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Energia eolica - Wikipedia

“Chi oggi si scaglia contro il progetto di installazione di pale eoliche offshore nel mare Adriatico apre un dibattito che richiama alla mente la celebre scena di Don Chisciotte che si lancia contro i mulini a vento, scambiandoli per giganti malvagi“.
La Cgil prende una posizione netta su un tema che resta molto dibattuto nel riminese dove insiste il progetto di Energia Wind 2020 che ha avuto già comunque il via libera alla Valutazione di Impatto Ambientale. “Questa battaglia contro l’energia eolica offshore, presentata come una difesa del paesaggio, appare anacronistica” scrive il sindacato che si scaglia invece contro “la cementificazione che ha compromesso gran parte della costa riminese, senza particolari “levate di scudi” da parte del mondo imprenditoriale“.

La nota della Cgil di Rimini
Il futuro delle energie rinnovabili

In un contesto di emergenza climatica e di necessità di transizione verso fonti energetiche più sostenibili, l’energia eolica rappresenta una delle soluzioni più promettenti per ridurre le emissioni di CO2 e raggiungere gli obiettivi stabiliti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (PNIEC). Il piano, aggiornato a luglio 2024, prevede un incremento significativo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, con l’obiettivo di portare la quota al 63% del consumo elettrico nazionale entro il 2030. Nella provincia di Rimini, però, la produzione da fonti rinnovabili copre solo il 23,9% del fabbisogno energetico complessivo, ben lontana dagli standard necessari per sostenere una vera transizione ecologica.
È in questo quadro che la battaglia contro le pale eoliche offshore assume tratti incomprensibili.
Infatti non esistono studi che dimostrino l’impatto negativo delle pale eoliche sul turismo. Esistono piuttosto casi e ricerche secondo le quali gli impianti eolici non allontanano i turisti. Gli impianti eolici – salvaguardando aree paesaggisticamente uniche come l’Alta Valmarecchia – sono uno degli strumenti per una corretta gestione della crisi energetica e climatica.

Il piano energetico nazionale e regionale
L’Italia, con il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), si è impegnata a rispettare gli ambiziosi obiettivi fissati dall’Unione Europea per il 2030. Tra questi, vi è la necessità di aumentare la quota di energie rinnovabili nei vari settori, dai trasporti (dove si prevede un incremento del 34%) al riscaldamento e raffrescamento (36%), fino all’energia elettrica (63%).
Questi obiettivi sono fondamentali non solo per ridurre le emissioni di gas serra, ma anche per evitare costose sanzioni che deriverebbero dal mancato rispetto degli obblighi comunitari. Se l’Italia non riuscirà a raggiungere i target, dovrà infatti acquistare quote di emissioni dai Paesi più virtuosi, spendendo miliardi di euro che potrebbero invece essere investiti nello sviluppo di infrastrutture energetiche sostenibili. L’Emilia-Romagna ha già delineato nel 2017 il Piano regionale per Clima ed Energia 2030, che prevede la decarbonizzazione e l’aumento delle energie rinnovabili. Questo piano è stato rafforzato dal Patto per il Lavoro e per il Clima del 2020, con l’obiettivo di raggiungere il 100% di energia da fonti rinnovabili entro il 2035 e di accompagnare il territorio verso una transizione ecologica equa e inclusiva.

Piano del lavoro CGIL: comunità energetiche e accettazione sociale degli impianti di produzione di “energia green”
Un aspetto centrale per il futuro energetico della provincia di Rimini e del Paese è rappresentato dalle Comunità energetiche rinnovabili (CER); anche di questo si parla ampiamente nel Piano del lavoro che CGIL ha presentato lo scorso 15 novembre. Si tratta di gruppi di cittadini, imprese o enti locali che si uniscono per produrre e condividere energia da fonti rinnovabili, riducendo la dipendenza dalle reti energetiche tradizionali e abbattendo i costi. Nella provincia di Rimini, diversi progetti sono già in fase di realizzazione, come quello del Comune di Montegridolfo, che ha deciso di investire in una comunità energetica per conciliare la diffusione delle rinnovabili con la tutela del patrimonio storico. Questi progetti non solo favoriscono la sostenibilità e la crescita di una diffusa cultura ambientale, ma rappresentano anche un’opportunità di sviluppo economico e sociale per i territori, coinvolgendo attivamente i cittadini nella gestione delle risorse energetiche. Su questi temi quali iniziative sta mettendo in campo a livello sistemico il mondo delle imprese turistiche?

