Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

SINISTRA E LAVORO. Dopo l’intervista al manifesto Italia Viva e centristi in coro: è un massimalista. Critiche da Unione Popolare: non è di sinistra

 Una manifestazione contro il Jobs act - Foto LaPresse

L’intervista al manifesto di domenica Enrico Letta ha scatenato le reazioni furiose dei renziani. Sono bastati pochi concetti di sinistra espressi dal segretario del Pd che ha citato il programma elettorale del suo partito sul «superamento del Jobs act» e le critiche al Blairismo per provocare attacchi durissimi da parte di Italia Viva, Azione e buona parte della destra.

Niente di rivoluzionario. Il modello in fatto di lavoro sono le riforme fatte in Spagna dal governo Sanchez: più spazio al contratto a tempo indeterminato a scapito della valanga di contratti precari prodotti anche sotto il governo Draghi.
E difatti in pochissimi hanno risposto nel merito delle proposte, anche perché gli effetti nefasti del Jobs act su diritti e tutele dei lavoratori italiani sono state ribadite perfino dalla Corte costituzionale.

L’acredine di Italia Viva è totale. «Archiviano Blair? – ha commentato Ettore Rosato – È il nuovo Pd di Letta e Speranza, quello dei lavoratori contrapposti ai padroni. Una sinistra massimalista inadeguata alle responsabilità di governo».

PROVA A RIVOLTARE LA FRITTATA invece Matteo Renzi: «Letta è ossessionato da noi: ogni giorno un attacco. Chi gli vuole bene, gli stia vicino». Ma poi si capisce che Letta ha toccato un nervo scoperto: «Non staremo di nuovo con il Pd, che ha perso se stesso, ha perso l’anima, avendo cambiato idea su reddito di cittadinanza e Jobs act. Ora può cambiare nome in M5s». E ancora: «A Letta non invidio nulla, ha sbagliato tutto: vuole aumentare le tasse, si allea con Di Maio, è stato in difficoltà sulla formazione delle liste, temo che stia consegnando il paese alla destra». E infine: «Quando Letta era premier proponeva l’approvazione del Jobs act entro l’estate, era lui che voleva raggiungere l’obiettivo e non ce la faceva, ma purtroppo si è trasformato nell’uomo delle tasse».

IL CITATO M5S FA OPERA di camaleontinismo politico: «Enrico Letta ha scoperto che vuole superare il Jobs act. Noi lo abbiamo già superato con il decreto dignità ma non se ne sono accorti», commenta Giuseppe Conte. «L’obiettivo è di fare contratti precari se ce n’è bisogno, ma poi incentivare a i contratti a tempo indeterminato».

A FAVORE INVECE di una presunta svolta arriva il sostengo dell’ala sinistra del Pd. «Ho aspettato anni che un segretario del PD facesse questa affermazione. Prendendo una posizione chiara a favore del lavoro. Grazie Enrico Letta», scrive su twitter il sindaco di Bologna Matteo Lepore.

«Le parole di Enrico Letta chiudono definitivamente la stagione del blairismo. Se i cittadini ci daranno la fiducia faremo come in Spagna: il contratto a tempo indeterminato come bussola», dichaira il coordinatore di Articolo 1 Arturo Scotto, rivendicando di non avere votato il Jobs act da parlamentare. «In questi anni abbiamo lavorato perché venisse superato e perché la sinistra tornasse a fare il suo mestiere: difendere chi lotta per avere un lavoro dignitoso».

«Vedo che i renziani si stanno scatenando in modo rabbioso sui social contro il Pd che archivia il Jobs Act. Evidentemente si scrive Italia Viva, si legge Forza Italia….», scrive su Twitter Nicola Fratoianni.

«Bravo Letta sul Jobs Act che ha prodotto enormi problemi, con la flessibilità si è arrivati alla precarietà diffusa», plaude Laura Boldrini.

CRITICHE INVECE DA UNIONE Popolare: «Nel programma del Pd non c’è l’abolizione del Jobs Act», attacca Maurizio Acerbo, «Enrico Letta per recuperare voti imbroglia gli elettori di sinistra. Letta ha cominciato la campagna sottoscrivendo con Calenda un accordo di destra neoliberista e per anni al governo ha promosso precarizzazione. A venti giorni dal voto diventa di sinistra? Non credibili».