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Alfiero-Grandi

Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha denunciato con forza le ragioni di un grave malessere sociale del mondo del lavoro, destinato a crescere nei prossimi mesi. L’occupazione cresce poco ed è precaria. I salari italiani sono surgelati. l’Ocse fotografa un -2,9 % in 30 anni, ultimi in Europa e unici ad averli in diminuzione. L’inflazione è in crescita (6,9 %), riduce drammaticamente il potere d’acquisto dei redditi da lavoro e da pensione. Quasi 6 milioni di poveri. Lavorare non garantisce più di non essere poveri.

Una denuncia forte. Una situazione insopportabile. I sindacati provano a reagire, come con lo sciopero generale proclamato da Cgil e Uil nel dicembre scorso. Cresce un disagio sociale profondo, potenzialmente esplosivo. Non tenerne conto può portare ad una crisi democratica, a una verticale caduta della capacità di risolvere i conflitti, ad una sfiducia dilagante.

La continuazione e la ferocia della guerra in Ucraina, il forte riarmo che ha innescato nel mondo, il rischio dell’estensione del conflitto contribuiscono a creare angoscia sul futuro, in particolare del mondo del lavoro.
Rischio di frattura democratica, cioè incapacità di risolvere i conflitti con gli strumenti della democrazia, pericolo che la guerra sfugga di mano, fino a diventare l’innesco di un conflitto mondiale, perfino nucleare, richiedono scelte nette e consapevolezza dei pericoli. Nascondere la testa sotto la sabbia è pericoloso.

Landini ha posto una grande questione democratica. Non può continuare a crescere la frattura tra ciò che si aspettano settori fondamentali del Paese e le (non) decisioni politiche che vengono prese. Due esempi. È dimostrato che sull’Ucraina almeno la metà del nostro paese è preoccupato dalla scelta di mettere l’accento sulla guerra anziché sulla ricerca della pace, come dimostra l’invio crescente di armamenti, più potenti, in Ucraina, mentre per trovare una soluzione al conflitto c’è troppa rassegnazione. Lo sblocco del grano ucraino può esserci senza trarne le conseguenze di una trattativa che deve affrontare altri aspetti del problema? Dal blocco dell’invasione russa all’invio delle armi e alle sanzioni.

Il parlamento non riesce a decidere sul fisco, se non a patto di sancire ancora una volta che i cittadini sono soggetti a due sistemi fiscali diversi, uno progressivo per i redditi da lavoro e pensione (come afferma la Costituzione) e uno ad aliquota proporzionale per le rendite e i redditi da capitale, non previsto dalla Costituzione. Per non parlare dell’evasione e del prelievo sui ricchi. È la conferma che il paese reale non trova ascolto nella rappresentanza politica. A meno di un anno dalla scadenza naturale delle elezioni non c’è un credibile tentativo di arrivare ad una nuova legge elettorale. Così la prossima legislatura può essere un’occasione perduta per ristabilire una sintonia tra il paese reale e la rappresentanza politica che ha il compito di prendere decisioni.

Questo impedirebbe di affrontare i problemi drammatici di cui parla Landini, con il rischio che il futuro assomigli al presente. La legge elettorale consente ai capi partito di scegliere chi fare eleggere. Questo avviene da alcune legislature e ha provocato uno scadimento progressivo della qualità dei parlamentari (scelti per fedeltà) e la perdita di ruolo del parlamento, che già ora potrebbe chiedere di conoscere gli armamenti che il Governo sta inviando in Ucraina e perfino decidere di interromperne l’invio.

La scelta diretta dei parlamentari da parte degli elettori potrebbe portare ad un orientamento del parlamento sulla guerra vicino a come la pensano gli elettori. Se elettrici ed elettori scegliessero direttamente i loro rappresentanti l’occupazione, la sua qualità, i salari, il potere d’acquisto diventerebbero ragioni per scegliere o bocciare un/a candidato/a. Altrimenti la denuncia drammatica della situazione del mondo del lavoro rischia di non avere sbocco. Siamo vicini ad un punto di rottura.

La prossima legislatura dovrà difendere i principi costituzionali. I confini della lotta politica non dovrebbero essere valicati, per tornare ad un confronto tra opzioni politiche diverse, che non sono riducibili a due schieramenti ma appartengono a più partiti, che dopo il voto dovranno aggregarsi per governare, sottratti all’obbligo/convenienza di riunirsi in coalizione prima del voto. Solo il proporzionale può rappresentare il paese reale.

Le maggioranze «coatte» non hanno portato fortuna né al centro sinistra né al centro destra. In poco tempo i governi della «stabilità» sono andati in crisi. La parabola del M5Stelle non ha colmato il vuoto da cui era balzato ad un terzo del parlamento. La frattura tra elettori e rappresentanti può alimentare allontanamento, indifferenza, restrizione della democrazia.
Crisi sociale e guerra fanno temere per il futuro della democrazia disegnata dalla nostra Costituzione.