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Con espressioni decisamente sopra le righe, il M5S ha accusato L’Altra Faenza di essere passata con la maggioranza a Palazzo Manfredi “accomodandosi” col Pd. Sarebbe avvenuto nel corso della seduta consigliare del 29 gennaio scorso, al momento di esprimersi su una mozione proposta dal Comitato Art. 32 e fatta propria dallo stesso M5S, dalla Lega Nord e da Rinnovare Faenza. Il tema riguarda l’obbligo di sottoporre i bambini alle vaccinazioni previste dal cosiddetto “decreto Lorenzin” e il completamento da parte di tutti dell’anno scolastico 2017-2018.

Come la pensa a proposito di vaccini, L’Altra Faenza l’ha espresso chiaramente da mesi: essi costituiscono uno dei più grandi progressi nella storia della medicina, metterne in dubbio l’efficacia per la salute pubblica e disquisire sui costi a carico della collettività è fuorviante e privo di fondamento.

Certo, a complicare la questione è stata una politica pasticciona con un modo di procedere che anziché informare e convincere ha imposto, suscitando perplessità e fastidio in tante famiglie. Una materia così complessa e delicata andava e va trattata avendo chiari tre obiettivi: il diritto alla salute, la libertà di scelta consapevole, il diritto all’istruzione.

Le due mozioni discusse in Consiglio comunale puntavano – con accenti diversi, ma con lo stesso obiettivo – a garantire la continuità didattica per l’anno in corso anche ai bambini non vaccinati ammessi in asili nido e scuole materne. La data ultima per provvedere alla vaccinazione è il 10 marzo prossimo. Com’è evidente, non corrono alcun rischio le famiglie – sono la stragrande maggioranza – che hanno ottemperato agli obblighi di legge, né le famiglie che intendono farlo e sono in ritardo per motivi che non dipendono dalla loro volontà. Chi decide consapevolmente di non adempiere tale obbligo se ne assume la responsabilità.

L’Altra Faenza è dell’opinione che se una legge è sbagliata bisogna cambiarla, non eluderla. Soprattutto se così facendo si mette a repentaglio la salute degli altri. Il consigliere Edward J. Necki si è attenuto con coerenza a questi criteri. A lui va il pieno e convinto sostegno de L’Altra Faenza.

Far politica nell’interesse dei faentini non vuol dire essere sempre contro, né cavalcare con disinvoltura tutte le espressioni di dissenso. L’efficacia della propria azione non dipende dai toni polemici. Convinta di ciò L’Altra Faenza non ha esitato a dar ragione al sindaco Malpezzi quando ha difeso il Punto nascite a Faenza, così come ha sempre ricercato il massimo consenso possibile nel farsi promotrice di pronunciamenti ed impegni del Consiglio comunale su temi importanti come la salute e l’ospedale, la necessità di eliminare l’amianto, sulla vertenza Cisa e su altro ancora.

Spesso in quelle occasioni anche il M5S ha votato assieme alla maggioranza, intendeva forse entrare a farne parte? Se così non è, perché oggi accusa di questo L’Altra Faenza? Siamo in piena campagna elettorale: la sensazione, nettissima, è che pur di racimolare qualche voto non ci si faccia grandi scrupoli.

L’Altra Faenza continuerà ad assolvere il suo ruolo di forza di opposizione, stando al merito e forte delle sue convinzioni. E continuerà a ricercare convergenze – anche col M5S e con la maggioranza – ogni qual volta ciò risulti utile per l’adozione di provvedimenti che vadano nell’interesse dei faentini.

Faenza, 1 febbraio 2018

L’Altra Faenza

Vedi le posizioni sostenute e il comunicato dal M5S

 

 

 

Come associazioni ambientaliste ci sentiamo di dire la nostra riguardo al PUMS, rispondendo ai timori di commercianti e artigiani.

Vorremo far notare che in molte città dove si sono fatte zone pedonali il commercio ha funzionato, guardiamo Bologna che da anni chiude al traffico la zona centrale (area T).

D’altra parte, se i centri storici muoiono, non è per colpa delle isole pedonali, ma soprattutto a causa dei nuovi centri commerciali che stanno sorgendo ovunque, tra cui quello previsto nell’area ex Cisa, verso il quale abbiamo già espresso i nostri pareri contrari, così come hanno fatto le associazione dei commercianti. 

Ci sentiamo vicini e solidali ai negozi e alle botteghe del centro, ma se i centri storici sono invasi da traffico e smog, ridotti a parcheggi, questo non giova né alla salute, né all'ambiente, né al turismo, né al commercio.

