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Il report Civil Liberties Union for Europe e la cronaca delle ultime settimane mettono in allarme. Una denuncia che la Rete internazionale dei sindacati antifascisti già lanciava nel suo Manifesto

IMAGOECONOMICA

 

L’Italia sta smantellando lo stato di diritto. Pochi giorni fa il rapporto della Civil Liberties Union for Europe (Liberties) ha messo in evidenza come il nostro paese sia tra i cinque paesi europei – insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia – dove si registra un preoccupante arretramento democratico.

Democrazie europee in pericolo

Secondo il rapporto, la democrazia è in pericolo a causa delle ultime scelte del governo: le interferenze politiche nella magistratura, l’indebolimento dell’applicazione delle leggi anticorruzione, l’attacco ai media e la censura nei confronti dell’informazione pubblica. 

E al di là di quanto contenuto nel rapporto, l’ultimo attacco frontale al Manifesto di Ventotene da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha messo in luce l’antieuropeismo dei partiti di maggioranza e la volontà di rinnegare la storia nazionale e internazionale. 

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La recessione democratica dell'Europa – spiegano nella sesta edizione del Rapporto sullo Stato di diritto – si è aggravata nel 2024. Le tendenze autoritarie si sono rese visibili nelle violazioni di giustizia, corruzione, libertà dei media, controlli, equilibri, spazio civico e diritti umani.
Ma si sa, tutto il mondo è Paese, e almeno in questo l’Unione Europa non è sola. Anche oltre oceano la situazione non è delle migliori.

America e Argentina, quali democrazie?

Per quanto riguarda le politiche di Donald Trump e Javier Milei ad esempio, sono preoccupanti le tendenze in merito ai diritti civili e all’istruzione.
Negli Stati Uniti, la nuova amministrazione Trump, tra le tante azioni che ha deciso di mettere in campo c’è quella contro le scuole e le università: il tycoon sta tentando di eliminare il dipartimento per l’Istruzione, che tra le altre cose gestisce i finanziamenti per borse di studio, prestiti universitari per chi ha redditi bassi, programmi per persone con disabilità, fondi per le scuole pubbliche.

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In Argentina, solo per citare una delle ultime notizie che ha destato preoccupazione, il governo di Javier Milei ha inserito in Gazzetta Ufficiale un documento dove le persone con disabilità cognitive vengono definite “ritardati”, “idioti”, “imbecilli” e “mentalmente deboli”.

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La repressione delle libertà

Sempre in tema di diritti, tornando in Europa, in Ungheria, il Parlamento – con 136 voti favorevoli e soli 27 contrari – ha approvato la legge, presentata dal governo di Viktor Orbán, che rende illegali i Pride sulla base legge approvata nel 2021 contro la "promozione ed esibizione" dell'omosessualità ai minori.
In Turchia invece 300 mila persone sono scese in piazza per protestare contro
l’arresto di Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul e avversario del presidente Erdogan. Arrestato con l’accusa di corruzione e terrorismo insieme a quasi cento suoi collaboratori e membri del partito, Imamolglu ha chiesto alla magistratura di “non restare in silenzio” di fronte a quella che ha definito “una tirannia”.

La rete dei sindacati antifascisti

Questi sono solo alcuni degli ultimi eventi di cui si hanno notizie ma la democrazia sembra essere in pericolo da diversi anni. In tutto il mondo, infatti, le forze di estrema destra, nazionaliste e sovraniste promuovono idee di discriminazione, intolleranza, repressione e limitazione delle libertà.
Una denuncia che la Rete Internazionale dei Sindacati Antifascisti, promossa dalla Cgil e nata dopo l’assalto squadrista del 9 ottobre 2021 alla sede del sindacato, già segnala da tempo.

Nel suo Manifesto, presentato nel 2022 la rete denunciava “l’allarmante incremento anno dopo anno di movimenti neofascisti e di estrema destra” e “richiami alle peggiori esperienze del passato o attraverso sigle e movimenti nuovi che da quel passato traggono però ispirazione”.
Un fenomeno, é scritto sul manifesto, “che si articola in modi diversi paese per paese, secondo le esperienze storiche e le condizioni sociali locali, ma ha una chiara matrice identica nella negazione delle libertà e dei diritti universali e mantiene un profondo legame transnazionale: non solo nelle relazioni e nei richiami, ma nelle finalità, nelle strategie e nelle modalità di proselitismo”.
Movimenti e governi che “insidiano le democrazie attraverso l’esaltazione di un sistema totalmente disintermediato, costruito nel rapporto diretto leader forte-popolo”.
E proprio per contrastare questa deriva che i sindacati di diversi paesi si sono uniti nella Rete con l’obiettivo di creare “una dimensione collettiva ed internazionale, dunque, universale, unica in grado di costruire per tutte e tutti le risposte necessarie al superamento delle ingiustizie e disuguaglianze”.