La risposta è importante, perché il turismo riminese consuma da solo oltre il 40% dell’energia in provincia di Rimini. L’importanza delle CER è evidenziata anche nella contrattazione sociale e aziendale promossa da CGIL di Rimini e dalle sue articolazioni di categoria. L’obiettivo è quello di far sì che i risparmi energetici generati dalle comunità ricadano direttamente sulla popolazione lavoratrice, migliorando il benessere collettivo e riducendo le disuguaglianze.

Una battaglia di retroguardia
La lotta a prescindere contro le pale eoliche offshore rischia di configurarsi come una battaglia di retroguardia, che può rallentare un processo di transizione energetica imprescindibile. La vera minaccia non è costituita dalle pale eoliche, ma dall’urgenza d’investimenti – anche privati – e di una visione strategica capace di coniugare la crescita economica con la sostenibilità ambientale.
L’invito è quello a guardare alle pale eoliche come a una risorsa, non solo per la produzione di energia pulita, ma anche come simbolo di un territorio che sceglie di investire sostenibilmente nel futuro. Un futuro in cui le comunità locali, le imprese e i cittadini dovranno essere protagoniste di un nuovo modello di sviluppo, basato su energie rinnovabili e partecipazione.

Si è conclusa alle ore 22:00 di oggi 8 dicembre 2024 la consultazione in rete degli iscritti del Movimento 5 Stelle avente ad oggetto la ripetizione delle votazioni del 21-24 novembre 2024 aventi ad oggetto le modifiche statutarie, così come richiesto dal Garante, con i seguenti risultati:

Aventi diritto al voto: 89.408

Per i quesiti relativi alle modiche dello Statuto hanno votato 58.029 iscritti ( 64,90% degli aventi diritto);

Scarica qui i risultati

Scarica qui le slides con i dati percentuali

Disparità di genere, welfare in crisi e conti economici che non tornano. La povertà aumenta, gli italiani chiedono riforme. La fotografia dell’istituto di studi socio-economici è a fuoco e allarmante

L’Italia fatica. Gli italiani faticano. E chiedono un cambio di passo, nella direzione delle tutele universali, dell’equità salariale, di un welfare che protegga e curi tutte e tutti. Non è e non può essere rassicurante la fotografia del nostro Paese scattata dal 58mo Rapporto annuale del Censis, appuntamento ormai tradizionale in cui fare il punto sulla società e l’economia italiana.

Welfare pubblico: una copertura essenziale ma sempre più insufficiente

Allarme rosso soprattutto per il sistema di welfare pubblico italiano, percepito come sempre meno efficace. Secondo il Censis, il 50,4% degli italiani ritiene che il welfare pubblico si limiti ormai alle prestazioni essenziali, mentre il 49,4% pensa che sia necessario ricorrere a strumenti di autotutela, come polizze assicurative private e fondi integrativi, per coprire i rischi sociali.

Questa trasformazione del welfare è vista come un cambiamento epocale rispetto alle generazioni precedenti, quando il sistema pubblico rappresentava un solido pilastro di sicurezza sociale. Oggi, per molte famiglie, il welfare pubblico si sta trasformando in un costo aggiuntivo. Il 65,9% degli italiani considera le spese legate a sanità, previdenza e assistenza un peso significativo sui bilanci familiari.

Rischio di povertà: un quadro allarmante

Il Censis evidenzia che il 18,9% della popolazione italiana è a rischio di povertà anche dopo aver usufruito di trasferimenti sociali. Questo dato mette in luce l’insufficienza delle misure di sostegno pubblico per garantire una vita dignitosa ai cittadini più vulnerabili.

La situazione è particolarmente critica per le famiglie monoreddito, i disoccupati e gli anziani, categorie che spesso devono affrontare difficoltà economiche crescenti. L’accesso alle cure sanitarie, ad esempio, è sempre più limitato per chi non può permettersi assicurazioni private o cure a pagamento.

