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Corte suprema Usa Ci sono ben sei cattolici nella Corte suprema degli Stati Uniti, un paese dove fino a ieri i fedeli alla chiesa di Roma venivano chiamati "papisti". Non solo: fino ad oggi i politici cattolici non sono stati particolarmente fortunati

Quei cattolici che sfidano la furia di Trump 

Ci sono ben sei cattolici nella Corte suprema degli Stati Uniti, un paese dove fino a ieri i fedeli alla chiesa di Roma venivano chiamati “papisti”. Non solo: fino ad oggi i politici cattolici non sono stati particolarmente fortunati.

Nel 1928 Al Smith fu sonoramente sconfitto, nel 1960 John Kennedy fu eletto, ma assassinato tre anni dopo, nel 2004 John Kerry perse contro George W. Bush e Joe Biden ha sì vinto le elezioni nel 2020 ma solo per lasciare in eredità la Casa Bianca a Donald Trump nel 2024. Oggi, però, la politica prevale sulla religione e il cattolicesimo americano è spaccato a metà.

Una parte significativa della gerarchia cattolica degli Stati Uniti è stata da sempre schierata su posizioni reazionarie: nel 2008, ad esempio, il vescovo Joseph Martino di Scranton (Pennsylvania) diocesi natale di Biden, propose di negargli la comunione a causa delle sue posizioni sull’aborto e la cosa si ripetè nel 2019, a Florence, in South Carolina. I temi dell’interruzione della gravidanza, della crisi della famiglia tradizionale e della secolarizzazione della società hanno avvicinato da tempo una parte sostanziale dei cattolici, che sono il 20% della popolazione, al partito repubblicano.

Non è un caso che i due giudici della Corte suprema più ferocemente di destra siano Samuel Alito e Clarence Thomas, eredi di Antony Scalia, cattolico tradizionalista e influente giudice conservatore della Corte per ben 30 anni (è morto nel 2016). Nello stesso tempo, molti cattolici americani si rifanno all’eredità di Daniel Berrigan, un gesuita che fu una figura di spicco del pacifismo negli Stati Uniti, protagonista delle proteste contro la guerra in Vietnam e di tutte le campagne contro l’energia nucleare e le ingiustizie sociali (anche Berrigan morì nel 2016). La giudice Sonia Sotomayor è la rappresentante del cattolicesimo progressista all’interno della Corte.

Come ha scritto qualche giorno fa David French sul New York Times, «la Corte suprema non può salvare l’America, ma qualcosa può fare» e il «qualcosa» è ovviamente frenare la furia distruttiva di Trump. Solo la mobilitazione dei cittadini nei prossimi mesi potrà difendere la malconcia democrazia americana ma l’orientamento della Corte sarà di vitale importanza. E l’orientamento della maggioranza della Corte dipende da altri tre cattolici: il presidente John Roberts, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett.

I segnali che vengono da questi tre giudici, che per comodità potremmo definire i “conservatori moderati”, vanno in direzione di un distacco dal progetto autoritario di Trump, in particolare sul tema dei migranti, che è anche quello su cui papa Francesco è sempre stato più esplicito nel condannare il Gangster-in-Chief ritornato alla Casa Bianca. Non a caso, la Corte ha approvato all’unanimità l’ordine diretto all’amministrazione Trump di facilitare il ritorno di Kilmar Abrego Garcia, deportato illegalmente in Salvador. E, l’altroieri, una maggioranza di 7 giudici contro due (Thomas e Alito) ha sospeso le deportazioni di gruppi di migranti venezuelani, ordinando al governo di non procedere fino a nuovo ordine della Corte stessa.

La foglia di fico legale usata fin qui dal Dipartimento della giustizia era una legge del 1798, tuttora in vigore, l’Alien Enemies Act, che conferisce al presidente poteri straordinari in tempo di guerra. Fu usata per l’ultima volta durante la Seconda guerra mondiale per giustificare la detenzione di ben 120.000 giapponesi-americani, cittadini statunitensi, che furono internati in campi di concentramento.

Ovviamente oggi non c’è alcuna guerra e nessun pericolo di invasione o di spionaggio: la deportazione dei migranti ha l’unico scopo di terrorizzare tutti i potenziali oppositori, mostrando a quali estremi di illegalità può arrivare la presidenza Trump. Su questo terreno, John Roberts e Amy Coney Barrett non sembrano disposti a lasciare mano libera alla Casa Bianca, almeno per ora.