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Costruire una rete sempre più ampia che possa coinvolgere sindacati, associazioni, cittadine e cittadini che credono nei principi democratici e antifascisti. La difesa dell’Europa di Ventotene e del mondo libero, più che dal riarmo, passa da qui.

legambiente-faenza-progetto-stazione

Abbiamo visto come recentemente l'area in via Fratelli Rosselli, 5 - che comprende un vecchio rudere e uno spazio non costruito dove da tempo stava il cartello “ville con giardino” - sia stata di nuovo recintata e sono apparsi cartelli: uno dal titolo “opere di restauro e risanamento conservativo”, e altri che invece indicano l’opera quale “Ristrutturazione edilizia e riplasmazione del volume di 1 unità abitativa e realizzazione di ulteriori unità abitative”.

Ora, come è noto, l'area in questione è inserita tra quelle allagate negli eventi di maggio 2023, il Piano Speciale preliminare redatto a seguito degli eventi alluvionali di maggio 2023, “esclude nuove costruzioni nelle aree allagate“.

Ci chiediamo, pertanto, come possa essere stato concesso il permesso di costruire in questa zona a rischio; peraltro in quest'area si sono accumulati rifiuti di varia natura, e anche altri rifiuti, i quali, più che essere il solo frutto dell’alluvione sembrano potersi considerare probabili residui di altri cantieri edili, che diversi camion hanno cercato di scaricare, e in parte ci sono riusciti, prima che alcuni cittadini segnalassero l’illecita attività.

Non è la prima volta che Legambiente si occupa di questa incomprensibile situazione; lo fece una prima volta alla fine del 2023, documentando lo stato dei lavori di allora con un articolo pubblicato nel proprio sito web, articolo che documentava altre tre situazioni paragonabili a questa, in Via Renaccio, in zona Ghilana ed in Via Chiarini.

 

https://www.legambientefaenza.it/alluvione-romagna-2023/2023/11/non-si-puo-ricostruire-come-prima-o-no/

 

 

 

 

Sabato 15 marzo a Roma attorno alla bandiera della pace e del disarmo

DISARM EUROPE!

Incontriamoci alle 14.30 vicino al bar Rosati di piazza del Popolo

L’invasione russa dell’Ucraina è un crimine. Difendere l’Ucraina è giusto. 

Difendere la legalità e il diritto internazionale è un dovere degli Stati. Sempre e ovunque. Senza usare due pesi e due misure. In Ucraina come a Gaza.

Ma continuare la guerra è il modo più sbagliato e inconcludente per farlo.

La guerra e la propaganda di guerra sono vietate dal diritto internazionale dei diritti umani.

L’Europa doveva prevenirla. E non l’ha fatto. Voleva vincerla. E non c’è riuscita. E ora vorrebbe trascinarci in una devastante corsa al riarmo che fatalmente finirà col distruggere anche quel che resta dell’Europa.

Che fare ora?

Non possiamo lasciare che la carneficina continui.

Non possiamo lasciare che l’Europa precipiti in uno stato di guerra permanente.

Non possiamo permetterci una folle e sconclusionata corsa al riarmo che alimenterà la disperazione, i nazionalismi e l’autoritarismo.

Non possiamo permetterci la militarizzazione delle nostre vite, dell’economia e dei nostri paesi.

Non possiamo lasciare che ci tolgano anche la salute, la libertà e la democrazia.

Siamo realisti!

Trump ha riaperto il negoziato con Putin. Non ci piace -per niente- il modo in cui lo sta facendo. Ma dobbiamo fermare la carneficina e le conquiste militari e salvare quel che resta dell’Ucraina.

Questo è il momento di fare quello che non è ancora stato fatto: “lavorare per la pace”. Anche se molti non sanno nemmeno cosa voglia dire.

Nel nome del rispetto della dignità di ogni persona e della vita umana, della legalità e del diritto internazionale; nel superiore interesse dei bambini e delle bambine, per il bene dell’umanità, l’Europa torni ad essere uno “strumento di pace”! Per noi, per tutti i popoli oppressi e per il mondo intero. 

