Fronte orientale Intervista all'analista ucraino Konstantin Skorkin
Le dichiarazioni rilasciate questa settimana dall’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff, per cui l’Ucraina potrebbe “cedere” alla Russia le regioni occupate dall’esercito del Cremlino come base per eventuali negoziati, ha riportato al centro della discussione un tema sensibile, già oggetto di aspre contese diplomatiche. Tuttavia la vaghezza della proposta, che il funzionario statunitense ha menzionato riferendo dei suoi colloqui con Vladimir Putin, si associa alla vaghezza con cui talvolta vengono considerati quei territori (la penisola di Crimea e le quattro oblast di Donetsk, Lugansk, Zaporzhizhia e Kherson), lasciando in ombra specificità locali e, soprattutto, il punto di vista delle persone che ancora ci vivono o ci hanno vissuto. Ne abbiamo parlato con l’opinionista politico indipendente Konstantin Skorkin, nato e cresciuto a Lugansk e ora di stanza in Gran Bretagna.
Può descrivere la situazione dei territori occupati?
Credo che la questione vada suddivisa in tre sotto-categorie. Da un lato la Crimea fa un po’ storia a sé e rappresenta il caso più spinoso. È stata annessa dal Cremlino più di dieci anni fa e già prima del 2014 erano presenti nella penisola sentimenti separatisti (durante gli anni ‘90 ci fu addirittura un tentativo di secessione). Possiamo dire dunque che nel 2014 il sostegno per la Russia era molto alto, il che comunque né giustifica l’annessione da parte di Putin né rende credibile il referendum che si svolse quell’anno. Ora è un territorio completamente integrato nel sistema russo, con una popolazione leale al Cremlino e con persone russe che si sono stabilite lì arrivando dalla Federazione. Perciò una sua reintegrazione sotto l’Ucraina sarebbe qualcosa di molto difficile: le leggi attuali peraltro considerano chi si è stabilito lì dopo il 2014 come un occupante illegale ed eventuali misure di espulsione potrebbero attirare accuse verso Kiev di deportazione etnica. Penso che si debba accettare il fatto che quella della Crimea è una questione esclusivamente diplomatica, la cui risoluzione va rimandata in maniera indefinita. Tuttavia, nessuno ne riconoscerà ufficialmente lo status di territorio russo, questa è una “linea rossa” per Kiev.
Gli altri territori occupati da tempo?
I territori del Donbass occupati fra il 2014-2015: anche qui erano presenti simpatie filorusse, che però non sono risultate decisive finché il Cremlino non è intervenuto militarmente con le sue milizie-proxy. Qua nel corso del tempo è avvenuta una grossa trasformazione sociale: la maggior parte delle persone filoucraine si sono ricollocate in Ucraina, mentre quelle più filorusse magari se ne sono andate in Russia. Sono rimasti soprattutto anziani o persone non così attive a livello sociale e politico, tendenzialmente leali alla nuova amministrazione (e nel frattempo, persone dalla Russia hanno iniziato a insediarsi anche in questi territori).
Il Cremlino ha condotto una politica di assimilazione: rilascio dei passaporti semplificato, sistema legale armonizzato con quello russo, fine dell’insegnamento della lingua e della storia ucraine nelle scuole, ecc. Tutto ciò si è solo intensificato dopo il 2022. Per chi si è ricollocato in Ucraina da questi territori e vuole mantenere i legami la situazione è difficile: spesso a chi ha un passaporto ucraino non viene concesso di andare in territorio russo, mentre gli appartamenti di chi viveva a Lugansk o Donetsk vengono confiscati se non sono registrati nuovamente secondo le norme russe. Difficile che il governo di Kiev faccia grosse concessioni rispetto a queste zone: c’è comunque una lobby cospicua di ex-residenti del Donbass a Kiev (che include deputati, personale militare e giornalisti) che fatica ad accettare che i loro luoghi d’origine diventino russi a tutti gli effetti.
E siamo alle zone occupate dopo l’invasione.
Altri territori del Donbass e del sud dell’Ucraina passati sotto controllo del Cremlino dopo il 2022 vanno considerati come una classica forma d’occupazione. Un movimento filorusso è debole o inesistente e la maggior parte delle persone non vede di buon occhio la nuova amministrazione e attende di essere liberata, oppure prova a passare dal lato ucraino sperando di far presto ritorno. In questo senso, Kiev non accetterà mai una cessione territoriale a meno di una capitolazione militare.
Trova credibile la proposta di Witkoff?
Come accennato, mi pare una strada davvero poco percorribile a meno che, appunto, non ci sia una sconfitta sul campo delle forze ucraine o una crisi politica interna al paese. Molto più realistica è invece la situazione per cui il conflitto viene congelato lungo le linee attuali. Questo non costituisce una base per una pace duratura, ma almeno potrebbe fermare lo spargimento di sangue. Tuttavia non mi pare un’opzione che convince Putin, ancora deciso a sottomettere tutta l’Ucraina.