All’ennesimo pugno duro del ministro dei Trasporti, risponde Gabrielli: “Dà i numeri, ma non rimuove le cause della nostra protesta"
“Prendiamo atto che in questo tentativo di conciliazione per il quale siamo stati convocati, il ministro non era interessato a conoscere le ragioni tecniche e normative e le motivazioni del perché abbiamo ritenuto di confermare lo sciopero generale nei tempi e nelle modalità che con cui lo abbiamo proclamato”. Così la segreteria nazionale della Cgil, Maria Grazia Gabrielli, dopo la decisione del ministro dei Trasporti Matteo Salvini di precettare lo sciopero di venerdì 29 novembre.
Sempre a detta della segretaria della Cgil “quindi difatti il ministro ha confermato la sua volontà di aderire alla segnalazione fatta dalla Commissione di garanzia”, ma “senza dare elementi di come in realtà si sia arrivati a poter dire che siamo di fronte a una violazione e a un grave pregiudizio di questa natura”. “Si potevano trovare altre modalità di confronto – ha concluso - evidentemente però non si ha interesse a trovarle”.
Dello stesso avviso anche il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri: “Noi rispettiamo le regole: impugneremo la precettazione e, quindi, ci rivolgeremo alla magistratura”.
“Invece di dare i numeri, il ministro Salvini si dovrebbe domandare perché ci sono tante lavoratrici e lavoratori che sono costretti a scioperare per rivendicare i loro diritti e un salario adeguato”. Così torna ad intervenire in una nota Maria Grazia Gabrielli.
“Dalle nostre rilevazioni, nel tpl, dove operano nel territorio nazionale circa mille aziende tra pubbliche e private, negli ultimi 24 mesi - precisa - la media mensile è stata di 17 scioperi. Nei 19 mesi del governo Gentiloni, dal 2016 al 2018, la media mensile degli scioperi è stata pari a 22. Mentre, durante il governo Renzi, in 34 mesi, la media mensile è stata di 18 scioperi”.
Per Gabrielli dunque: “Se la questione centrale diventa la quantità degli scioperi e non le cause la questione non è più quella del contemperamento degli interessi, che anche la legge tutela, ma si vuole limitare il diritto di sciopero. Al ministro bisogna inoltre ricordare - aggiunge la segretaria confederale - che gli scioperi vengono proclamati nel rispetto delle fasce di garanzia e dei presidi minimi dei servizi a tutela degli utenti. L’oggetto della discussione che riguarda il 29 novembre è la compressione dello sciopero generale e delle sue regole – conclude , ma al ministro conviene far finta di non capire”.
Il segretario generale Cgil: “È la condizione per creare un nuovo modello di sviluppo. Lo sciopero generale è per la crescita di tutto il Paese”
“L’aumento dei salari è la condizione per affermare anche un nuovo modello di fare impresa, un nuovo modello economico e sociale”. Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in conferenza stampa commentando le anticipazioni del report sui salari, a cura della Fondazione Di Vittorio. “Bisogna riequilibrare ciò che è successo in questi anni – ha aggiunto –ossia un aumento dei profitti e della ricchezza in mano a pochi, che è proprio quello che sta facendo arretrare il nostro Paese”.
Questo è punto fondamentale, per il leader di Corso d’Italia: “Quello che succede intorno a noi e nel rapporto con gli altri Stati in Europa e nel mondo, indica un passaggio di fase: i modelli sociali e produttivi. Rimettere al centro il lavoro e le persone significa rimettere al centro le loro condizioni. La crescita dei salari non è solo un elemento di giustizia sociale, ma il fulcro di un nuovo modello economico e di crescita”.