La via della pace -lo ripetiamo- è la via della legalità, del diritto internazionale e del multilateralismo. Ridiamo forza alle Nazioni Unite. Organizziamo una nuova Conferenza di Helsinki che, come 50 anni fa, dia nuovo avvio alla costruzione in Europa di un nuovo sistema di sicurezza comune, dall’Atlantico agli Urali, basato sul disarmo, i diritti umani, il diritto all’autodeterminazione dei popoli e i diritti delle minoranze. Costruiamo l’Economia di Francesco, l’economia della pace e della fraternità.

Non basterà dire “Europa, Europa” per evitare l’inferno (vedi il doc. del 3 marzo 2025). L’Europa riscopra la sua ragion d’essere e faccia quello per cui è stata creata: la pace. La bandiera dell’Europa e la bandiera della pace camminano insieme.

Marco Mascia, Presidente Centro Diritti Umani “Antonio Papisca” – Università di Padova

Flavio Lotti, Presidente Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace

13 marzo 2025

* * *

Leggi cosa hanno detto Simone Veil e Alcide De Gasperi.

“Tutti i suoi Stati membri si trovano ora di fronte a tre grandi sfide: la sfida della pace, la sfida della libertà e la sfida della prosperità, e sembra chiaro che esse possano essere affrontate solo nella dimensione europea. Iniziamo con la sfida della pace. Il periodo di pace di cui abbiamo goduto in Europa è stato una fortuna incredibile, ma nessuno di noi dovrebbe sottovalutarne la fragilità. La nostra Assemblea ha una responsabilità fondamentale per mantenere la pace, che probabilmente è la risorsa più importante di tutta l’Europa. La tensione che prevale nel mondo di oggi rende questa responsabilità ancora più grave, e la legittimità conferita a questa Assemblea dall’elezione a suffragio universale, speriamo, ci aiuterà a farcene carico, e a diffondere questa nostra pace nel mondo esterno”. (Dal discorso di Simone Veil, Presidente del primo Parlamento europeo eletto a suffragio universale e diretto, 17 luglio 1979)

 

"Qualcuno ha detto che la federazione europea è un mito. È vero, è un mito nel senso soreliano. E se volete che un mito ci sia, ditemi un po’ quale mito dobbiamo dare alla nostra gioventù per quanto riguarda i rapporti fra Stato e Stato, l’avvenire della nostra Europa, l’avvenire del mondo, la sicurezza, la pace, se non questo sforzo verso l’unione? Volete il mito della dittatura, il mito della forza, il mito della propria bandiera, sia pure accompagnato dall’eroismo? Ma noi, allora, creeremmo di nuovo quel conflitto che porta fatalmente alla guerra. Io vi dico che questo mito è mito di pace; questa è la pace, questa è la strada che dobbiamo seguire". (Dal discorso di Alcide De Gasperi al Senato della Repubblica, 15 novembre 1950)

 

“Noi abbiamo scelto come presidenza nazionale dell’Arci di non stare nella “Piazza per l’Europa” di Serra per dare il segnale che la difesa della nostra Europa dev’essere trasparentemente una difesa basata sulla difesa della pace, del disarmo, del principio del negoziato, dei diritti, della giustizia sociale e sull’idea che la sicurezza non può essere basata sulle armi ma dev’essere basata sul principio della sicurezza comune e condivisa.” 

Raffaella Bolini, vicepresidente nazionale dell’Arci, spiega con queste parole a Radio la scelta della sua associazione di non partecipare alla discussa piazza lanciata da Michele Serra su Repubblica, però ritiene che vadano superate le differenti prese di posizione rispetto a questo appuntamento per dar vita ad un movimento unitario.

“Ad opporsi a Rearm Europe siamo in tantissimi, però il 15 marzo non staremo tutti assieme perchè c’è chi, opponendosi fortemente al riarmo europeo, ha deciso comunque di andare nella piazza convocata da Serra con una propria posizione e con le bandiere pacifiste; c’è chi non starà in quella piazza; c’è chi andrà nella piazza alternativa a Roma; e c’è chi non andrà nemeno in quest’ultima piazza perchè pensa che non sia il caso di fare una manifestazione in contemporanea nello stesso giorno.”

Dopo questa presa d’atto la vicepresidente dell’Arci  invita superare le divisioni. “saremo sparpagliati il 15 marzo ma noi invitiamo a non lacerarsi perchè la cosa più importante e cominciare a fare la lotta contro il  Rearm Europe mettendo insieme tutte le forze che abbiamo in Italia e in Europa per mettere in campo un vero movimento unitario, grande e forte, sia in Italia che in europa.