La crescente sfiducia nel sistema di welfare pubblico porta molti italiani a risparmiare non per investire, ma per proteggersi dai rischi sociali. Il 61,9% della popolazione considera prioritario accumulare risparmi per la vecchiaia, l’assistenza sanitaria e altre emergenze, a scapito di altre forme di investimento.

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Sciopero generale 2024

Alla fiera dei tagli

Alla fiera dei tagli

Un sistema da riformare

Gli italiani chiedono un cambiamento. La percezione dominante è che il welfare debba essere riformato per garantire maggiore equità e inclusività. Secondo il rapporto, molte famiglie avvertono un senso di abbandono da parte dello Stato, costrette a fare affidamento su risorse personali o su aiuti privati per fronteggiare emergenze o bisogni di base.

In questo contesto, le disparità regionali aggravano ulteriormente la situazione. Mentre alcune regioni del Nord Italia offrono servizi più efficienti e accessibili, il Sud soffre di carenze croniche, con infrastrutture sanitarie e sociali spesso insufficienti per soddisfare le esigenze della popolazione.

Gender gap: il problema peggiora

L’istituto di studi socio-economici dipinge un quadro preoccupante anche sul fronte delle disparità di genere e delle differenze salariali. Secondo il Global gender gap index del World economic forum, l’Italia ha perso otto posizioni nel 2024, scendendo all’87° posto. Questa retrocessione sottolinea le disuguaglianze persistenti, specialmente nel mondo del lavoro.

I dati Inps relativi al 2022 mostrano che le donne nel settore privato guadagnano mediamente il 30,2% in meno rispetto agli uomini. Il divario è più accentuato tra gli operai, dove il gap raggiunge il 40,5%, mentre si riduce al 23,2% tra i dirigenti. Anche tra gli apprendisti, il divario del 14,8% evidenzia disuguaglianze che si manifestano fin dai primi passi nel mondo del lavoro.

Il Censis cita anche un’analisi sull’avvocatura italiana che rivela un divario ancora più drammatico: gli uomini guadagnano in media più del doppio rispetto alle colleghe donne, con una differenza annua di oltre 30 mila euro. Questo dimostra che, nonostante i progressi in molti ambiti, il gender pay gap rimane un ostacolo significativo per la parità.

Ma le disparità non si fermano ai salari. Il rapporto Censis sottolinea che l’accesso alle opportunità lavorative per le donne resta limitato in molti settori, con carriere che spesso si interrompono o rallentano a causa di ostacoli strutturali, come la carenza di politiche di conciliazione tra vita lavorativa e familiare.

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Economia e occupazione: segnali contrastanti

Nonostante l’aumento dell’occupazione (ma sempre più povera e precaria, quindi di scarsa qualità), con 23,8 milioni di lavoratori nei primi sei mesi del 2024, l’Italia resta indietro rispetto agli standard europei. Se il tasso di occupazione fosse in linea con la media europea, il Paese avrebbe a disposizione tre milioni di lavoratori in più, superando i 26 milioni di occupati.

L’apparente paradosso tra aumento dell’occupazione e stagnazione del Pil si riflette anche nel settore manifatturiero, che ha registrato un calo della produzione del 3,4% nei primi otto mesi del 2024 rispetto all’anno precedente. Questo dato si inserisce in un trend negativo iniziato nel 2019, con una riduzione complessiva dell’1,2% nella produttività del settore.

Solo il turismo sembra rappresentare un’eccezione positiva. Nel 2023, l’Italia ha accolto 447 milioni di presenze turistiche, con un aumento del 18,7% rispetto al 2013. Il turismo domestico è cresciuto del 10,9%, mentre la componente estera ha registrato un incremento del 26,7%. Roma, in particolare, ha superato i 37 milioni di presenze turistiche nel 2023, confermandosi una delle mete più ambite a livello internazionale.

Tuttavia, il settore terziario non riesce a tradurre questo successo in produttività economica: tra il 2003 e il 2023 il valore aggiunto per occupato è diminuito dell’1,2%, evidenziando inefficienze strutturali.

