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Tra i 35 e 54 anni i “working poor” superano il 30%. Il Paese è sempre più in difficoltà: al Nord esplode l’indigenza, emergenza casa e sanità, il welfare non basta

Caritas

In Italia crescono sempre di più gli uomini e le donne che sono poveri anche lavorando. È uno dei dati più preoccupanti emersi dal rapporto annuale della Caritas. Nella fascia di popolazione tra i 35 e 54 anni, la percentuale dei “poveri che lavorano” supera perfino il 30%. La ricerca, in generale, disegna il quadro di un Paese più povero.

Partendo dall’inizio, sono in aumento i cittadini che si rivolgono ai centri Caritas in tutto il territorio, per chiedere assistenza e aiuto. Nel 2024, spiega l’indagine, le persone  sono state quasi 278.000, il 3% in più del 2024 e il 62% in più rispetto a dieci anni fa.

Chi si rivolge alla Caritas

La Caritas fa l’identikit dei suoi assistiti: l’età media è 47,8 anni ma cresce la presenza degli anziani: nel 2015 gli over 65 erano solo il 7,7%, oggi rappresentano il 14,3% (il 24,3% tra gli italiani). Permangono le difficoltà strutturali delle famiglie con figli, che rappresentano il 63,4% degli assistiti.

L’occupazione è molto fragile: il 47,9% è disoccupato, mentre il 23,5% ha un lavoro che “non costituisce un fattore protettivo rispetto all’indigenza”. Tra i 35-54enni la percentuale dei working poor supera il 30%.

Esplode la povertà al Nord

Un aumento della povertà davvero rilevante si registra nel Nord Italia (+77%), seguito dai territori del Mezzogiorno (+64,7%). Il sostegno raggiunge tanti nuclei famigliari, nel complesso circa il 12% di quelle in povertà assoluta (che sono 5,7 milioni di individui).

Aumentano anche le situazioni di povertà intermittente o di lunga durata. Si consolidano i casi di povertà cronica: oltre un assistito su quattro (26,7%) vive in una condizione di disagio stabile e prolungato.

I problemi: la casa e la sanità

Il disagio più comune è quello sanitario e abitativo, riferisce sempre la Caritas. Tra gli assistiti, uno su tre (il 33%) manifesta almeno una forma di difficoltà legata all’abitare. Nel dettaglio, il 22,7% vive una “grave esclusione abitativa” (persone senza casa, ospiti nei dormitori o in condizioni abitative insicure o inadeguate); il 10,3% presenta difficoltà legate alla gestione o al mantenimento della casa stessa, perlopiù sul pagamento di bollette e affitti. 

Il 15,7% degli assistiti presenta “vulnerabilità sanitarie”, spesso collegate a malattie gravi o scarse risposte del sistema pubblico. Tanti chiedono farmaci, visite mediche o sussidi per prestazioni sanitarie; in generale il fenomeno della rinuncia alle cure è “sottostimato”, dice il rapporto.

Povertà trasversale e senza welfare

Va poi sottolineato che la povertà sanitaria “si intreccia quasi sempre con altre forme di bisogno (nel 58,5% se ne cumulano 3 o più) in un circolo vizioso: casa, reddito, salute, istruzione e relazioni si condizionano a vicenda, rendendo difficile ogni percorso di uscita”.

“Il profilo di chi ha bisogno si è dunque profondamente trasformato – afferma quindi la Caritas -, riflettendo una povertà sempre più trasversale, complessa e spesso non intercettata o adeguatamente supportata dal welfare”.

“Le contraddizioni nell’azione di governo su un problema così urgente rischiano di danneggiare doppiamente milioni di cittadini. Le regioni padane e il Paese hanno bisogno di investimenti sul trasporto pubblico e risorse per la transizione all’elettrico di artigiani e imprese”.
Diesel euro 5
 
Ancora una volta si cerca di rinviare l’inevitabile, per giunta, imputando al Green Deal europeo le responsabilità di una misura varata dall’attuale governo nel 2023 e che, a ben guardare, ha una genesi ben più vecchia risalente al 2017, anno del nuovo accordo di programma per il risanamento dell’aria del bacino padano. Lo stesso governo che oggi vorrebbe derogare questo divieto imputando all’Europa la responsabilità della norma.
 