L’appello che mi sento di fare è: discutiamo e litighiamo pure ma non laceriamoci perchè abbiamo bisogno di metterci tutti insieme in una gigantesca campagna che dica Stop Rearm Europe.”

L’intervista a Raffaella Bolini vicepresidente dell’Arci Nazionale

Mentre i lavoratori europei affrontano salari stagnanti, licenziamenti e il progressivo smantellamento dello stato sociale, Bruxelles stanzia 800 miliardi per le spese militari. Un fiume di denaro sottratto ai fondi di coesione e, in gran parte, destinato all’acquisto di armi made in Usa. Uno scandalo economico e politico, una resa incondizionata all’industria bellica, mentre la crisi sociale continua a mordere milioni di cittadini.

Non è un mistero che l’Unione, nel pieno di una crisi geopolitica, stia rincorrendo il riarmo con una frenesia che ricorda le pagine più oscure della Guerra Fredda. Ma la domanda è: chi ci guadagna? Sicuramente non i lavoratori europei, che vedono quei fondi sottratti a politiche industriali, sanità pubblica e istruzione. Sicuramente non i cittadini, che subiscono tagli ai servizi essenziali mentre i bilanci della difesa esplodono. A beneficiarne, invece, sono i colossi dell’industria bellica, perlopiù americani, che vedono schizzare alle stelle i loro profitti grazie agli acquisti europei.

Il vecchio (e malconcio) continente si sta trasformando in una caserma armata fino ai denti, ma priva di una visione politica autonoma. Siamo diventati la succursale bellica della Nato, incapaci di immaginare un modello di sicurezza diverso da quello imposto da Washington. E nel frattempo, il sogno europeo di un’Unione basata sulla pace, sul progresso sociale e sulla cooperazione si sgretola sotto il peso di bilanci di guerra.

I numeri parlano chiaro: il 70% di questi 800 miliardi verrà speso per armi, la maggior parte delle quali prodotte da aziende non europee. È una scelta miope e suicida. Perché quei soldi, se investiti in un grande piano industriale, avrebbero potuto creare milioni di posti di lavoro, rilanciare la manifattura europea, sostenere la transizione ecologica e digitale, finanziare scuole e ospedali.

Invece la strada scelta è quella della militarizzazione. E l’assurdità è che questa corsa al riarmo viene giustificata in nome della “difesa della democrazia”, mentre si smantellano diritti sociali e tutele conquistati con decenni di lotte. Che tipo di sicurezza è quella di un’Europa armata fino ai denti, ma incapace di garantire stipendi dignitosi ai suoi cittadini?

La verità è che il riarmo è l’alibi perfetto per nascondere l’assenza di una vera politica industriale e sociale europea. L’Unione è paralizzata da decenni sulla questione fiscale, incapace di varare una tassazione comune sui giganti della finanza e della tecnologia, impotente davanti alla speculazione energetica che ha fatto esplodere il costo della vita. Ma quando si tratta di finanziare le spese militari, la macchina burocratica di Bruxelles si muove con una rapidità sorprendente.

Si tratta di una scelta politica precisa: il denaro c’è, ma viene indirizzato altrove. Ai lavoratori, agli studenti, ai pensionati si dice che bisogna stringere la cinghia, che “non ci sono fondi” per salari e welfare. Ma per le armi, magicamente, i soldi saltano fuori.

Oggi, di fronte a questa deriva, non basta indignarsi. È necessario costruire un’alternativa. L’Europa ha bisogno di sicurezza sì, ma quella di un lavoro stabile, di un welfare pubblico forte, di un’industria sostenibile. Ha bisogno di una politica economica che rafforzi la sua autonomia strategica senza trasformarla in un magazzino di armi.

Il Patto per il dialogo sociale firmato tra sindacati, Commissione Europea e associazioni datoriali può essere un primo passo per rimettere al centro il lavoro e i diritti, ma deve tradursi in scelte concrete. E la prima scelta da fare è chiara: basta con l’Europa del riarmo, è tempo di ricostruire l’Europa sociale che alimenta la pace.

