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STORICA PROPOSTA FIOM. Acerbo (Up): è rimasto indietro, come Mélenchon noi proponiamo le 32 ore per tutti

Conte lancia le 36 ore a parità di salari: sperimentale e discussa con le imprese Un metalmeccanico al lavoro in una fabbrica milanese - Foto Ap

La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario in Italia è una storica battaglia dei metalmeccanici della Fiom, ripresa nel programma di Rifondazione comunista con Fausto Bertinotti nel 1996 quando propose 35 ore settimanali. Martedì Giuseppe Conte ha annunciato che il M5s la inserirà nel suo programma elettorale: «Possiamo partire da quattro ore di riduzione sulle 40 settimanali». Non si tratta però di una proposta generale, rivolta a tutti i lavoratori come quella mai approvata dal governo Prodi: «L’idea è sperimentare questa norma nei settori a più alta componente tecnologica perché è chiaro che nel settore del terziario è più difficile introdurla». Ancor più moderata è la proposta sulla sua applicabilità: «Ne discuteremo, non va fatto contro le imprese ma su base volontaria».

Quest’ultimo più che un viatico è un macigno sulla fattibilità della proposta: la Confindustria di Bonomi si è già detta più volte totalmente contraria, puntando tutto sulla mitica «produttività».

Argomento sul quale Conte ha qualcosa da dire: «Tutti gli studi dimostrano che, oltre una certa soglia, la produttività non aumenta affatto», «dipende da molti fattori ma se tu consenti a un lavoratore maggior equilibrio fra la vita personale e lavorativa, ciò gli consente di essere più efficiente durante l’orario di lavoro e si rischia anche di creare più occupazione». Conte poi ha snocciolato il paragone quasi sempre citato in questi casi: il raffronto fra il caso italiano e quello tedesco: «In Italia ci ritroviamo con una media di ore lavorate all’anno che è la più alta in Europa, 1.723 ore l’anno; in Germania sono 1.356 e hanno la produttività molto più elevata».

Conte in realtà si è dimenticato della Francia. Nella patria delle 35 ore, legge promulgata dal governo Jospin nel 1998 e mai completamente cancellata, si lavora però più che in Germania: siamo a quota 1.514 ore l’anno.

Se in Italia il più grande successo in materia di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario va fatto risalire al contratto dei metalmeccanici del 1969 – quando le lotte dell’autunno caldo piegarono Confindustria che fu costretta ad accettare la riduzione a 40 ore settimanali a parità di salario – ora la Fiom conta molti accordi aziendali di riduzione di orario rispetto al contratto nazionale a parità di salario, nel frattempo molti partiti di (vera) sinistra in Europa e nel mondo propongono riduzioni molto più forti. Nel programma di Mèlenchon ad esempio si propongono 32 ore settimanali a parità di salario, come ricorda il segretario di Rifondazione comunista e candidato per Unione popolare Maurizio Acerbo: «È positivo che Conte parli di riduzione orario anche se la proposta del leader del M5s per le 36 ore appare dai contorni generici e improvvisata. Conte arriva con più di due decenni di ritardo alla nostra proposta: d’altronde anche il reddito di cittadinanza e l’acqua pubblica erano rivendicazioni di Rifondazione e della sinistra radicale», ricorda malignamente Acerbo.

Che continua polemico parlando di «maniera edulcorata ricorda più il marketing che una reale determinazione»: «Colpisce però la genericità della proposta di Conte: 36 ore ormai è rivendicazione obsoleta. La riduzione d’orario a fronte del progresso tecnologico così veloce dovrebbe essere oggi di 30-32 ore settimanali. E soprattutto andrebbe fissata per legge. Altrimenti si tratterebbe solo di una «sperimentazione» per qualche azienda di punta o impegno contrattuale solo per alcune categorie non di una generale redistribuzione del lavoro – ricorda Acerbo – . Oggi di fatto gli orari di lavoro si sono allungati invece di ridursi nonostante gli aumenti di produttività. Perché lavoratrici e lavoratori hanno perso potere contrattuale e gli orari reali sono molto più lunghi e anche sottopagati. Nell’epoca dell’intelligenza Artificiale abbiamo da un lato persone che lavorano troppo e dall’altro un’alta disoccupazione. Ridistribuire il lavoro è una misura indispensabile», ricorda.

E annuncia: «Noi di Unione Popolare presenteremo una legge per la riduzione a 32 ore per tutte/i a parità di salario. Una proposta identica è nel programma della Nupes di Melenchon in Francia», ricorda Acerbo.