In questi anni, nulla è stato fatto a livello centrale per gestire il prevedibile impatto di un provvedimento assolutamente necessario, non solo per tutelare la salute pubblica, ma altresì per evitare nuove sanzioni. Una misura, quella del blocco degli Euro5, che era stabilita infatti nel Decreto Legge del 12/9/2023, n. 121.
Nel tempo trascorso non sono stati messi in campo strumenti e risorse utili ad accompagnare il necessario shift modale, dall’auto privata al tpl, o il passaggio per i cittadini da veicoli inquinanti a mezzi a zero emissioni, tuttora necessari per diverse categorie di utenti, quali artigiani, piccole imprese o pendolari che non hanno accesso ad efficienti infrastrutture di trasporto pubblico. Dunque, al danno dell’immobilismo sul fronte dell’inquinamento, si aggiunge anche quello della mancata realizzazione di un sistema di mobilità zero emissions.
 
Si preferisce invece attaccare le politiche europee, evocando la presunta contrarietà dei cittadini alle auto elettriche. Ma la realtà è ben altra. Infatti, gli incentivi per l’acquisto di nuove auto negli ultimi anni sono stati poco efficaci, non solo perché sul mercato mancano modelli di utilitarie elettriche a basso costo, ma anche perché gli incentivi economici sono stati stanziati in maniera tale che fosse più conveniente acquistare un’auto endotermica.
 
E a proposito di investimenti ed incentivi, è bene ricordare che sul futuro delle infrastrutture del trasporto pubblico del Paese grava una pesante ipoteca, quella dei 13,5 miliardi necessari a realizzare il ponte sullo Stretto. Nel contesto attuale, è inevitabile chiedersi con quei soldi quanti interventi si potrebbero realizzare per garantire ai cittadini delle regioni padane, e di tutte le altre, un trasporto pubblico più capillare ed efficiente, oppure quante misure di sostegno, come micro-credito o social leasing, si potrebbero erogare ad artigiani, imprese e famiglie per dotarsi di mezzi a zero emissioni.
 
Ufficio stampa Legambiente Emilia Romagna

Il governo sul nucleare mette a rischio l’Italia

Il governo sul nucleare mette a rischio l’Italia. Il Ministro dell’Ambiente afferma che va ripensata la scelta dei depositi nazionali delle scorie radioattive (1 a basso-media radioattività e 1 ad alta pericolosità) ignorando le leggi che hanno istituito la Sogin con il compito di smantellare le vecchie centrali nucleari in Italia e di costruire i 2 depositi per mettere in sicurezza le scorie esistenti (circa 95.000 m3). Torneranno inoltre entro fine 2025 le scorie mandate in Francia, Inghilterra, Slovacchia per metterle in sicurezza, ma non si sa dove verranno collocate.

Se si va sul sito ufficiale della Sogin ci si rende conto che ci sono leggi che non vengono rispettate. Se il governo Meloni vuole cambiare leggi in vigore ha un unico modo: chiedere al parlamento di approvare una nuova legge, altrimenti deve rispettare quelle che ci sono. Imitare Trump non è possibile. Va aggiunto che si sono perse le tracce della proposta di legge sul nucleare approvata dal Consiglio dei Ministri quasi 3 mesi fa ma non ancora arrivata in parlamento, perché ?

Il governo si comporta come se le leggi in vigore non esistessero e finge che ci siano già nuove normative, appoggia scelte di imprese pubbliche a favore del ritorno al nucleare in Italia, vietato dopo i referendum abrogativi, e non contesta alla regione Lombardia i protocolli firmati con l’Agenzia internazionale sul nucleare per i quali non ha poteri (spettano al governo) che è una forma di autonomia differenziata camuffata, facendosi beffe delle recenti sentenze della Corte costituzionale.

Il governo “dimentica” di avere scritto nella relazione al suo pdl sul nucleare che rispetterà la sentenza 199/2012 della Consulta, sulla cui base per intervenire sul nucleare deve dimostrare che si tratta di novità tali da non rientrare negli effetti di ben 2 referendum abrogativi che hanno deciso prima l’uscita dell’Italia (1987) dal nucleare civile e poi l’hanno confermata (2011). Ovviamente i cittadini potranno sempre pronunciarsi sulle “novità” con un nuovo referendum abrogativo.

Il Ministro dell’ambiente tedesco ha chiarito che la Germania non intende tornare al nucleare ed è contraria a considerarlo come le fonti rinnovabili come vorrebbe la Francia, essendo nel programma di governo è difficile immaginare che verrà disatteso ad un mese dall’insediamento.

