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Nell’Emilia Romagna travolta dall’acqua i morti sono 13, ancora 10mila gli sfollati, in 28mila senza luce. Si lotta contro fango e frane (più di 400) su un suolo prima consumato dal cemento e poi colpito dal ciclone. Ma il piano anti-cambio climatico è chiuso in un cassetto del ministero dell’Ambiente dal 2018

I morti sono 13, ora fango e frane fanno paura A Castel Bolognese, in provincia di Ravenna, gli sfollati sistemati in una palestra - Ap

È da poco passata l’ora di pranzo quando viene diffusa la notizia del ritrovamento di due cadaveri in una casa di Russi, in provincia di Ravenna. Marito e moglie, 73 anni lui e 71 lei. Già dal giorno prima, via social, il figlio aveva lanciato l’allarme perché non riusciva più a contattarli. A metà pomeriggio di corpi ne emergono altri tre: due a Sant’Agata sul Santerno e uno a Castel Bolognese. Il conto delle vittime dell’alluvione in corso in Emilia Romagna sale così a tredici. E non è detto che sia finita, perché quello dei dispersi è ancora un numero tragicamente vago, nell’ordine delle decine.

Piove ancora, un po’ meno dei giorni scorsi, ma il cielo resta cupo e nel weekend, dicono le previsioni, potrebbero esserci nuove precipitazioni più intense: la protezione civile procede con prudenza e ha allungato l’allerta rossa ancora fino a tutta la giornata di oggi. Non si temono solo le piogge e le piene dei fiumi, ma anche le frane (già oltre quattrocento), le colate di fango, i crolli di pezzi di terreno. E così si susseguono gli ordini di evacuazione, gli inviti a salire ai piani alti dei palazzi e le richieste di mettersi in strada solo se strettamente necessario.

LA REGIONE Emilia Romagna diffonde i numeri dell’emergenza: 42 comuni allagati, 250 strade chiuse, A14 in tilt, treni a lunga percorrenza sospesi o deviati fino a lunedì. Secondo l’Enel sono circa 18mila le persone rimaste senza energia elettrica, con 700 tecnici in giro per il territorio a tentare di risolvere i guasti. Migliora vagamente la situazione degli sfollati, che sono diecimila contro i tredicimila di mercoledì. Di questi, 3.100 hanno trovato rifugio nelle varie sedi allestite dai comuni: 2.500 a Ravenna e dintorni, 420 nel bolognese, 200 nel forlivese e nel cesenate, 7 nel riminese.

Da Faenza arrivano immagini drammatiche. I droni sorvolano il centro ridotto a un reticolo di fango, delle automobili si vedono solo i tettucci. Gli scaffali dei supermercati intanto si svuotano, perché la paura che non sia finita qui è un sentimento molto diffuso e in tanti hanno pensato di dover fare provviste. Tredici ospiti della comunità terapeutica di Albareto sono stati portati via dagli elicotteri nella notte tra mercoledì e giovedì. «La situazione era grave, i ragazzi – racconta uno degli operatori, Luca Luccitelli – si erano rifugiati ai piani alti mentre l’acqua era arrivata a due metri e mezzo di altezza».

A CESENA si sta sui tetti. Via Roversano è l’epicentro del disastro: un fiume di acqua e fango con centinaia di persone, tra protezione civile e volontari, che provano a spalare lo spalabile. «In certe zone, soprattutto nei quartieri vicini al Savio – racconta da lì Tommaso La Selva ,- è pieno di fango. Giovani e universitari si vedono in giro con vanghe e badili a darsi il cambio per aiutare chi abita al piano terra o la cantina pieni di melma. In giro tutti parlano al telefono con amici e parenti per sapere come poter andare in aiuto, anche perché alcune zone sono completamente asciutte e altre ancora sommerse».

LA PROVINCIA di Ravenna è quella che sembra essere in stato di maggiore sofferenza. Il Santerno è uscito dagli argini, così come preoccupano il Secchia, il Reno, il Panaro e il Montone, che già ha inondato Villafranca, a nord di Forlì. Molti paesi sono ridotti a isolotti circondati dal fango, la corrente elettrica va e viene, così come la linea telefonica. In alcune zone l’acqua è scesa, in altre invece è salita. Come a Lugo, che ha visto esondare contemporaneamente sia il Senio che il Santerno. Poco distante, a Castel Bolognese, gli allagamenti hanno raggiunto addirittura la rocca estense, in pieno centro. Qui manca anche l’acqua potabile, e il sindaco Luca Della Godenza ha invitato i cittadini a presentarsi in un punto di raccolta muniti di contenitori vuoti.

«L’acqua si sta ritirando e gli aiuti stanno arrivando – dice da Massa Lombarda Ismail El Gharras – però la situazione è ancora terribile. Siamo usciti in tanti per cercare di dare una mano. C’è gente con i canotti, gente con ogni mezzo che prova a tirar fuori chi è in difficoltà».

E MENTRE il governo fa sapere di aver stanziato trenta milioni di euro per far fronte all’emergenza, il governatore emiliano Stefano Bonaccini ringrazia ma fa presente che «qui parliamo di un miliardo di euro di danni solo per la tragedia del 2 e del 3 maggio, quando in 36 ore è caduta l’acqua di quattro mesi. Adesso in 36 ore è caduta l’acqua di sei mesi…».

IN QUESTO SENSO fa rumore il fatto che, dal 2018, nei cassetti del ministero dell’Ambiente giace una bozza di piano di adattamento ai cambiamenti climatici, mai seriamente preso in considerazione da nessun governo. Confcooperative Emilia, dal canto suo, chiede che il governo si faccia portatore in Europa della richiesta di usare i fondi del Pnrr per intervenire sulle strade e i collegamenti viari devastati in questi giorni. Sin qui l’unico provvedimento simile è del 2015 ma si tratta di una dichiarazione di principio priva di misure reali. Dal Pd, Elly Schlein apre: «I fondi del Pnrr vanno usati per la messa in sicurezza del territorio, il governo ci coinvolga»