Le sfide dell’Italia

Il rapporto Censis del 2024 dipinge un quadro complesso, che sfida e metta alla prova l’Italia. Le disuguaglianze di genere, le insufficienze del welfare pubblico e le contraddizioni economiche sono sintomi di un sistema che necessita di riforme profonde. Le persone che vivono del proprio lavoro e della propria pensione non sono tutelate ai livelli che un Paese e un’economia avanzata dovrebbe garantire. E questo si traduce in ingiustizia sociale, paura, sfiducia, rabbia. Il rapporto lo spiega nitidamente.

La fotografia è a fuoco. Ma bisogna guardarla.

La Manifestazione di domani a Faenza PER LA ROMAGNA ALLUVIONATA E LA RESISTENZA CLIMATICA, è qualcosa che riguarda tutti,

alluvione faenza manifestazione 1

“Ciò che è avvenuto in Romagna non è solo un problema locale. Stiamo vedendo le conseguenze di una crisi climatica importante.

Quella del 7 dicembre sarà una manifestazione della comunità civile”

 

non solo la categoria degli "alluvionati" ma un momento voluto e costruito nell'interesse generale del nostro territorio e delle sue comunità.

Tutti coloro che lo vivono ne sono chiamati in causa!

Affinché non si aspetti il prossimo disastro per accorgersi di non essere al sicuro: Il momento per farsi sentire è adesso!

Affinché resti aperta una questione Alluvione in Romagna, così come ancora aperte sono le ferite che la lacerano, esponendola ulteriormente agli effetti di anomalie climatiche - che purtroppo non finiranno qui - e alle porte di un inverno che potrebbe non trascorrere siccitoso come il precedente (con tutte le conseguenze del caso).


Un paio d'ore perciò, domani pomeriggio, dedicatele alla vostra terra, alla vostra gente e al vostro stesso futuro.
Venite con noi a Faenza 


Crediamo ne valga la pena

La denuncia delle condizioni dei braccianti nel VII rapporto Agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto. Il racconto in video di Bilongo, Kaur, Mininni, Re David

 Braccianti stranieri nei campi

GUARDA IL VIDEO

“La filiera dell’illegalità mortifica il lavoro, toglie dignità alle donne e agli uomini che con il loro impegno quotidiano mandano avanti il Paese. E a essere sbagliato è lo stesso modello di sviluppo, che va cambiato. Lo sfruttamento e il caporalato non interessano solo il settore primario, sono una pratica costante in tanti settori produttivi”.

Lotta all’illegalità

Delinea un quadro preciso dei problemi che affliggono il settore dell’agricoltura Giovanni Mininni, segretario generale Flai Cgil, alla presentazione del settimo rapporto Agromafie e caporalato realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai, a Roma il 4 dicembre. E aggiunge: “Ci sono troppi pochi controlli, sono cresciuti solo dopo l’eco che ha avuto nel Paese il terribile omicidio di Satnam Singh. Le imprese che si nutrono dell’illegalità non devono essere aiutate, distorcono il mercato e penalizzano gravemente le imprese virtuose”.

Pochi controlli

Le ispezioni sono poche, pochissime, e invece sono un fattore determinante: in quelle che sono seguite all’omicidio dell’operaio agricolo Satnam Singh, tre diverse operazioni delle forze dell’ordine il 3 luglio, il 25 luglio e nei primi 10 giorni di agosto 2024 in 1.377 aziende agricole, è emersa un’irregolarità che va dal 66 per cento della prima ispezione, al 57 per cento della seconda e al 53 per cento della terza.

“In due mesi sono state effettuate quasi la metà delle ispezioni fatte in tutto il 2023 - racconta Hardeep Kaur, segretaria generale Flai Latina -. Peccato però che non si sia dato seguito e si sia ritornati nell’ordinarietà delle ispezioni che sono solo il doppio, in un intero anno, di quelle compiute in tre azioni tra luglio e agosto. Da allora ci chiamano operai agricoli da tutta Italia, inviando anche la loro posizione e denunciando la stessa condizione di sfruttamento di Satnam”.

200 mila irregolari

“Siamo davanti a una vera e propria emergenza che vede 200 mila lavoratrici e lavoratori irregolari nell’agricoltura italiana, con paghe da fame – afferma Jean René Bilongo, presidente dell’Osservatorio Placido Rizzotto -. Questo in un settore come quello dell’agroindustria, che pure vale 73,5 miliardi di euro, di cui circa la metà proprio nella produzione e raccolta di frutta, verdura e ortaggi destinati alle nostre tavole”.