I dati 2023 ci consegnano un quadro con luci e ombre: più Comuni vicini all’obiettivo regionale del 120 kg/abitante/anno di rifiuti indifferenziati e all’80% di raccolta differenziata, ma in entrambi i casi siamo ancora sotto la metà del totale delle amministrazioni regionali In difficoltà soprattutto i Comuni di piccole dimensioni, ma anche alcune realtà turistiche importanti

SCARICA IL DOSSIER 

Si è tenuto questa mattina, presso il Salone Comunale del Comune di Forlì, la XVII Edizione di Ecoforum – Comuni Ricicloni dell’Emilia-Romagna, l’evento organizzato da Legambiente per discutere con gli attori protagonisti di economia circolare, smaltimento rifiuti e recupero di materie prime.
Dopo i saluti istituzionali dell’Assessore all’Ambiente del Comune di Forlì, Giuseppe Petetta, e di Simona Buda, Presidente di ALEA Ambiente e Filippo Santolini, Presidente del coordinamento Soci di ALEA, la prima parte della mattinata è stata dedicata al confronto la Regione e con alcune aziende sul tema della gestione dei rifiuti generati da eventi estremi, con un focus particolare sulle conseguenze delle alluvioni avvenute negli ultimi anni.

Sono intervenuti Cristina GovoniResponsabile Settore Tutela dell’Ambiente ed Economia Circolare Regione Emilia-Romagna, Marco Boselli, Direttore generale S.A.BA.R. Servizi, Giulio Renato, Direttore Centrale Servizi Ambientali e Flotte HERA e Gianluca Tapparini, Direttore Generale ALEA Ambiente.

  • La tendenza all’intensificazione degli eventi climatici estremi causata dal cambiamento climatico pone infatti una priorità nell’individuazione delle migliori pratiche che consentano di gestire i rifiuti che si creano laddove le azioni di adattamento non riescano ad azzerare i danni materiali. Basti pensare che una stima parziale relativa solo a 44 dei Comuni colpiti dalla prima alluvione parlava di già 100 mila tonnellate di rifiuti (vedi Ecoscienza numero 5 anno 2023 pagina 54 e seguenti) da gestire.
    Si tratta di un tema tutt’altro che limitato ai fenomeni alluvionali avvenuti in Romagna, dal momento che la distribuzione di questi eventi estremi è destinata ad ampliarsi in futuro, come segnalato dalla ricerca scientifica.

Nella seconda parte della mattinata sono stati presentati i dati della XVII edizione di Comuni Ricicloni, presentati da Emilio Bianco, coordinatore nazionale Comuni Ricicloni regionali e Davide Ferraresi di Legambiente Emilia-Romagna, con i contributi di Luca Piatto, Area Rapporti con il Territorio CONAI e Marco Versari, Presidente Biorepack.
Il dossier come ogni anno esamina la gestione dei rifiuti nei Comuni della regione, partendo dai dati forniti da ARPAE e dai questionari somministrati ai Comuni stessi da Legambiente. In questo dossier i dati raccolti fanno riferimento all’anno 2023.

L’analisi dei dati ARPAE ci restituisce un quadro con luci e ombre. Da un lato le percentuali di raccolta differenziata che per alcuni Comuni sfiora ormai il 95%, dall’altro si evidenzia una tendenza, anche in Comuni comunque virtuosi, all’aumento del quantitativo generale di rifiuto prodotto rispetto al 2022. Si tratta questa di una grandezza dipendente da fattori non omogenei e che possono variare nel tempo, e questo il segno della necessità di interventi più efficaci che possano aiutare cittadini e imprese nel loro impegno per la riduzione dei rifiuti che ogni giorno si producono. Se è stato constatato un aumento dei Comuni che hanno raggiunto l’obiettivo del Piano Regionale Rifiuti e Bonifiche di 120 kg/abitante/anno e 80% di raccolta differenziata, si segnala che comunque rappresentano ancora meno della metà del totale del Comuni della regione e che molte Amministrazioni sotto i 5.000 abitanti sono in grande ritardo su entrambi gli obiettivi.

Da segnalare che in tutti i Comuni più virtuosi per minor quantitativo di rifiuto indifferenziato prodotto e per maggiore raccolta differenziata è presente il sistema di tariffazione puntuale e che la raccolta avviene o totalmente porta a porta o con un sistema misto tra cassonetto stradale e porta a porta; la tariffazione puntuale e il porta a porta si dimostrano quindi i sistemi più efficaci per una migliore gestione del rifiuto, anche se per l’annualità considerata nel dossier non si sono viste variazioni significative nel numero di Comuni che hanno adottato questo sistema di tariffazione.