Vogliamo una città a misura di essere umano, centri storici vivibili, sicuri e accessibili in modo sostenibile da tutti, centri animati da iniziative culturali. Quindi ben vengano l'allargamento della zona pedonale e l'estensione della ZTL a tutto il centro.

Da tempo chiediamo la pedonalizzazione della piazza davanti la biblioteca, ma non solo. Chiediamo la chiusura delle vie davanti alle scuole negli orari di entrata e uscita, la realizzazione di piste ciclabili interconnesse, doppio senso per le bici, più mezzi pubblici, e non ultimo maggiori controlli dei vigili contro i “parcheggi selvaggi”. 

In un contesto nazionale e globale di emergenza ambientale con 90 000 decessi l’anno in Italia per inquinamento atmosferico (record europeo), Il PUMS e il PAIR 2020 devono affrontare tutti gli aspetti: dalle “emissioni domestiche dovute agli impianti di riscaldamento”, ai trasporti (non solo nel centro storico), al carico e scarico delle merci, fino ad arrivare ai comportamenti individuali di tutti i cittadini.

Come associazioni ambientaliste presenteremo un documento specifico e chiederemo all'Amministrazione Comunale di essere ascoltati in merito.



Legambiente Lamone, Fiab Faenza Forlì, Salvaiciclisti Faenza.

 

 

VIA DALL'ITALIA LE BOMBE ATOMICHE

Faentini alla manifestazione a Ghedi (Bs) dove sono dislocate 20 bombe atomiche

 

Lo scorso sabato 20 gennaio si è svolta a Ghedi (Bs) una manifestazione, volta a denunciare la presenza di almeno 20 bombe nucleari in città e altre 50 ad Aviano (Pd). Tali bombe saranno presto sostituite da bombe termonucleari, di nuova generazione B61-12, che potranno essere trasportate dai costosissimi e discussi cacciabombardieri F35, assemblati anche presso lo stabilimento di Cameri (No). Tutto questo in violazione del TNP Trattato di Non Proliferazione Nucleare, sottoscritto dall’Italia nel 1975.

La popolazione è stata pertanto informata del pericolo oggettivo rappresentato dalla presenza di questi ordigni micidiali, ma anche di quello derivante dall'abitare in un sito obiettivo di attacchi militari.

Inoltre si è colta l'occasione per chiedere al Governo e al Parlamento di firmare e ratificare il Trattato di proibizione delle armi nucleari che è stato adottato il 7 luglio 2017 dall’ONU.

L'iniziativa ha assunto un rilievo particolare in quanto si è svolta a pochi giorni dal forte allarme per il pericolo di una guerra nucleare rivolto da Papa Francesco durante il volo per Santiago, in occasione del suo viaggio apostolico in Cile e Perù. Nel corso del quale egli fatto distribuire ai giornalisti al seguito una foto emblematica scattata a Nagasaki dopo l’esplosione della bomba atomica del 1945. In essa appaiono due bambini: uno sembra dormire sulle spalle dell’altro. In realtà è morto. Suo fratello, con un volto da cui traspare una dignitosa sofferenza, sta aspettando che venga cremato. Sul retro, la firma e la scritta: “…il frutto della guerra”.

I manifestanti hanno denunciato anche lo scandaloso e impressionante aumento, in tempi di ristrettezze economiche, delle spese militari italiane (64 milioni di euro al giorno, con la prospettiva di raggiungere in pochi anni i 100 milioni giornalieri). Il corteo si è soffermato davanti al capannone industriale sede degli uffici della RWM, la ditta tedesca, fornitrice all’Arabia Saudita di bombe da questa sganciate contro i civili in Yemen e ha transitato davanti alla Banca Valsabbina coinvolta in tale esportazione di armi. Come denunciato dalla "Rete per il disarmo" e dalla "Campagna banche armate", in tal modo si è violata la legge 185/90 che vieta espressamente l'esportazione di armi verso paesi in conflitto.

L'iniziativa si è conclusa davanti all'aeroporto militare della città al cui interno si trovano i silos nucleari.

All'evento organizzato dal “Forum contro la guerra” ha partecipato anche una rappresentanza faentina.

Davide Patuelli

youtube.com

Morire sul lavoro non è da Paese civile

 

Tredicimila morti sul lavoro in Italia negli ultimi dieci anni. Quasi mille – assieme a 600mila infortuni – nei primi 11 mesi del 2017. E tanti non vengono denunciati perché avvenuti in condizioni di lavoro nero.

