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ELISEO. Il candidato del partito di sinistra radicale La France Insoumise a 421.420 voti dalla candidata dell'estrema destra Le Pen

Jean-Luc Mélenchon - Ap

Domenica alle otto di sera, al quartier generale della France Insoumise (FI) a Parigi, vicino a Place de la République, nella sala dov’erano riuniti quadri, giornalisti e pubblico, un grande sospiro di disperazione ha accolto i primi exit polls. Eppure, con il 21,95% (equivalente a 7.714.949 voti, solo 421.420 in meno di Marine Le Pen) quello degli insoumis è un risultato eccezionale, mai così in alto in un’elezione presidenziale, e ormai solidamente installati come formazione egemone della sinistra francese.

Con Le Pen al secondo turno (per la seconda volta di fila), il risultato è stato subìto come una violenza, «la violenza della delusione per quello che avrebbe potuto essere realizzato, e non lo sarà», come ha detto Jean-Luc Mélenchon dal palco. Un sentimento, però, dal quale ha messo in guardia i suoi elettori: «Conosco la vostra collera, non commettete un errore irreparabile, non un voto deve andare a Marine Le Pen».

La commozione era tanto più palpabile quanto più giovani erano i quadri. David Guiraud, uno dei volti nuovi della France Insoumise, 28 anni, teneva il giubbino di cuoio sulle spalle, fissando intensamente lo schermo che sanciva la sconfitta e annunciava un secondo turno Macron-Le Pen. «È inutile mentirsi, è una grane delusione, abbiamo fatto un’ottima campagna e la nostra famiglia politica non è mai stata così in alto», ha detto, «ma è una sconfitta perché per i prossimi 5 anni a soffrire saranno le classi popolari».

Se la maggior parte di queste ultime ha scelto Marine Le Pen, soprattutto nel nord del paese e nelle zone rurali, la France Insoumise è riuscita a sedurne un’altra parte, più urbana e meticcia. È infatti nelle banlieues che ha fatto i suoi risultati migliori, a tratti con percentuali bulgare. Valga a esempio la Seine-St-Denis, la periferia nord di Parigi, una delle zone più povere e popolose del paese, dove Mélenchon ha raccolto il 49% dei suffragi (contro il 34% del 2017); lo stesso dicasi per città come Lille, Tolosa, o Marsiglia; o ancora nei territori d’oltremare come la Guadalupa, la Martinica e la Guyana, dove più della metà degli elettori ha votato France Insoumise (al netto di una forte astensione).

A ottobre, quando era dato attorno al 10%, il leader degli Insoumis aveva detto che «se le classi popolari non parteciperanno al voto, per noi è finita». Almeno in parte, la scommessa ha funzionato. Nonostante una forte astensione, Mélenchon «ha saputo parlare a queste categorie della popolazione con un programma chiaro su temi come il lavoro, l’islamofobia, le violenze della polizia», ha detto Latifa Oulkhouir, direttrice del Bondy Blog a France24.

Mélenchon è anche il candidato preferito dei giovani 18-34, per distacco, su Marine Le Pen e Emmanuel Macron, ma quello meno popolare tra i più anziani. Tra le categorie socio-professioniali, la France Insoumise è seconda dietro alla Le Pen tra gli operai e gli impiegati, confermando le tendenze del 2017.

Con un programma radicale su femminismo, razzismo, ecologia e lavoro, questi possono essere dati incoraggianti. Tuttavia, sono molti gli interrogativi che pesano sul futuro della France Insoumise. Oltre alle legislative di giugno, c’è la questione del leader: molto probabilmente, questa è stata l’ultima campagna di Mélenchon, come egli stesso ha lasciato intendere dal palco elettorale.
Aurélie Trouvé, 42 anni, ex-presidente di Attac France, è un altro dei volti nuovi della France Insoumise, ed era in piedi sul palco, alle spalle del suo candidato, quando quest’ultimo ha esortato i suoi a «continuare la lotta».

«La prossima tappa è lo sviluppo dell’Union Populaire e del suo parlamento», ha detto Trouvé in riferimento all’organo che, riunendo numerosi attori della società civile e del mondo militante, ha dato vita al programma elettorale. «Ormai è chiaro che siamo noi il polo della giustizia sociale, democratica e climatica, di fronte all’estrema destra».

La sinistra radicale è ormai la terza forza del paese. Ma davanti all’avanzata dell’estrema destra, non è bastato, neanche questa volta. «I più giovani mi diranno, ma come, ancora non ci siamo riusciti?» ha detto Mélenchon, poco dopo l’annuncio dei risultati, davanti al suo pubblico. Poi ha alzato le braccia, e ha aggiunto, a guisa di commiato: «Ci siamo andati vicino. Fate meglio!».