Nei giorni scorsi fonti pro nucleare hanno addossato la causa del black out elettrico della Spagna alle fonti rinnovabili, ma l’inchiesta sul black out non è finita ed è certo che le fonti rinnovabili avrebbero permesso di tornare rapidamente alla normalità mentre le centrali nucleari hanno impiegato fino a 3 giorni per tornare a produrre come prima, il punto debole sono stati la rete e lo stoccaggio che devono garantire supplenze immediate in caso di carenza. Ad esempio Terna ha in programma investimenti rilevanti proprio per garantire accumuli sufficienti per una rapidissima erogazione di energia elettrica ed evitare black out in Italia.

Torneremo sul confuso ed inafferrabile nucleare di cui parla il governo, ma si può dire fin d’ora che parlare tanto (a sproposito) di nucleare serve solo a coprire ritardi e manchevolezze del governo nell’autorizzare gli investimenti nelle fonti rinnovabili, le uniche che garantiscono l’autonomia dell’Italia, a differenza delle fonti fossili. C’è il rischio concreto che nel 2030 non raggiungeremo gli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal governo stesso. Infatti il decreto per la localizzazione degli impianti del Ministro Pichetto Fratin, compito delegato dal governo alle regioni senza criteri direttivi, è stato mutilato dal Tar del Lazio creando una situazione caotica, bloccando ulteriormente le localizzazioni delle energie rinnovabili.

La situazione energetica è preoccupante, il governo deve togliersi dalla testa che sia possibile iniziare a discutere di nuovo nucleare senza avere prima chiarito come risolverà il problema delle scorie radioattive, tanto più che il nuovo nucleare ne creerebbe altre in aggiunta a quelle attuali.

Bisogna obbligare il governo a rispettare le leggi e in particolare a farle rispettare alle aziende a controllo pubblico, a partire dalla Sogin che sembra volersi occupare più di nuovo nucleare, offrendo siti di cui non ha la disponibilità e sul cui destino debbono pronunciarsi le popolazioni interessate e i loro rappresentanti. I cittadini italiani pagano già salato nelle bollette enormi ritardi nello smaltimento delle scorie in sicurezza e rischiano di pagare ancora di più in futuro. Per questo il governo dovrebbe cambiare immediatamente il gruppo dirigente di Sogin che sembra più interessato a fare propaganda per partiti di governo che svolgere con onestà ed onore i suoi compiti istituzionali.

Riferimento: Presidente Vittorio Bardi 3355853682

 

Unione della Romagna Faentina, venerdì 23 maggio 2025

Lenzuola Bianche per Gaza

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I comuni di Castel Bolognese, Casola Valsenio, Faenza, Riolo Terme e Solarolo aderiscono all'iniziativa nazionale ‘Lenzuola Bianche per Gaza’, gesto simbolico di solidarietà e di richiamo alla pace promosso da molte realtà della società civile, personalità pubbliche e studiosi.

L’idea nasce per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla crisi umanitaria in corso nella Striscia di Gaza. Il lenzuolo bianco ricorda i sudari con i quali vengono avvolte le vittime del conflitto, trasformando l’oggetto in simbolo di pietas nei confronti delle vittime e di pace universale. Con l'esposizione del lenzuolo, si vuol esprimere un forte messaggio di condanna per le violenze e le sofferenze che colpiscono principalmente la popolazione civile, in particolare i bambini, e per chiedere un immediato cessate il fuoco e la tutela dei diritti umani, così come anche chiesto da più parti e da papa Francesco prima e papa Leone XIV sin dal primo momento della sua nomina. Il gesto intende unire le municipalità al coro delle voci che si levano per la pace e per la fine delle ostilità, ribadendo l'impegno delle amministrazioni nel promuovere una cultura di nonviolenza e di rispetto per ogni vita umana.

Nel dettaglio, il lenzuolo sarà esposto a Castel Bolognese dalla finestra di Palazzo Mengoni; a Casola Valsenio dal balcone del Municipio e da quello della Casa della Cultura ‘Pittano’; a Faenza da Palazzo Manfredi (su piazza Nenni e corso Mazzini); a Riolo Terme dal Palazzo Municipale, dalla Biblioteca comunale e dalla Rocca. Solarolo esporrà dal balcone del Municipio.