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Inflazione. Aumentano le bollette in misura eccezionale, i beni alimentari, la benzina e tutti i consumi ad alta frequenza con percentuali oltre il 2%. Se si consideri quanto l’insieme di questi beni pesi nel bilancio di una normale famiglia di lavoratori, si avrà facilmente il quadro di ciò che si sta abbattendo sulla nostra società

 

La tempesta inflattiva che sta colpendo l’Italia è tanto rilevante da mettere a rischio gli ultimi brandelli del patto sociale. Quello che si manifesta è infatti un aumento dei prezzi che colpisce i consumi di base e pesa in proporzione maggiormente sui soggetti a basso reddito, senza che possano avere alcuna reale capacità di resistenza.

Aumentano le bollette in misura eccezionale, i beni alimentari, la benzina e tutti i consumi ad alta frequenza con percentuali oltre il 2%. Se si consideri quanto l’insieme di questi beni pesi nel bilancio di una normale famiglia di lavoratori, si avrà facilmente il quadro di ciò che si sta abbattendo sulla nostra società. Stanno scivolando rapidamente oltre la soglia di povertà migliaia di persone, fino a ieri in grado di fare fronte senza eccessivi patemi alle necessità quotidiane.

Allo stesso tempo incontrano serissime difficoltà moltissime attività economiche caratterizzate da bassa marginalità o incapaci di contenere l’impatto della crescita dei costi attraverso l’aumento immediato di produttività o l’aumento dei prezzi.

Una situazione in qualche modo gestibile, se si dimostrerà una contingenza di breve durata, ma insostenibile se dovesse invece prolungarsi per

l’intero 2022. È quindi indispensabile e urgente adottare misure in grado di ridurre l’urto dell’inflazione, a partire da quella energetica.

Le principali Società italiane del settore energetico hanno realizzato utili per oltre 10 miliardi di euro nel 2021, con aumenti in doppia cifra.
Sono inoltre caratterizzate per la quasi totalità da una partecipazione pubblica maggioritaria, che significa presenza determinante negli organismi di controllo e direzione aziendale di amministratori di nomina politica. Imporre, per via fiscale e di indirizzo gestionale, la destinazione di tali risorse alla riduzione delle tariffe dovrebbe essere vissuto come un imperativo dalla politica nazionale e locale.

Anche le grandi banche e assicurazioni escono dal 2021 con risultati straordinari: le sole Intesa Sanpaolo e UniCredit totalizzano insieme quasi 8 miliardi di utili, Generali oltre 2. Nessuno può negare che a questi numeri abbiano contribuito in modo decisivo le politiche pubbliche, sia in termini di aiuti dopo la crisi del 2010, sia di intervento della Bce con il quantitative easing.

Ecco quindi che anche in questo caso sarebbe opportuno intervenire attraverso la tassazione perché una parte significativa degli utili non sia destinata a dividendi, ma ad un fondo per la riduzione delle bollette. Lo stesso si dovrebbe fare con un’imposta sui grandi patrimoni, che dovrebbe essere percepita come urgente da chiunque si ritenga anche solo minimamente progressista.

L’Iva sui beni energetici, alimentari e a massima frequenza di consumo sarebbe inoltre da rivedere e rendere mobile, assicurando parità di gettito complessivo rispetto al 2020, così da contribuire a calmierare i prezzi. Appare inoltre giunto il momento di introdurre un salario minimo di almeno 10 euro all’ora e di incentivare per via fiscale il rapido rinnovo dei contratti nazionali di lavoro.

Per mettere immediatamente più risorse nelle tasche dei lavoratori, per impedire una nuova puntata della discesa di massa sotto la soglia di povertà e la gelata dei consumi che sta già mettendo a dura prova la tenuta degli operatori del commercio. Allo stesso tempo va previsto il blocco dell’aumento degli affitti, scongiurando l’adeguamento all’inflazione per le difficoltà di tante famiglie a basso reddito, già provate duramente dalla crisi, come ci indica il boom delle richieste di sfratto.

Come si vede, sono numerosi i provvedimenti che devono e possono essere adottati per contenere l’impatto sociale dell’aumento dei prezzi.
In prospettiva, restano i temi centrali dell’aumento della produttività e della conversione ecologica, che avrebbero dovuto essere gli obiettivi fondamentali del Pnrr, a partire dalla ricostruzione di teste delle catene di valore, ma che si sono persi in una gestione governativa priva di visione e tagliata sugli interessi di una classe imprenditoriale miope.

*Responsabile economia Si