Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

I dati ufficiali del ministero dello Sviluppo economico parlano di 69 aziende per le quali si cerca una soluzione. Da Whirlpool alla ex Ilva, da Carrefour a Gkn, da Saga Coffee a Prysmian. Decine di migliaia le lavoratrici e i lavoratori che avranno poco da festeggiare e molto da perdere.

Natale 2021: un anno di pandemia e vertenze arriva alla fine, lasciando sui tavoli del Mise decine e decine di situazioni complesse e lungi dall’essere risolte. I dati ufficiali del ministero, secondo le ultime dichiarazioni del ministro Giorgetti, parlano di 69 aziende per le quali si cerca una soluzione. Si contano a migliaia i lavoratori e le lavoratrici che, anche quest’anno, avranno poco da festeggiare e molto da perdere. "Un quadro impressionante", lo definisce la Cgil. 

Ce lo racconta la mobilitazione della Cgil e delle sue categorie, ce lo raccontano i presìdi nella neve delle operaie di Saga Coffee a Gaggio Montano, ultima tappa di una storia di grandi, medie e piccole imprese che chiudono o delocalizzano inseguendo il profitto.

 (Leggi tutto)

 

Foto: Facebook Fiom-Cgil Bologna

 

A darci una mano sapiente nella mappatura complessa del puzzle di vertenze che disegna la crisi del Paese è Silvia Spera, responsabile crisi industriali e di settore, aree di crisi industriali complesse della Cgil nazionale. Con pazienza ricostruisce la filiera di una recessione in cui il dato comune resta “la mancanza di una politica industriale, di una prospettiva di ampio respiro che riesca a costruire un’idea di sistema produttivo che non si fermi al singolo settore o alla singola azienda, ma sia in grado di mettere insieme il quadro generale così da poter dare una risposta complessiva alle tante vertenze”. Tradotto, servirebbero idee e soldi. Le prime latitano o restano soffocate dalla cupidigia delle multinazionali che seguono sempre la traccia del denaro e la regola del costo del lavoro più conveniente. I secondi, con il Pnrr alle porte, ci sarebbero pure, ma come verranno investiti e allocati è tutto da vedere.

 

Foto: www.facebook.com/fiomcgil

 

Si parte dalla siderurgia, da quell’acciaio materia prima per tante produzioni fondamentali, dove il sindacato attende da tempo il famoso piano nazionale. Il settore, strettamente correlato alla questione della transizione energetica, è in sofferenza. Acciaieria Italia, la ex Ilva, con Taranto, Genova, Novi e le altre città coinvolte, e Jsw a Piombino sono i nomi di questa crisi. Con l’indotto parliamo di circa 15 mila lavoratori che attendono di sapere quale sarà il loro destino. Ai quali si aggiungono i circa 350 addetti della Sanac, un’azienda che affonda le radici proprio nel processo produttivo dell’acciaio, attualmente in amministrazione straordinaria.

Seguendo l’acciaio arriviamo al settore dell’automotive, il grande malato d’Italia. Ce lo racconta Torino. Ce lo raccontano le quattro crisi dell’indotto che si sono prese la ribalta nel 2021: i 422 addetti di Gkn, i circa 300 di Giannetti, i 110 di Timken e, più di recente, i circa 600 di Speedline.

 

Foto: Azzurra Ciani

 

Aperte senza tanti complimenti (le prime tre nel luglio scorso, l'ultima poco fa) da multinazionali gestite da fondi di investimento senza scrupoli, che decidono le produzioni seguendo le regole della finanza. Quattro nomi capofila di un settore, l’indotto automotive, ossatura del sistema industriale italiano, che sta già pagando “quel processo di riallocazione delle produzioni a livello mondiale che – ci spiega Silvia Spera –, complice anche l’atteggiamento di Stellantis, va verso un disimpegno crescente nella componentistica. Anche qui, se non c’è un progetto, una politica industriale di settore che investa risorse economiche, tecnologiche e di competenza nelle aziende del nostro Paese, fermare questa emorragia sarà sempre più complicato”.

Timide speranze adesso arrivano dalle ultime sullo stabilimento di Campi Bisenzio, dove gli operai Gkn stanno passando il Natale in fabbrica in attesa di capire meglio il proprio futuro dopo che nella notte del 22 dicembre il fondo Melrose Industries ha ceduto all'imprenditore Francesco Borgomeo, advisor dell'ex proprietà che ha deciso di rilevare il sito. Ora si apre una prospettiva di reindustrializzazione tutta da seguire.