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CARO VITA. Il consiglio dei ministri vara una «norma trasparenza» e altri 200 euro di «buoni». Meloni pronta a un video per spiegare il senso delle norme varate e placare polemiche

 Il consiglio dei ministri

Creare aspettative in politica non è mai una buona idea. Specie se poi si tradiscono continuamente. E così per l’ennesima volta a Matteo Salvini costa una magra figura le roboanti dichiarazioni sulla riduzione dei prezzi della benzina.

Il consiglio dei ministri di ieri sera ha deluso tutte le attese limitandosi a una semplice «norma trasparenza» sui prezzi dei carburanti alla pompa e una nuova dotazione di buoni benzina per lavoratori dipendenti.

PER QUEL POCO DI CONCRETO che viene previsto, i gestori saranno obbligati a esporre il prezzo medio nazionale dei carburanti accanto a quello di vendita, in ogni distributore di benzina. Il prezzo verrà calcolato giornalmente (non più settimanalmente) dal ministero dell’Ambiente e comunicato sul sito del dicastero.

In più sulla rete autostradale i prezzi di vendita non potranno essere superiori a una percentuale – che il governo non ha ancora bene definito – del prezzo medio nazionale.

Verrà inoltre irrobustita la collaborazione con la Guardia di finanza – prima del consiglio dei ministri Meloni e Giorgetti hanno incontrato il comandante generale Giuseppe Zafarana – sulle condotte speculative. In caso di violazione, sono previste sanzioni per i recidivi, con possibilità, da parte dei prefetti, di sospendere l’attività da 7 fino a 90 giorni.

In più il decreto rinnova per il primo trimestre la detassazione per le aziende che potranno elargire fino a 23 buoni benzina per un valore massimo di 200 euro per lavoratore dipendente.

Insomma, pura demagogia senza alcun potere di vero controllo sulle «speculazioni» denunciate dallo stesso Salvini.

Le norme sono frutto della mediazione di Giorgia Meloni: si racconta che le divisioni nella maggioranza hanno costretto la presidente del consiglio a intervenire spiegando con forza le ragioni «dell’operazione trasparenza» e rispedendo al mittente le richieste di intervenire sulle accise chiarendo che il problema non si può assolutamente risolvere in questo modo. Una spiegazione che potrebbe essere tradotta nelle prossime ore in un video che potrà essere visto da tutti i cittadini.

LA SCELTA DI CANCELLARE – in legge di Bilancio – la riduzione di 18,3 centesimi di accise al litro che il governo Draghi aveva introdotto a marzo continua a rivelarsi un boomerang per Meloni.

In mattinata il ministero dell’Ambiente aveva già reso noto come gli aumenti di benzina verde e diesel fossero «sostanzialmente in linea con il rialzo dovuto alla mancata proroga del taglio delle accise». Anzi, leggermente inferiori: l’8 gennaio la benzina in modalità self è salita da 1,644 euro a 1,812 euro al litro con un aumento di 16,8 centesimi. Il gasolio è passato da 1,708 a 1,868 euro, con un rialzo dei 16 cent.

Nel pomeriggio, registrando Porta a porta, il ministro forzista (il partito che più spingeva assieme alla Lega per reintrodurre il taglio) Picchetto Fratin aveva smentito Salvini sostenendo che «dai dati in nostro possesso dovrebbe esserci una stabilizzazione su questi prezzi».

Il consiglio dei ministri ha poi varato la primissima tranche delle nomine che governo farà nei prossimi mesi. Si parte con la conferma dell’ex renziano Ernesto Maria Ruffini all’Agenzia delle Entrate e di Alessandra Dal Verme al Demanio mentre Marcello Minenna alle Dogane sarà sostituito da Roberto Alesse, attuale capo di gabinetto al ministero di Nello Musemeci.

NON MANCA POI IL SOLITO contentino alle aziende, in questo caso quelle produttrici di dispositivi biomedicali. Il governo infatti fa slittare al 30 aprile il termine per il pagamento dei 2,2 miliardi previsti per ripianare del 50% lo sforamento di spesa delle Regioni. Con un decreto si evita alle aziende di dover versare le somme entro il 15 gennaio per la legge sul cosiddetto payback.
Ma per i produttori non è abbastanza. Striscioni alla mano, i rappresentanti del biomedicale avevano manifestato a Roma chiedendo la cancellazione del payback, che «uccide il Sistema sanitario nazionale», mette a rischio forniture agli ospedali e assistenza ai cittadini oltre che migliaia di posti di lavoro. «La proroga non basta, se non per mettersi al tavolo e discutere la cancellazione del payback», dichiara il presidente di Confindustria dispositivi medici Massimiliano Boggetti