Calano le ore di lavoro e crescono le disgrazie, sempre uguali, dovute alle stesse cause e quindi prevedibili.

Può dirsi civile un Paese nel quale permane e si aggrava un simile stato di cose?

Le parole di circostanza gettate al vento, i soliti solenni impegni tante volti ripetuti all’indomani di ogni tragedia acquistano sempre più il sapore amaro di intollerabile ipocrisia. Lo sanno tutti, e lo sanno soprattutto quelli che hanno il dovere di porvi rimedio: la maggioranza degli infortuni è dovuta al mancato rispetto delle norme sulla sicurezza, ai minori controlli, alla crescente precarietà, a come avviene l’inserimento nell’attività lavorativa, al considerare i costi per la prevenzione un fastidio e uno spreco. E’ su questi fattori che si deve intervenire con determinazione e senza perdere altro tempo.

Può esserci maggiore tutela della salute e della vita quando si cancellano i diritti? Quando di fatto si nega il ruolo della contrattazione collettiva e delle rappresentanze sindacali? Quando il bisogno induce ad accettare qualsiasi lavoro, anche il meno sicuro e il peggio retribuito?

La si smetta di sbandierare numeri sull’occupazione che vorrebbero maldestramente nascondere una realtà fatta di sottosalario, di lavoro a chiamata e somministrato, di mancanza di futuro soprattutto per i giovani. Bisogna restituire dignità e diritti al mondo del lavoro: è questa la sola strada perché la sicurezza e la prevenzione tornino ad essere un dovere e un diritto per tutti.

 

Faenza, 19 gennaio 2018

 

 

L’Altra Faenza

 

 

Pubblichiamo qui il comunicato stampa emesso dal M5s di Faenza che riteniamo contenga considerazioni interessanti ma omettiamo i nomi degli indagati perché non risulta che siano stati pubblicati dalla stampa. In questa fase di indagini pensiamo debba valere la presunzione di innocenza e, nei limiti del possibile e del dovere di cronaca, sia necessario evitare il linciaggio mediatico. Naturalmente tutte le valutazioni espresse nel comunicato stampa sono da riferirsi all'associazione che lo ha emanato.
la redazione.


I reati, fra gli altri, di concussione e induzione indebita che hanno condotto all’arresto di due funzionari di Hera, * e *, ora ai domiciliari, sono un'altra dimostrazione di come una azienda nata per fornire servizi pubblici nell’interesse dei cittadini utenti, si sia via via trasformata in tutt’altro.

E’ ancora più grave che si sovrapponga al reato la militanza politica se, come nel caso di *, ex Assessore ai Lavori Pubblici, risulterà vero che abbia ottenuto da privati, attraverso pressioni sanzionabili,  sponsorizzazioni per eventi PD.
Che in questo specifico caso Hera si dichiari parte lesa non riduce la responsabilità che la stessa  ha di controllo, trasparenza e rispetto della legalità, in tutti gli aspetti della gestione. Ma purtroppo Hera si è allontanata da tempo dalle finalità per cui è nata come aggregazione delle aziende municipalizzate che gestivano servizi pubblici fondamentali come rifiuti ed acqua.
Il capitale sociale non è più interamente in mano a comuni e province, ma si è quotata in borsa ed è diventata una società sulle cui azioni gli stessi enti pubblici, direttamente o attraverso holding di gestione delle partecipazioni, fanno trading, speculando sulle quotazioni. I criteri di gestione privilegiano la produzione di dividendi o interessi di parte e non certo quelli degli  utenti.
Basta ricordare la sanzione di 1,9 milioni di euro del 2014 per abuso di posizione dominante nei mercati collegati alla raccolta differenziata della carta, per aver ceduto a prezzi di favore la materia prima ad Akron.
Anche il costante incremento delle tariffe della raccolta rifiuti, in cui di fatto gli enti pubblici recepiscono quanto Hera richiede, avviene senza le corrette evidenze, visto che proprio nel 2017 molti comuni non hanno approvato questi aumenti o hanno richiesto che fossero prodotti i documenti che attestassero le ragioni dei rincari.
Per non parlare di una politica di smaltimento dei rifiuti, ancora incentrata su inceneritori e discariche, che solo per l’attivazione diretta dei cittadini comincia ad avere pubbliche bocciature. Ultima in ordine di data lo stop da parte del Tar all’ampliamento della discarica Tre Monti di Riolo Terme, gestita da Hera, ma di proprietà di CONAMI (Consorzio di comuni e province), a sua volta grande azionista di Hera (secondo azionista pubblico, dopo il Comune di Bologna).
Da ultimo, anche la struttura organizzativa, ormai carica di funzionari (pare 1 ogni 8 dipendenti) e non più impegnata direttamente nella gestione operativa dei servizi che  è completamente esternalizzata, sembra capace nel dare posizioni ad ex politici, mentre lo è molto meno nel prestare  servizi agli utenti.  Prova ne è la crisi rifiuti del 2016 nella Provincia di Ravenna. Il vincitore dell’appalto, il consorzio Ambiente 2.0 di Assago(MI) (Aimeri Ambiente e Pianeta Ambiente; Coop sociale Orso Blu),  oltre a trascorsi poco edificanti, come rescissioni di contratti, segnalazioni all’autorità anticorruzione, mancato pagamento retribuzioni,  si è rivelata non in grado di svolgere il servizio e, non senza disagi per gli utenti, si è tornati al precedente appaltante.
Si può parlare di necessità di un vero risanamento e di grande trasparenza. Al momento le iniziative in questa direzione sono affidate ai ricorsi dei cittadini ed alle denunce delle imprese. Che devono proseguire perché la politica che oggi governa è incapace, se non collusa.
E’ bene tenere a mente tutti questi elementi quanto si eleggono i rappresentanti politici. E’ bene tenere alta l’attenzione, poiché proprio nel bacino delle province di Ravenna e Cesena andrà assegnato il servizio raccolta rifiuti per i prossimi 15 anni con base d’asta di circa 82 milioni annui. 
MoVimento 5 Stelle Faenza