Landini ha parlato dei “guasti” prodotti in questi anni e della necessità di invertire la rotta. “Si sono moltiplicati i contratti nazionali, oggi sono circa mille e non si è mai affrontato il tema della legge sulla rappresentanza. Non solo si sono impoveriti gli stipendi e le persone, ma tutto il Paese. Abbiamo avuto una crescita di livelli di precarietà senza precedenti, insieme a una legislazione che ha favorito in tutti i settori, attraverso i subappalti e le finte cooperative, un ridisegno del modello di impresa basato sulla competizione a ribasso. Un modello – inoltre – che ha favorito l’aumento dello sfruttamento, lavoro nero e ampie fasce di illegalità, portando la criminalità organizzata in ampie fette di economia illegale. La legislazione non ha aiutato”.
C’è poi un secondo punto fondamentale. “Negli stipendi c’è una situazione diversificata nei settori industriali, va un po’ peggio nel terziario e servizi, in tutto il settore pubblico lo scenario è pessimo. Qui va detto in modo esplicito: quando anche l’Istat dice che a inizio 2024 c’è una crescita dei salari, ciò è frutto dei rinnovi dei contratti nazionali che finora hanno escluso i lavoratori pubblici. Di fronte a un’inflazione del 17%, il governo indica un aumento non superiore al 6%: significa sancire una perdita strutturale non più recuperabile, cioè una riduzione programmata ulteriore del potere d’acquisto dei salari. Così si manda anche un’indicazione a chi rinnova i contratti: il governo è il primo che non inverte la tendenza sui salari, quindi invita tutti a proseguire sulla via dell’abbassamento dei salari. C’è una doppia responsabilità: politica per il messaggio che si lancia, ma anche sostanziale perché si colpiscono i salari”.
Da parte sua, la Cgil ha una richiesta precisa: “Abbiamo chiesto di concentrare gli incentivi, anche come detassazione degli aumenti, tutti sui contratti nazionali di lavoro. Oggi sono presenti tre milioni di lavoratori in meno, portarli alla regolarità non significa solo trattare meglio le persone, ma anche avere maggiori entrate fiscali”.
Allo stesso tempo, ha aggiunto Landini, “non si affronta la moltiplicazione dei contratti, per farlo bisogna arrivare a una legge sulla rappresentanza. Solo in questo modo si può dare una validità erga omnes ai contratti, affinché quelle regole salariali e normative contenute nei contratti diventino la base sotto la quale nessuno può andare. Noi abbiamo scritto una lettera al presidente del Consiglio e ministro del Lavoro: entro il 15 novembre tutti i Paesi dovevano recepire la direttiva europea sul salario minimo, che affronta anche il numero dei contratti. Anche l’introduzione in Italia del salario minimo va affrontata”. Il testo della direttiva forniva peraltro l’indicazione del confronto tra governo e parti sociali.
Sono tutti nodi sul tavolo ma, fa notare il segretario, “oggi non c’è stato alcun confronto con l’esecutivo e non c’è alcuna volontà in questo senso. Hanno tentato di appaltare furbescamente la questione al Cnel, sminuendo il ruolo di tutte le parti sociali, sia i sindacati che le imprese. Nel frattempo il governo ‘festeggia’ i contratti pirata: non è un caso ma indica una volontà politica”.
Tra le ragioni che hanno portato allo sciopero generale del 29 novembre, proclamato da Cgil e Uil, “una rivendicazione centrale è proprio un nuovo modello sociale e di fare impresa. Ci sono quasi sei milioni di lavoratrici e lavoratori che non superano gli 11.000 euro l’anno, molti svolgono part-time involontario: c’è una povertà anche dentro il mondo del lavoro, insomma si è poveri lavorando. Pensare di allargare la possibilità delle imprese di scegliere lavoro precario – come fa il governo – vuol dire continuare a scegliere il modello sbagliato basato su queste caratteristiche”.
Landini è poi tornato a parlare di fisco. “La riforma fiscale va all’opposto della necessità e continua a disegnare una distribuzione della ricchezza a danno del lavoro dipendente”. Secondo le stime del report l’80% degli utili nel privato e nel terzario va in dividendi, non in nuovi investimenti. “Uno dei problemi è proprio il ritardo negli investimenti. Intanto il lavoro dipendente è tassato fino al 43%, nel tempo si è andati verso una tassazione piatta di profitti e rendite che gradualmente si è anche abbassata. In altre parole: io che lavoro sono tassato al 43%, il profitto che produco viene tassato la metà”.
