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È la prima volta, da quando esercito il mio diritto al voto, che sono incerto sulla mia scelta, ma dicendomi di sinistra, sento il bisogno di avere vicino a me compagne e compagni, almeno per discutere; da qui questo scritto aperto a osservazioni e critiche. Nel frattempo continuerò a ad ascoltare, leggere (e a discutere ad alta voce al bar).

Martino Albonetti al sindaco Malpezzi: "Giovanni, vieni a scuola a parlare  con chi ti ha insultato" - RavennaNotizie.it

L'imprevista crisi di governo ("domani sarà una bella giornata": Letta alla vigilia), ha squarciato il telone circense che proteggeva gli acrobati della sinistra.
Il prossimo numero elettorale sarà senza rete, l'ha recisa definitivamente una legge che più lontana dagli elettori e più coercitiva non si trova nella storia della Repubblica; legge elettorale che va ascritta all'impegno parlamentare del PD, di Forza Italia e della Lega. Questa legge favorisce l'apertura di faglie telluriche nel nostro sistema politico e istituzionale; invece di aiutare a controllare delle esplosioni, le amplifica: con poco più del 30% dei suffragi, il M5S è stato il Belzebù ex machina di questa legislatura, con finale inabissamento; con il 40/45% dei consensi reali, la coalizione di centro-destra potrebbe manomettere definitivamente la Costituzione.

Deriva da questo scenario la proposta/appello di Azzarita per dare vita a un fronte elettorale a difesa della Carta; non sarà accolta, perché non vi è, nei dirigenti a cui si è rivolto, nessuna generosità (elemento espressamente richiamato da Azzarita, per poter attivare tecnicamente lo schieramento) e perché per molti di loro il pericolo, in definitiva, o è nulla, o non merita alta vigilanza.

La mancanza di generosità e le divisioni politiche tra gli acrobati della sinistra, attenti soprattutto a non cadere loro dalla fune, ha tarpato le ali all'unica esperienza di sinistra che, se coltivata alla Voltaire, avrebbe potuto fiorire: Coraggiosa. Nonostante il risultato alle elezioni regionali del 2020 in Emilia Romagna, rafforzato dal successo nelle elezioni comunali dello stesso anno e successivi (con percentuali tra il 5 e l'8 per cento), non si è costituito un movimento politico autonomo. La responsabilità è tutta dei suoi soggetti costituenti: Articolo 1, Sinistra Italiana e dei suoi leader, Schlein e Vasco Errani su tutti, che oggi si preparano a trovare ospitalità nel PD per tranquille nomine, anche lasciando a metà esperienze amministrative sbandierate come le più innovative nel Paese.

Ma l'emergenza democratica non consente di essere moralisti, giusto? Anzi, è proprio questa l'unico mastice a disposizione nel campo delle sinistre, ma è ormai senza presa e per nulla attrattivo: l'allarme, son fascisti, purtroppo non genera plusvalore elettorale. Le memorie sono sempre più brevi, anche quelle politiche, ma nel 2018, chi affisse manifesti antifascisti nei pochi spazi elettorali a disposizione, perse un seggio considerato sicuro - o, almeno, contrattato come tale a livello nazionale.

A sinistra, la politica negativa, cioè il voto oppositivo, alimentato solo dalla paura, è un voto perdente per la sua stessa natura. Norma Rangeri, sul manifesto, ha esposto gli argomenti migliori per farne una sorta di Piave democratico, ma a chi si rivolgeva? E, soprattutto, chi pensava di convincere? Forse l'ascolteranno alcune centinaia di elettori senza partito, incerti come mai sul segno da tracciare sulla scheda elettorale.
Ma nessun giovane sarà convinto da argomenti antifascisti. O lo sono già, antifascisti, o non lo diventano in questa torrida estate elettorale, ascoltando gli argomenti di Letta, Calenda o Di Maio. E le decine di migliaia di leghisti iscritti alla CGIL non abbandoneranno il loro partito perché fascista o alleato ai fascisti, anzi: probabilmente avranno buoni argomenti per sostenere che per i lavoratori è più dannoso il liberismo di Calenda (e Draghi) che non il populismo della Lega, la quale il reddito di cittadinanza comunque l'ha votato e ha sospeso la legge Fornero.

E come non vedere che Calenda e Renzi, e con loro il centro moderato e trasformista, addirittura hanno sabotato l'idea di un campo largo detto repubblicano, ponendo veti sulle persone e aut aut programmatici? Ancora una volta il PD tentenna e passa in pochi giorni dal campo largo al corriamo da soli, per approdare, via alleanza repubblicana, all'agenda Draghi uber alles. Solo il decisionismo del governatore dell'Emilia Romagna, accompagnato da manifesto piglio autoritario, può confondere le idee sulle questioni energetiche: e cioè che un rigassificatore di fronte alla spiaggia e alla pineta di Punta Marina, autorizzato per 25 anni, compensato da un campo di pale eoliche, sia una strada obbligata delle nuove politiche energetiche; un clamoroso esempio di pragmatismo amministrativo insofferente a qualsiasi obiezione, perché incardinato su un sistema economico che non prevede trasformazioni significative, né per la condizione del lavoro, né per la distribuzione della ricchezza, né diversa l'attenzione agli ecosistemi.

