ma la varietà dei toni sull’avvento di Draghi- dal cauto all’entusiasmo a stento trattenuto, testimoniano che non è poi tanto unito nemmeno il Pd.

Del resto sulle divisioni nel Pd e nei 5Stelle aveva giocato spregiudicatamente Renzi, convinto che la crisi dei suoi principali ex alleati di governo lo può di nuovo rendere credibile come il Macron italiano. Che il progetto sia una illusione da megalomane è indubbio, ma su quello è riuscito a tenere insieme i suoi sciagurati sodali di Italia Viva nella sua azione distruttrice.

Del resto appare sempre più chiaro che è stato proprio Conte, oggi rimosso, ad avere tenuto in piedi bene o male l’unità e un minimo di respiro programmatico negli scombinati vascelli del Pd e dei 5Stelle.

Ora c’è Draghi. E a destra e a sinistra i suoi supporter si affannano a leggerne la biografia nel modo più congeniale a giustificarne l’appoggio.

Uomo delle grandi istituzioni finanziarie e della Goldman Sachs, o allievo prediletto di Federico Caffè, come molti a sinistra hanno riscoperto dopo il suo articolo sul Financial Times dell’anno scorso.

Leggi gli articoli di Federico Caffè dall’archivio storico del manifesto

Credo che più che scavare la sua biografia servirebbe porgli alcune semplici domande sui lavori incorso.

E potrei di queste domande continuare a farne tante altre, a partire da quelle riguardanti i diritti civili e il contrasto al patriarcato e alla violenza fisica e morale nei confronti delle donne, se sapessi chi dentro la politica, è credibilmente in grado di fargliele.

Credo che queste domande debbano partire da quanto è vivo e impegnato nella società.

Dal sindacato prima di tutto, riprendendo con decisione le domande che del resto a aveva messo in campo a proposito del Recovery di Conte. E poi dal vasto mondo dell’associazionismo culturale, sociale e ambientale, a partire dalle organizzazioni femministe e dai ragazzi del venerdì che mi auguro riprendano rapidamente la parola.

Del resto questo vasto mondo qualche successo nell’ultima fase del governo Conte l’aveva portato a casa.

Un fronte vasto da slow food, a la via campesina, a Greenpeace, alle associazioni dei contadini biologici, avevano ottenuto che la Commissione Agricoltura della Camera bocciasse i decreti della ministra Bellanova che in maniera surrettizia reintroducevano l’uso degli Ogm nella nostra agricoltura.

E un fronte ancora più vasto, a partire dalla rete Pace e Disarmo, ha visto il successo di una mobilitazione pluriennale per bloccare l’esportazione verso l’Arabia Saudita delle armi che stanno martoriando la popolazione dello Yemen.

Ecco queste sono le domande che mi auguro che i sindacati, l’associazionismo impegnato sul fronte dell’ambiente e della pace, rivolgano, anche in maniera un po’ rumorosa, al Presidente incaricato.

Scomode perché non sono possibili risposte unanimi, ma sacrosante perché una eventuale unanimità che metta in ombre queste questioni segnerebbe non una pausa del conflitto politico in attesa di tempi migliori, ma una intollerabile regressione.