Sul fronte dell’incontro domanda-offerta manca una risposta dello Stato, che da anni il sindacato invoca: il governo non ha all’ordine del giorno la questione di un collocamento pubblico che possa dare questo servizio non solo ai lavoratori ma anche alle imprese.

“Molto spesso questi i lavoratori entrano attraverso i flussi chiamati dalla aziende – denuncia Francesca Re David, segretaria confederale Cgil -. Le aziende spariscono un secondo dopo e i lavoratori senza un contratto entrano in clandestinità. Noi abbiamo chiesto che venga riconosciuto un permesso per ricerca di lavoro, l’esistenza sul territorio e che qualcuno controlli il rapporto tra la quantità di terra lavorata e la quantità di braccia e teste necessarie per fare quel lavoro”.

“La filiera dell’illegalità mortifica il lavoro, toglie dignità alle donne e agli uomini che con il loro impegno quotidiano mandano avanti il Paese. E a essere sbagliato è lo stesso modello di sviluppo, che va cambiato. Lo sfruttamento e il caporalato non interessano solo il settore primario, sono una pratica costante in tanti settori produttivi”.

Lotta all’illegalità

Delinea un quadro preciso dei problemi che affliggono il settore dell’agricoltura Giovanni Mininni, segretario generale Flai Cgil, alla presentazione del settimo rapporto Agromafie e caporalato realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai, a Roma il 4 dicembre. E aggiunge: “Ci sono troppi pochi controlli, sono cresciuti solo dopo l’eco che ha avuto nel Paese il terribile omicidio di Satnam Singh. Le imprese che si nutrono dell’illegalità non devono essere aiutate, distorcono il mercato e penalizzano gravemente le imprese virtuose”.

Pochi controlli

Le ispezioni sono poche, pochissime, e invece sono un fattore determinante: in quelle che sono seguite all’omicidio dell’operaio agricolo Satnam Singh, tre diverse operazioni delle forze dell’ordine il 3 luglio, il 25 luglio e nei primi 10 giorni di agosto 2024 in 1.377 aziende agricole, è emersa un’irregolarità che va dal 66 per cento della prima ispezione, al 57 per cento della seconda e al 53 per cento della terza.

“In due mesi sono state effettuate quasi la metà delle ispezioni fatte in tutto il 2023 - racconta Hardeep Kaur, segretaria generale Flai Latina -. Peccato però che non si sia dato seguito e si sia ritornati nell’ordinarietà delle ispezioni che sono solo il doppio, in un intero anno, di quelle compiute in tre azioni tra luglio e agosto. Da allora ci chiamano operai agricoli da tutta Italia, inviando anche la loro posizione e denunciando la stessa condizione di sfruttamento di Satnam”.

200 mila irregolari

“Siamo davanti a una vera e propria emergenza che vede 200 mila lavoratrici e lavoratori irregolari nell’agricoltura italiana, con paghe da fame – afferma Jean René Bilongo, presidente dell’Osservatorio Placido Rizzotto -. Questo in un settore come quello dell’agroindustria, che pure vale 73,5 miliardi di euro, di cui circa la metà proprio nella produzione e raccolta di frutta, verdura e ortaggi destinati alle nostre tavole”.

Sul fronte dell’incontro domanda-offerta manca una risposta dello Stato, che da anni il sindacato invoca: il governo non ha all’ordine del giorno la questione di un collocamento pubblico che possa dare questo servizio non solo ai lavoratori ma anche alle imprese.

“Molto spesso questi i lavoratori entrano attraverso i flussi chiamati dalla aziende – denuncia Francesca Re David, segretaria confederale Cgil -. Le aziende spariscono un secondo dopo e i lavoratori senza un contratto entrano in clandestinità. Noi abbiamo chiesto che venga riconosciuto un permesso per ricerca di lavoro, l’esistenza sul territorio e che qualcuno controlli il rapporto tra la quantità di terra lavorata e la quantità di braccia e teste necessarie per fare quel lavoro”.