In attesa leggere le proposte del PD su lavoro, salari, tassazione, prelievi dalla rendita e dai profitti XXL, rilevo che Provenzano ha dichiarato che il PD non permette al M5S di intestarsi la questione sociale: quindi? Nemmeno di fronte ad una crisi epocale, il PD riesce ad andare oltre a qualche balbettio su salario minimo e riduzione del cuneo fiscale. Casi come quello di Monfalcone, dove la classe operaia italiana non vota più a sinistra, certificano l'abbandono da parte del PD del mondo del lavoro operaio come principale soggetto sociale e politico di riferimento, è più in generale confermano le ricerche di studiosi come Piketty sul mutamento epocale in Europa occidentale dei partiti socialisti, che sono stati sostituti dalle destre come principali collettori della rappresentanza delle classi lavoratrici e popolari.

Crisi epocale, quella che stiamo attraversando, crisi di sistema: pandemia, guerre, inflazione, clima, digitalizzazione della vita sociale: sono tutti segmenti di una grande trasformazione in atto di cui vediamo i pericoli, ma per i quali non ci stiamo attrezzando adeguatamente. Incombono nuovi nazionalismi, razzismi e soprattutto esplosioni di violenza, individuale e collettiva, come rapide soluzioni a malesseri di ogni tipo, alimentati da vecchie e nuove povertà.

Recentemente più di un imprenditore ha espresso il timore che il prossimo autunno possa essere stagione di contestazioni, rabbie, rivolte sociali sempre meno controllabili. Non ho sentito un dirigente del PD esprimere la medesima urgenza. Così, decisivi settori dell'elettorato sono relegati nell'astensionismo o regalati al populismo.

Il PD non ha nemmeno capito, oppure ha dimenticato, la lezione che la scuola ha dato al governo Renzi. Lasciamo da parte la questione economica (eh però: 4 anni che si aspetta il rinnovo del contratto, una proposta Bianchi di incentivi economici legati ad una formazione burocratica inutile che ricorda molto i devastanti bonus premiali di Renzi) e diciamo semplicemente che non capiamo che cosa si aspetta ad attivare un percorso di confronto e dialogo con il mondo della scuola che approdi una riforma strutturale del nostro sistema educativo e formativo. L'attuale sistema, così com'è, non  reggerà per molto tempo: tutti i dati a disposizione suggeriscono che è ora di cambiare, e cambiare radicalmente: curve demografiche, statistiche europee sulle conoscenze acquisite, certificazioni dei disagi e dei ritardi, età media dei docenti di ruolo. I cicli della scuola sono ancora strutturati come quando l'obbligo era fissato ai 14 anni e l'università era un approdo qualificante per pochi. Cosa si aspetta a sinistra a mettere a disposizione una proposta generale di riforma? Cosa spetta il sindacato? Anche qui, non si va molto lontano se ci si mette sempre e solo sulla difensiva.

Giunti a questo punto, i lettori potrebbero aver tratto la conclusione che il mio voto quindi andrà a una formazione di quelle sinistre che non ci hanno pensato nemmeno un secondo a coalizzarsi col PD. Proverò a spiegare perché non è probabile che sarà così. Se è pur vero che l'appello di Azzariti e le ragioni di Rangeri li hanno lasciati insensibili, non è questo il motivo principale per cui non mi hanno convinto.
Quando leggo Ferrero, e più recentemente Acerbo, che propone di trasferire, sic et simpliciter, il modello (!?) Melanchon in Italia, mi viene da sorridere, perdonate la sincerità. Per Ferrero in Italia ci sarebbero già tutte le condizioni politiche, sociali e culturali per dare vita a una ampia e plurale coalizione antiliberista ed ecologista, mancherebbe solo il leader (che non è poco). Non sono del suo parere: in Italia culture politiche, lotte e movimenti reali, radicamento sociale, organizzazione e dialogo delle sinistre non corrispondono alla realtà francese. E in Francia la crisi del partito socialista ha lasciato spazi che la sinistra radicale ha saputo coltivare. C'è poi una questione che continua ad essere elusa: perché solo alla vigilia delle elezioni politiche le sigle della sinistra provano a unirsi (tecnicamente) e mai giungono a maturazione precedenti processi di unificazione? All'ultimo momento, un aiuto insperato per la costituzione di un rassemblement alla francese delle sinistre (con il M5S?), potrebbe venire dall'accordo Letta-Calenda su ripartizione dei collegi e Agenda Draghi, vedremo.
Comunque andrà, guarderò con attenzione se, dall'esperienza francese, sarà mutuata anche la scelta di candidare in posizioni eleggibili uomini e donne  conosciuti per il loro impegno e le loro lotte nella società, oppure saranno scelti solo i dirigenti delle piccole formazioni, secondo puntuali divisioni percentuali. Anche SI e Verdi, ai miei occhi, si giocano molta credibilità sul tema delle candidature.

Non voterò per nessun candidato no vax.

È la prima volta, da quando esercito il mio diritto al voto, che sono incerto sulla mia scelta, ma dicendomi di sinistra, sento il bisogno di avere vicino a me compagne e compagni, almeno per discutere; da qui questo scritto aperto a osservazioni e critiche. Nel frattempo continuerò a ad ascoltare, leggere (e a discutere ad alta voce al bar).

Saranno i profili dei candidati e le proposte programmatiche concrete e che valuterò se realizzabili che orienteranno la mia scelta finale, che non voglio prendere in solitudine.