Il sindacato non si rivolge solo ai lavoratori, ma a una platea più ampia: “Vogliamo parlare a tutte le forze economiche, politiche e sociali del Paese: continuare con questa prospettiva significa portare a sbattere l’Italia”.
Il leader Cgil si è soffermato sullo sciopero generale: “Lo sciopero prima di tutto è un disagio per chi lo fa, perché rinuncia a una giornata di lavoro e retribuzione – ha affermato –. Dietro alla nostra mobilitazione c’è una rivendicazione che riguarda la crescita reale del nostro Paese, la lotta vera alle diseguaglianze, un nuovo modello sociale, economico e di investimento. Pensiamo ai giovani che stanno pagando il prezzo più elevato, vivono la precarietà come condizione normale, molti diplomati e laureati lasciano l’Italia. Così il Paese perde intelligenza e sta invecchiando. Il governo racconta balle rispetto ai problemi seri da affrontare. Le nostre rivendicazioni le poniamo al centro della discussione, ponendole anche all’attenzione delle imprese”.
Rispondendo ad alcune domande, infine, Landini ha ribattuto su alcune “perplessità” espresse da membri del governo sullo sciopero. A proposito delle dichiarazioni di Salvini: “Non so cosa intenda il ministro Salvini per ‘sciopero selvaggio’, non so se il termine era autobiografico. Noi con la Uil abbiamo semplicemente proclamato lo sciopero nel rispetto delle regole e garantiamo i servizi previsti dalla legge”. Sul settore sanitario: “La sanità è al collasso, medici e infermieri si fanno il mazzo, trovo stupido e irresponsabile fare una discussione su quanti sono quelli che scioperano. I ministri devono avere più rispetto”.
Legambiente aderisce ed invita associazioni, comitati, cittadine/i a partecipare a questa e altre iniziative di mobilitazione che, come questa, è costruita su una piattaforma precisa (allegata) che non si limita a denunciare specifiche responsabilità e ritardi, che pure ci sono da varie parti, ma chiede a tutti la necessità di un cambio di passo.
Oggi (quasi) nessuno può negare gli effetti del cambiamento climatico in atto, ma questo significa contenere le cause che lo determinano e progettare a tutti i livelli i necessari “adattamenti” nei territori.
Giustamente si è sottolineato che questa emergenza non riguarda semplicemente i cittadini che sono stati più volte colpiti dagli eventi alluvionali, ma è un problema dell'intera comunità, per questo insistiamo nel sollecitare il coinvolgimento non semplicemente dei diversi comitati, ma di tutte le realtà della società civile: associazioni sociali, sindacali, delle varie forme volontariato, che continua ad essere attivo.
Anche queste conoscenze e competenze devono essere coinvolte nella definizione dei “Piani di protezione” per gli interi bacini idrografici dall'appennino, alla pianura, al mare.
Ad esempio, le esperienze dei “contratti di fiume”avviati, nelle nostre zone, nei bacini del Lamone, del Marzeno, del Senio possono essere assolutamente utili per la realizzazione del “Piano speciale per la ricostruzione” (ancora non approvato definitivamente).
Questo, assieme a ristori giusti, una struttura commissariale adeguata e presente nel territorio, i necessari finanziamenti centrali che non sono stati definiti, stanno negli obiettivi della manifestazione del 7 dicembre.
Le adesioni possono essere segnalate a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
e, in particolare per la nostra zona, anche alla nostra ma il Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
perchè vogliamo essere parte attiva nell'organizzare la più ampia e unitaria mobilitazione per la messa in sicurezza dei nostri territori e una ricostruzione consapevole.
