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Prima si soccorrono e curano i feriti, si raccolgono e seppelliscono i morti, si esercita innanzitutto la pietas. Poi si destituiscono i generali (se sono, o quelli che sono, responsabili) si confortano i sopravvissuti (elettori), mai e poi mai si ingiuriano accusandoli di codardia o pusillanimità, soprattutto se chi lo fa è rimasto al calduccio lontano dal campo di battaglia. La ricerca del capro espiatorio è il rischio di questa fase. 
Solo dopo arriva il momento dei perché: ci si domandano le ragioni della sconfitta, se era inevitabile o no, quali sono stati gli errori, quali le debolezze; da dove ripartire. Ed arriva il momento dei bilanci: che cosa abbiamo perso, che cosa ci rimane. 

Ecco l’invito è quello di elaborare la sconfitta insieme, parlandone, confrontandoci, cercando di utilizzare toni adeguati al dialogo e argomenti razionali. Certo la politica non è soltanto razionalità, è, se vogliamo, “ragione e sentimento” ma per convincere ci vuole empatia e ragionamento e per ascoltarsi ci vuole rispetto per tutti. 

Può essere utile leggere bene i risultati, analizzare i numeri senza fidarsi delle interpretazioni preconfezionate dai grandi media o delle banalità faziose di molti talk show, magari liberarsi subito da alcuni pregiudizi che hanno cercato di inculcare anche in noi. Ad esempio. 

Se l’obiettivo fosse stato quello di “battere Renzi” la sinistra dovrebbe dire: “abbiamo vinto!” Infatti Renzi è nell’angolo e non c’è nessun dubbio che (anche se personalmente forse avrà comunque un futuro politico), il Pd per riprendersi dalla batosta elettorale dovrà metterlo da parte e proporsi di riconquistare una parte dei suoi ex elettori che si sono consegnati inermi ai 5stelle o rifugiati nell’astensione molto più che trasmigrati a sinistra in LeU.

Come illustra questa stima dell’Istituto Cattaneo sugli elettori che votarono Pd nel 2013 (flussi elettorali in uscita dal Pd)

Qui i numeri rapportando a 100 gli elettori che votarono Pd nel 2013:

verso il M5s verso l’astensione
6,8 a Parma; 18,7
14,5 a Ferrara; 14,6
10,2 a Modena; 14,4
9,5 a Bologna (collegio 7); 17,0
16,9 a Bologna (collegio 6); 14,1
26,1 a Livorno; 10,5
13,4 a Firenze (collegio 2); 0
12,5 a Firenze (collegio 1); 5,3
16,0 a Perugia; 9,5
18,8 ad Ancona 12,3

A questi numeri si dovrebbero aggiungere i voti andati alla Lega (da 2 a 9 elettori del Pd del 2013 con una media di 6,74) quasi equivalenti a quelli andati a Liberi e Uguali (da 3 a 10 a seconda della città con una media di 6,65).

Certo si tratta di una stima, non di verità inconfutabile, ma l’Istituto Cattaneo è una fondazione autorevole ed il metodo è serio, anche se di tipo statistico. Vi consiglio di leggerne i report che sono liberamente e gratuitamente accessibili al seguente link: http://www.cattaneo.org

Se dunque fosse vero, come alcuni nel Pd hanno sostenuto e continuano a sostenere, che a sinistra c’era chi era disposto a suicidarsi pur di far fuori Renzi (una specie di operazione kamikaze!) ebbene oggi la sinistra dovrebbe festeggiare il proprio insuccesso: divisi nelle urne uniti nelle esequie!

La sconfitta della sinistra fuori dal Pd, invece, nella sua sostanziale irrilevanza parlamentare, non è meno grave di quella dei democratici. Ad esempio è piuttosto significativo il fatto che da ¼ alla metà di coloro che votarono SEL nel 2013 sia rifluito nel voto al Pd e che nemmeno nel collegio plurinominale di Napoli (sua sede originaria) Potere al popolo abbia raggiunto la soglia di sbarramento del 3% (2,95%).

Certamente i democratici soffrono un drammatico ridimensionamento dei consensi: “Nel confronto tra le elezioni politiche del 2013 e quelle del 2018 il partito di Renzi perde 2.613.891 consensi in valore assoluto, che corrispondono a una variazione percentuale pari a –30,2%” (Fonte: Istituto Cattaneo) nonostante abbiano assorbito quasi integralmente l’elettorato che nel 2013 votò per la lista Monti (il 10,6% dei voti validi conseguiti da Scelta Civica) e modificano così anche in modo sostanziale il proprio posizionamento sociale e la propria rappresentanza elettorale. 

Il fatto è che il pregiudizio antirenziano era un argomento polemico al quale Renzi stesso, a forza di raccontarlo (mi odiano), ha finito per credere, dimenticando che il vero scopo della sinistra era quello di cominciare a contenderne l’egemonia sull’elettorato già progressista.

Da qui deriva tutta la campagna sul voto utile che ha costretto LeU a ribattere colpo su colpo, dando così agli elettori l’impressione che si stesse giocando una battaglia sulle loro teste, contese da elite politiche disinteressate però ai loro “veri” problemi.
Alla fine, come alcuni avevano previsto, il voto lo hanno dato al M5s convinti che in tal modo fosse più utile!