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INTERVISTA. Il deputato di Leu: «Usa e Regno Unito non cercano il negoziato ma un cambio di regime a Mosca. Il Parlamento deve votare sulla prosecuzione dell’invio di armi»

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Stefano Fassina. Come valuta le parole del premier inglese Boris Johnson sulla possibilità di colpire il suolo russo con armi occidentali?

Sono sempre più preoccupato. Dopo oltre 2 mesi dalla inaccettabile invasione russa dell’Ucraina assistiamo a una quotidiana escalation militare. Mentre non arriva notizia di credibili ed efficaci azioni diplomatiche per aprire una trattativa.

C’è una responsabilità anche da parte della Nato?

La responsabilità primaria di quello che accade è in capo alla Russia, ma l’obiettivo della Nato, in particolare di Usa e Regno Unito, rischia di diventare non il cessate il fuoco e un compromesso, ma il cambio di regime a Mosca. Dov’è il lavoro politico e diplomatico per costruire le condizioni di una pace accettabile dalle due parti?

L’Italia partecipa all’invio di armi. Questa escalation pone un problema anche per la nostra partecipazione?

Certamente. Nel punto 3 della risoluzione votata dal Parlamento all’inizio di marzo si parla di cessione di armi per garantire il diritto alla legittima difesa dell’Ucraina. Dopo due mesi un numero crescente di stati europei sta inviando armi dichiaratamente offensive. Al di là della coerenza formale, c’è un’enorme questione politica: le Camere devono esprimersi con un voto sulla prosecuzione dell’invio di armi in un contesto assai diverso da quello di marzo.

Finora il Parlamento come ha vigilato sull’invio di armi?

I documenti ministeriali che indicano le armi inviate sono secretati. Ma a questo punto è assolutamente necessario che l’opinione pubblica sia informata sulla qualità e livello del nostro coinvolgimento militare.

Alcuni sondaggi fotografano la contrarietà degli italiani alla partecipazione militare a questo conflitto. E il timore che questo si allarghi.

Il timore cresce perché non si vede una azione politica finalizzata al cessata il fuoco e si sente sempre più parlare di terza guerra mondiale. È evidente che l’opinione pubblica italiana è indisponibile ad assecondare avventure che preludono a scenari sempre più negativi.

Draghi potrebbe fare di più sul piano diplomatico?

Tutti i governi europei sono in difficoltà. Si procede in ordine sparso, con decisioni sul riarmo dei singoli stati. È necessaria un’iniziativa dell’Ue sostenuta dai principali governi. Mi auguro che Macron, dopo la rielezione, possa concentrarsi su questo dossier: le congratulazioni che gli ha inviato Putin sono un messaggio da cogliere. È necessario che l’Europa prenda in modo credibile le distanze da chi, dentro la Nato, non lavora per un compromesso ma, attraverso il sostegno militare all’Ucraina, persegue obiettivi diversi. È il momento di un atlantismo adulto.

Ritiene ancora possibile lo stop all’import del gas russo?

Dopo le previsioni catastrofiche della Bundesbank e le prese di posizioni degli industriali e dei sindacati tedeschi mi pare che il tema sia uscito dai radar.

Si potrebbe fare senza Germania?

Per essere efficace lo stop al gas dovrebbe essere una scelta unitaria dei principali paesi europei.

Draghi e Di Maio stanno cercando fornitori alternativi di gas.

I paesi Ue si stanno muovendo purtroppo in ordine sparso e in competizione tra loro. Mi pare che i tempi di queste operazioni non siano adeguati a sostituire il gas russo in tempi utili. Ma se non si blocca l’import di gas, le sanzioni sono poco efficaci. Un altro motivo per puntare al compromesso con il nemico, nella salvaguardia della sovranità ucraina.

Questa guerra divide la sinistra e la coalizione in vista di un nuovo voto in Parlamento. Anche il M5S pone il problema.

A marzo c’è stata una maggioranza larghissima per la legittima difesa di uno Stato invaso, non per il regime change in Russia. Il passaggio si fa impervio senza chiarire l’obiettivo politico di armi e sanzioni. Mi pare che la posizione espressa da Conte sia condivisibile e centri il punto: il passaggio da armi difensive a offensive è una discontinuità politica. Soprattutto se gli obiettivi della Nato si allargano rispetto alla legittima difesa dell’Ucraina.

La maggioranza potrebbe dividersi sulla guerra?

Mi auguro che il governo non si associ all’escalation nell’invio delle armi.