Circolo Legambiente Lamone
La Fisac lancia le sue dieci verità contro le dieci fake news dell’esecutivo per sostenere le ragioni dello sciopero generale del 29 novembre. Susy Esposito: “Non dobbiamo essere indifferenti”
La Fisac Cgil lancia una campagna social a sostegno dello sciopero generale del 29 novembre per smascherare le bugie del governo. Una sorta di fact checking, ovvero di verifica dei fatti, sulla manovra di bilancio e sulle fallaci dichiarazioni dell’esecutivo per smontare la sua narrazione tossica.
Come? Con la fredda verità dettata dai numeri, nonché dalle misure previste nero su bianco dalla manovra di bilancio. Di seguito la prima bugia, quella sulla sanità.
Diversi i temi al centro della campagna: si va dal finanziamento (inadeguato) al servizio sanitario nazionale al peggioramento della legge Monti-Fornero, dal caro vita alle questioni fiscali, dal lavoro al (mancato) intervento sugli extraprofitti, e altro ancora. In totale dieci bugie, tra le tante di questo governo, che accompagneranno il percorso di mobilitazione della categoria, fatto di assemblee con le lavoratrici e i lavoratori del settore, fino allo sciopero generale del 29 novembre.
Un’occasione, sostiene la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, per accendere un faro sulla distorta propaganda di questo governo e provare a sistematizzare la mole, oramai enorme, di falsità che vengono propinate. “Vogliamo fornire alle lavoratrici e ai lavoratori, in forma semplificata eppure aderente alla realtà, almeno dieci ragioni per sostenere le ragioni dello sciopero, contro le scelte ingiuste e sbagliate di questo governo. È il momento per ognuno di noi di non essere indifferenti e di farsi avanti. Come dice il nostro segretario generale Maurizio Landini: non voltarsi dall’altra parte rispetto alle diseguaglianze e mettersi insieme per cambiare le cose”, spiega.
Tutte le ragioni messe in campo da 24 organizzazioni per opporsi a un’opera inutile, dannosa e costosa, che in manovra ha già incassato un aumento di risorse
L’ultima sul ponte sullo Stretto? Che costerà ancora di più. Incassato il primo via libera dal ministero dell’Ambiente, il progetto ottiene in manovra di bilancio un aumento di risorse di tre miliardi: da 11,6 a 14,7 miliardi. È uno dei tanti, tantissimi motivi per i quali associazioni, enti, partiti, sindacati hanno dato vita alla mobilitazione "No al ponte sullo Stretto" contro un'opera ritenuta inutile, dannosa e, appunto, costosa.
“Non è il Ponte l’opera necessaria che possa rilanciare lo sviluppo della Sicilia e della Calabria e dello stesso Mezzogiorno – si legge nel documento presentato in conferenza stampa a Roma dalla cordata di 24 organizzazioni, tra cui la Cgil -. Infinite a oggi sono state le forzature per costruire un percorso che ne favorisse la realizzazione. Va inoltre aggiunto che nessuna effettiva risposta è stata data all’enorme problematicità della gestione dei 17 cantieri disseminati in tutta l’area dello Stretto e alla pressione del volume di traffico che sarà generato, che metterà in crisi, per anni, le città di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni. Poi c’è la delicatissima questione dell’approvvigionamento idrico, già oggi drammaticamente in crisi”.
Le associazioni promotrici dell’iniziativa No ponte sullo Stretto snocciolano tutte le criticità: dalla questione degli espropri alle osservazioni sul pericolo sismico e sulla presenza di una faglia attiva, che non hanno mai ricevuto risposta; dalle previsioni occupazionali, che poggiano su basi fantasiose, al bisogno che hanno Sicilia e Calabria di infrastrutture ferroviarie, a cui il Ponte non dà certo riscontri; dal dissesto idrogeologico ai disservizi della rete di approvvigionamento e distribuzione dell’acqua in Sicilia, che non sono considerati una priorità da affrontare.
“Il Mezzogiorno non può ridursi a una mera questione di infrastrutture – si legge nel documento - ma non c’è dubbio che per dare qualità a una nuova stagione di programmazione sia necessario dare risposta al grande tema della mobilità e della comunicazione, sia all’interno dell’area meridionale che nella Unione Europea”.