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FRANCIA. Ottava giornata di manifestazione contro l’innalzamento dell’età pensionabile. Oggi la battaglia si sposta in parlamento. Se il governo giocherà la carta del 49.3, la protesta rischia di infiammarsi

Rabbia francese, la riforma Macron alla prova del voto La manifestazione ieri a Parigi - foto Ap

Ottava giornata di manifestazioni ieri in tutta la Francia. A questo punto, i numeri contano meno (la partecipazione è in calo). Ieri è stata una nuova giornata di scioperi (trasporti, energia, nettezza urbana in alcune città, Parigi in testa) e di azioni sindacali, in particolare tagli di corrente mirati, con i politici in prima linea.

OGGI, LA BATTAGLIA CENTRALE è al parlamento: il testo della riforma delle pensioni, che alza l’età da 62 a 64 anni, è sottoposto al voto, prima al Senato poi all’Assemblée nationale. La versione finale è stata redatta ieri dalla Commissione mista paritaria, un cenacolo parlamentare di 7 deputati e 7 senatori (scelti in corrispondenza alla rappresentatività nelle rispettive camere), dopo una lunga giornata di trattative. L’accordo in questa istanza era quasi scontato, 5 parlamentari sono Renaissance (Macron), 5 Les Républicains e centro destra, 3 di sinistra, 1 Rassemblement national, la maggioranza semplice è sufficiente.

Oggi, però, al voto delle camere, sarà un’altra storia. Al Senato, dove domina la destra, il voto pare sicuro (il Senato del resto ha già votato il testo di legge). Invece, all’Assemblée nationale il risultato è in bilico: i deputati di Macron non hanno la maggioranza assoluta, hanno bisogno di alleanze, in questo caso cercate con la destra Lr. Ma, mentre al Senato non ci sono scossoni, all’Assemblée nationale, per ragioni di correnti, di generazione e anche di interesse rispetto al futuro, non è sicuro che tra i 61 deputati Lr ce ne siano almeno 40 ad appoggiare la maggioranza. Nel testo finale uscito dalla Commissione mista (10 voti a favore, 4 contro) delle esigenze della destra Lr sono state recepite (sulle carriere lunghe in particolare). Solo domani si saprà se il governo gioca la carta del voto oppure sceglie il 49.3 (una sfiducia rovescita), con il rischio di infiammare la protesta.

«NON VOTATE QUESTA riforma», ha chiesto ieri il segretario della Cfdt, Laurent Berger, «è sconnessa dalle realtà concrete del lavoro». Per Philippe Martinez della Cgt, se ci sarà ricorso al 49.3 sarà «il peggio del peggio» e solleverà una «rabbia immensa». Ma in caso di voto positivo al Parlamento, il fronte sindacale, finora unito, potrebbe rompersi, tra riformisti e radicali.

La premier Elisabeth Borne si mostra fiduciosa sulla possibilità di avere una maggioranza, ieri sera c’è stata una riunione all’Eliseo tra il presidente e i ministri implicati. Ma dietro le quinte, ci sono intense trattative e l’esito è molto incerto. L’ex primo ministro socialista, Bernard Cazeneuve, ha unito la sua voce ai sindacati per incitare a raccogliere le firme per un Rip, un referendum di iniziativa condivisa: non è mai stato convocato in Francia seguendo questa strada, che richiede l’adesione di un quinto del parlamento (185 parlamentari sui 925 di Assemblée nationale e Senato) più un decimo dell’elettorato, 4,87 milioni di cittadini-elettori.

Intanto, oggi, ci sarà una manifestazione sotto le finestre dell’Assemblé nationale, al momento del voto, per chiedere ai deputati di votare secondo le proprie convinzioni e non seguendo le direttive di partito. I deputati Lr sono divisi, perché molti sono eletti di provincia, dove le manifestazioni contro la riforma sono state forti e hanno un elettorato più popolare di Renaissance (anche se alzare l’età pensionabile era nei programmi della loro candidata alle presidenziali).

LA RIFORMA delle pensioni non sta solo catalizzando tutti gli scontenti, dall’inflazione al sentimento di declino, ma solleva anche una questione democratica importante: il problema della legittimità. Nel programma di Macron c’era la riforma delle pensioni e il governo del presidente si sente legittimo a presentarla. Ma Macron, che pure è arrivato in testa al primo turno, è stato eletto al ballottaggio per evitare una vittoria di Marine Le Pen. «Ne terrò conto» aveva detto la sera della vittoria. Una promessa non mantenuta. Il partito di Macron, senza maggioranza assoluta, ha bisogno di alleanze (trovate finora soprattutto a destra) per far passare le leggi. L’Assemblée nationale non ha però votato la riforma, sia per il metodo imposto dal governo (una procedura accelerata) che per l’ostruzionismo delle opposizioni. Una terza legittimità democratica è rappresentata dalle manifestazioni, organizzate dalle forze sindacali, con i sondaggi che confermano che più del 70% dei francesi è contro. «Avete indebolito la vostra legittimità democratica e così facendo marcate la riforma con il sigillo dell’illegittimità» ha affermato il capogruppo del Pcf all’Assemblée nationale, André Chassaigne