 

Cisl sottolinea "l’importanza di una gestione pubblica di questi servizi". Cgil e Uil: "No alla privatizzazione, sia salvaguardato il ruolo e l’operatività dell’Asp"

"No alla privatizzazione dell'Asp dell'area faentina": questo il grido di protesta che arriva da Cgil, Cisl e Uil. Secondo quanto riferiscono i sindacati, lo scorso 28 novembre i sindaci della Romagna Faentina avrebbero confermato alle organizzazioni sindacali "il percorso di coprogettazione che sta interessando l’Asp (Azienda pubblica di servizi alla persona) del territorio, con l’obiettivo di costituire una società consortile, a partecipazione pubblica e privata, candidata quale soggetto gestore dei servizi agli anziani non autosufficienti erogati nelle strutture accreditate del distretto".

"La riunione di fatto non ha aggiunto elementi sostanziali di novità sul progetto già illustrato in precedenza", ribadiscono i sindacati che, nei mesi scorsi, hanno espresso forti dubbi e preoccupazione "per l’abbandono di una esperienza pubblica diretta nella produzione ed erogazione di questi servizi, facendo inoltre venir meno la finalità prevista dalla legge regionale che ha istituito le Asp - sottolineano Cgil e Uil - ossia quella di rappresentare l’esperienza pubblica del sistema di produzione ed erogazione dei servizi per le persone, parte essenziale della rete integrata dei socio-sanitari, indispensabile per la qualificazione dei servizi e del lavoro. Oltre a questi aspetti, sono colpevolmente mancate anche le risposte alle sollecitazioni e alle richieste formulate in precedenza dalla parte sindacale".

"Visto che tuttora il progetto è al vaglio della Corte dei Conti - prosegue la Cisl - ci saremmo aspettati anche l’indicazione di un’ipotesi alternativa, coerente con le premesse enunciate, e risposte chiare alle richieste che abbiamo avanzato nel corso di una discussione avviata solo dopo nostre sollecitazioni: confronto sulle risorse che si renderanno disponibili, evoluzione delle rette, tutele del personale dipendente ed interinale, salvaguardia nel tempo non solo di una governance pubblica ma anche di esperienza e personale pubblico sul campo, relazioni sindacali con il nuovo soggetto giuridico. Tutto ciò è colpevolmente mancato".

"L’Asp mostra senza dubbio gravi difficoltà economiche - continua Cisl Romagna - nel periodo 2018-2023 oltre 1 milione di euro di perdite, nonostante 1,1 milione di euro di contributi straordinari da parte dei comuni e il temporaneo mancato computo degli ammortamenti negli ultimi 4 anni per circa 1,4 milioni di euro. Tra le cause certamente il ritardo con cui si è giunti ad un’unica Asp distrettuale, un sistema di accreditamento che ha messo in competizione soggetti con costi di base diversi, la mancata attribuzione di un consistente numero di posti letto coperti dal fondo regionale non autosufficienza, il fallito tentativo di riequilibrare posti accreditati a gestione pubblica e privata a seguito di sentenza del Consiglio di Stato. Non ci sono stati interventi risolutivi rispetto al divario di costi tra gestione pubblica e gestione privata".

Il 16 dicembre è fissato un nuovo incontro, rispetto al quale i sindacati richiedono risposte chiare dai comuni dell'area faentina. Cgil e Uil affermano che "in mancanza di riscontri positivi", saranno valutate "le eventuali iniziative da intraprendere per la salvaguardia del ruolo e dell’operatività dell’Asp nell’interesse della comunità dell’area faentina". A sua volta Cisl Romagna ribadisce "l’importanza di una gestione pubblica di questi servizi", dichiarandosi disponibile a un confronto sulle "soluzioni che possono complessivamente garantire al meglio il livello dei servizi e le condizioni di fruizione, il personale che li eroga, il miglior impiego delle risorse, un ruolo pubblico nel governo e nella produzione di questi servizi".

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Asp faentina verso la privatizzazione? I sindacati: "Forti dubbi sul progetto, sia fatta chiarezza"
https://www.ravennatoday.it/economia/asp-faentina-verso-la-privatizzazione-i-sindacati-forti-dubbi-sul-progetto-sia-fatta-chiarezza.html
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