Dalla precedente edizione del dossier abbiamo deciso di inserire una stima dellapercentuale di materiali differenziati effettivamente riciclati, relativa ai soli Comuni capoluogo, che rappresentano peò una buona percentuale della popolazione regionale. I valori ottenuti partendo dai dossier ufficiali pubblicati descrivono una situazione decisamente migliorabile, se consideriamo che indicativamente un quarto  dei rifiuti differenziati viene scartato. Si tratta di un dato che dovrà essere affinato nei prossimi anni, anche tenendo conto della variabilità del tasso di riciclaggio in funzione del materiale (secondo i dati di ARPAE, questo valore passa dal 25% nel caso della plastica a oltre il 90% per il legno) e della correlazione tra le modalità di raccolta delle diverse frazioni e il grado di “impurità” presenti nelle rispettive raccolte differenziate.

All’interno del dossier sono state presentate anche le “Buone Pratiche” promosse dai Comuni dell’Emilia-Romagna in materia di riduzione dei rifiuti e promozione della raccolta differenziata.

L’indagine si è concentrata in particolare sulla riduzione dell’usa e getta nelle mense scolastiche e nelle sagre, sulle modalità di raccolta dei RAEE e dei rifiuti tessili, sulle attività di bonifica dell’amianto e sugli acquisti verdi delle Pubbliche Amministrazioni.

Per quanto riguarda l’abolizione della plastica monouso, solo 12 Comuni sui 45 rispondenti hanno segnalato di aver adottato una delibera per l’eliminazione dell’usa e getta in plastica. Sono invece 28 i Comuni sul territorio dei quali è presente almeno una mensa che utilizza solamente stoviglie riutilizzabili, principalmente in scuole materne. In 15 comuni vengono organizzate feste e sagre che fanno uso esclusivo di stoviglie riutilizzabili.

Relativamente alla raccolta dei RAEE, la metà dei Comuni hanno dichiarato la presenza di punti raccolta per rifiuti apparecchiature elettriche ed elettroniche, mentre quasi tutti hanno punti per la raccolta dei tessili e degli oli esausti. I punti di raccolta, oltre alle stazioni ecologiche, si trovano principalmente presso luoghi molto frequentati dalla popolazione, come le scuole e i supermercati e le farmacie
Molti Comuni hanno attivato anche misure per il monitoraggio della presenza di amianto e incentivi per la rimozione dagli edifici privati.

Ultimo punto dell’indagine riguarda l’applicazione del CAM (Criteri Ambientali Minimi) nella gestione degli appalti. Sebbene negli anni si sia notata una crescita nel numero di amministrazioni che li applica e un aumento della varietà di CAM applicati, rimangono comunque ancora diversi Comuni dove questa risulta difficoltosa, per mancanza di conoscenza sul tema, per scarsa risposta del mercato dei fornitori e per il timore che le procedure di assegnazione e realizzazione degli appalti risultino poi molto più lunghe.

“Il focus della XVII edizione di Ecoforum è un tema cruciale per il futuro del territorio dell’Emilia-Romagna”, sottolinea il presidente di Legambiente Emilia-Romagna Davide Ferraresi. “L’impatto degli eventi estremi è destinato ad aumentare nei prossimi anni e, qualora le azioni di adattamento non siano sufficienti ad impedire fenomeni di erosione, alluvioni e danni a infrastrutture e edifici, sarà inevitabile dover pensare alla gestione di quantitativi di rifiuti davvero rilevanti. Comprendere quello che è accaduto negli anni passati è fondamentale per migliorare le azioni che dovranno essere messe in pratica qualora non si riuscirà a minimizzare l’impatto delle conseguenze dei
cambiamenti climatici.”

“Rispetto alla gestione dei rifiuti urbani delineata dal dossier Comuni Ricicloni, si assiste a un miglioramento progressivo dei quantitativi raccolti attraverso le raccolte differenziate che però non si traduce immediatamente in una riduzione dei rifiuti prodotti”, aggiunge il direttore di Legambiente Emilia-Romagna Francesco Occhipinti. “Servono azioni più incisive per intervenire alla fonte sui prodotti che diventano rifiuti: è questa la sfida che dovrà essere affrontata nei prossimi anni.”

La XVII edizione di Ecoforum Comuni Ricicloni è stata realizzata con il supporto di ALEA Ambiente S.p.A., Sabar S.p.A Aimag S.p.A., Biorepack e CONAI, e con il patrocinio del Comune di Forlì.

I COMUNI PREMIATI