Al Vicesindaco e Assessore Luca Della Godenza Alla Polizia Municipale dell'Unione della Romagna Faentina, Al Servizio Ambiente e Manutenzione Verde Faenza Scrivo per segnalare interventi invasivi sui lecci nel piazzale antistante la Stazione di Castel Bolognese, piazzale che ospita il parcheggio delle biciclette in area pubblica. La mattina del 10 Gennaio, arrivata in stazione alle 8 di mattina, ho visto che era iniziato un intervento invasivo ai lecci nel piazzale alla fine di Viale Cairoli. Il camion con carrello usato per l'intervento e i rami abbattuti ostacolavano il passaggio al parcheggio delle biciclette. L'intervento era effettuato da personale della ditta ATS costruzioni generali per conto di RFI, Rete Ferrovie Italiane. Ho fatto presente a chi potava che a Castello esiste un Regolamento del Verde che vieta la capitozzatura degli alberi. Ho chiesto di parlare con un responsabile, mi e' stato indicato il Geom Moraca Gaetano che mi ha fatto a sua volta parlare al suo cellulare con un responsabile per i lavori. A tutti ho fatto presente l'esistenza di un regolamento comunale che vieta la capitozzatura, chiedendo che verificassero. Ho quindi informato l'assessore Della Godenza con un sms. L'Assessore ha prontamente risposto che non era informato dell'intervento e che avrebbe incontrato il/la responsabile RFI per i lavori alla stazione la settimana del 15 gennaio. Purtroppo gli interventi sono continuati. Allego foto scattate la mattina del giorno 11 febbraio. A mio avviso si tratta di capitozzatura, intervento che e' vietato dal Regolamento del verde di Castel Bolognese http://www.comune.castelbolognese.ra.it/Servizi/Ambiente/Gestione-del-verde In particolare il Regolamento castellano prescrive: "Sugli alberi oggetto di tutela a norma dell’art. 4 sono vietati: a) gli interventi di capitozzatura, cioè i tagli che interrompono la crescita apicale del fusto, nonché gli interventi praticati su branche laterali aventi circonferenza superiore a cm. 40 nel punto del taglio; b) la cimatura dell’asse principale e dei rami nelle conifere ornamentali, con esclusione dell’eliminazione delle branche deperite e soprannumerarie, purchè si mantenga la forma tipica della pianta; c) gli interventi che comportano una drastica riduzione della chioma maggiore del 60%." Segnalo inoltre che, benche' i lavori siano in corso da luglio, è assente il cartello di cantiere con i dati sui lavori e l'indicazione delle responsabilità. Rimango in attesa di un riscontro. Cordialmente, Alessia Bruni
Comitato Ambiente e Paesaggio a Castel Bolognese
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