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Partendo da un testo di Everardo Minardi, parliamone!

 Scrive il Prof. Everardo Minardi: “In questo periodo si stanno preparando idee, programmi per i prossimi incontri elettorali. Da ciò il dovere di contribuire alla comune riflessione. È quanto mi permetto di proporre nel testo che provvedo ad allegare. Sarò sinceramente grato per chi vorrà farmi avere le osservazioni, le critiche, le proposte che si riterranno utili”.
Noi lo prendiamo in parola, pubblicando il suo testo - che invitiamo a leggere - premettendo qualche breve osservazione, anche critica, con l'invito, per chi vuole, a interloquire con Minardi, oltre che con questo sito. L’auspicio è quello di contribuire ad avviare una riflessione che vada oltre gli slogan elettorali e le semplificazioni attraverso un post su facebook o whatsapp, come ahimè spesso siamo abituati a fare.

 È certamente condivisibile la premessa sul mutamento nella composizione

dei vecchi e nuovi raggruppamenti di interesse politico e, ancor prima, del cambiamento di alcuni caratteri propri della realtà regionale e locale, inclusa una riduzione delle opportunità occupazionali.
Così come, l'affermazione della necessità di una nuova politica, che superi la dimensione degli interessi particolari, per corrispondere alle attese, ai bisogni, alla difficoltà che la popolazione oggi affronta quotidianamente.

Più complessi, e opinabili, i percorsi per costruire una nuova polis, per tutti.
Sulle questioni che attengono ai servizi sociali, al welfare universale, al ruolo del pubblico, non ci convince l'insistenza sulla “sussidiarietà”, in particolare l'affermazione: “se i servizi specificamente sanitari non possono vedere il ruolo prioritario del sistema dei servizi pubblici, con l’accesso garantito a tutti, i servizi socio-sanitari e socio-assistenziali vanno forse riconsiderati anche alla luce di una piena applicazione del principio di sussidiarietà”. 

Difficile contestare i titoli: “Il lavoro come fonte generatore di benessere delle persone e delle comunità” e “I beni comuni come risorse riconosciute per un nuovo sviluppo”, ma non conveniamo sulla loro declinazione.
Certo, “il benessere di una comunità non si legge più prioritariamente attraverso le performance delle grandi imprese”, ma non pensiamo sia sufficiente “sostenere l’attivazione di nuove imprese, la cui crescita non si misura attraverso la quantità della produzione e dei lavoratori dipendenti, ma attraverso la loro capacità di “fare rete”.(magari con l'aggiunta di un po' di welfare aziendale per fidelizzare una parte dei lavoratori). 
Così come è assolutamente vero che, ancor più che in passato, nei lavori attuali si presenta una differenziazione tra chi può esprimere competenze e qualificazione e chi è relegato a posizioni marginali - i dati sull'aumento delle precarietà sono evidenti - ma questo non si risolve con “la priorità dei portatori di knowledge nei confronti di coloro che non riescono a trarre motivi di identità e interessi dalle attività esecutive che svolgono”.

 Forse, riprendendo il secondo titolo sui beni comuni, sarebbe interessante confrontarsi su come dovrebbe essere, e come avviare, un altro modello di sviluppo - come si dice - più sostenibile, dal punto di vista ambientale e sociale, e quindi rivolto al benessere complessivo e non semplicemente alla “creazione di valore”.
Il modello attuale porta con sé la drammaticità delle questioni ambientali, dei dissesti idrogeologici, della crisi climatica, insieme all'estendersi di nuove diseguaglianze e povertà.
È in questo contesto che crescono sollecitazioni e movimenti sociali per un cambio di paradigma: per il superamento delle fonti fossili verso le rinnovabili e l’efficienza energetica; per lo sviluppo dell’economia circolare; per lo stop al consumo di suolo evitando nuove urbanizzazioni; per una mobilità sostenibile. Tutto questo può sostenere l’idea di un nuovo modello di sviluppo, che potrebbe creare anche occasioni di lavoro qualificato e dignitoso.
Tuttavia la sua possibile realizzazione non può essere lasciata al “libero mercato” o all’iniziativa di qualche azienda sensibile e innovativa – che pure esistono e vanno valorizzate - necessita anche, e soprattutto, di un intervento pubblico, di politiche complessive, certo in primo luogo nazionali (oltre che europee e globali) ma anche con interventi significativi che potrebbero essere avviati a livello regionali e locale.

Sarebbe interessante conoscere che cosa pensano di tutto questo coloro che si stanno candidando, o autocandidando, - in particolare negli schieramenti di sinistra e centro sinistra - alle prossime elezioni.
Noi siamo interessati a riportare qui tutti i ragionamenti che verranno proposti e ad interloquire con essi.

 Redazione