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Referendum sulle trivellazioni in mare entro 12 miglia marine (17 aprile 2016) Oggetto: Divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli hanno la durata della vita utile del giacimento.

Opinioni nella cristianità

Da Agensir, Servizio di informazione religiosa della Conferenza Episcopale Italiana, Gennaio / marzo 2016

Trivelle:

- diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, “votare Sì al referendum”

- Acli, votare ‘Sì’ al referendum per “pensare a un modello energetico pulito”

- vescovi Piemonte, votare a referendum “perché il mare ci interessa”

- mons. Santoro (Taranto), “esprimo, in termini personali, ragionevole fondamento al sì al referendum del 17 aprile”

- Azione Cattolica Puglia, per il referendum “ci sentiamo di esprimere il nostro sì”

- Costalli (Mcl), “il sì darebbe al Paese una nuova prospettiva”

- Monsignor Galantino: sulle trivelle “non c’è un sì o un no”, “gli slogan non funzionano”

- Referendum trivelle: è molto più di un quesito

- Focsiv, “i cittadini italiani devono lanciare un chiaro messaggio alla politica”

- mons. Santoro (Cei), “noi vescovi del sud siamo contrari alle trivelle in Adriatico e Jonio”

- Referendum trivelle: in primavera cittadini interpellati su scelte che modellano il futuro 

 

 

LEGGI TUTTO SU http://www.c3dem.it

 

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A seguito della visita del Ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti. presso la sede di Caviro e delle note uscite su alcuni organi di informazione locali ci permettiamo di inviare questa lettera aperta ( allegata ) a nome del Circolo Legambiente Faenza insieme ad altre associazioni impegnate sul territorio per la tutela e la salvaguardia dell'ambiente dove vengono riportate alcune riflessioni locali ma con riferimento a quello che noi riteniamo debba essere messo in discussione oggi in Italia.

Caviro, Hera, Enomondo: Qui c'è l'economia del futuro?

 

L'affermazione - alla quale noi ci siamo permessi convintamente di aggiungere un interrogativo - è del Ministro all'Ambiente Gian Luca Galletti, durante la visita allo stabilimento di Caviro distillerie di Faenza, lo scorso 15 febbraio.

L'apprezzamento nascerebbe dal fatto che l'azienda avrebbe “raggiunto performance di eccellenza nella sostenibilità ambientale attraverso l'applicazione integrale dei principi dell'economia circolare”.

Forse è bene precisare che generalmente si parla di “economia circolare”, (in alternativa a quella lineare, propria della cultura industriale del '900) perché tenta di chiudere i cicli naturali, evita i prodotti di scarto, che vengono riutilizzati come materie prima di altri cicli produttivi, come era proprio della civiltà contadina, dove praticamente non esistevano rifiuti.

Non ci sembra che Caviro, con l'annesso stabilimento di Enomondo, senza nulla togliere ad alcuni processi interessanti di recupero di residui delle proprie lavorazioni, sia in questa situazione. Importare biomasse e fanghi, di non sempre di chiara provenienza, da centinaia e centinaia di chilometri, e soprattutto bruciarli insieme a parecchi rifiuti, con tutto quello che comporta in termini di emissioni, produzione di ceneri, ecc. non è un esempio di eccellenza nella sostenibilità ambientale.

Ma il Ministro, che cita a sproposito l'accordo alla Cop21 di Parigi, dichiara di voler eliminare le discariche (forse non sa che qui c'è il progetto di ampliare quella di Imola-Riolo, ormai esaurita) e vuole puntare sugli inceneritori.

E' la strategia energetica di questo Governo (come peraltro di quelli precedenti) confusionaria e legata alle fonti fossili e inquinanti, che deve essere cambiata.

Come, il decreto “sblocca Italia” che prevede 12 nuovi inceneritori e, da ultimo, il decreto sulle Fonti rinnovabili non fotovoltaiche che prevede, per gli inceneritori, incentivi più alti rispetto a quelli previsti per l'eolico o il biogas.

Come, per altri versi, la volontà di far continuare, fino all'esaurimento dei giacimenti, le trivellazioni per l'estrazione di idrocarburi in mare, entro le 12 miglia. Questione sulla quale il 17 aprile siamo chiamati a votare con un referendum, nel quale è opportuno votare e votare SI.

Da ultimo, apprendiamo dalla stampa - con un certo stupore - che la visita del Ministro alla Caviro (alla quale hanno partecipato anche notabili locali come il Sindaco Malpezzi, il Senatore Collina, la Consigliera regionale Rontini) si è conclusa con “un incontro a porte chiuse per l'avvio di un tavolo di lavoro sulle attuali linee guida della politica del Ministero dell'Ambiente”.

Cosa significa? Che le scelte politiche in materia ambientale ed energetica vengono suggerite da Caviro, Hera, Enomondo?

 

 

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Sotto attacco la legge sulla vendita di armi a Paesi in guerra. La generazione che si oppose e lo scandalo odierno

Eugenio Melandri (Direttore di Solidarietà internazionale. Già direttore di Missione Oggi) Fonte: Città Nuova - 18 marzo 2016

È passato oltre un quarto di secolo da quando è stata approvata la legge 185/90 che regolamenta il commercio di sistemi d’armi in Italia. Una legge che, ancora oggi, è la più restrittiva in Europa e che è stata frutto di una larga mobilitazione della società italiana. “Armi italiane uccidono in tutto il mondo”: era l’incipit dell’appello dal quale nacque allora il comitato “contro i mercanti di morte”. Ricordo ancora le iniziative in tutte le città italiane, le assemblee di fabbrica con gli operai che lavoravano in fabbriche di armi, gli incontri con i gruppi parlamentari di tutti i partiti e con le commissioni parlamentari di Camera e Senato. Ho ancora presente lo stupore dei membri della commissione Esteri della Camera di fronte all’intervento di don Tonino Bello, allora presidente di Pax Christi. «Non vi chiediamo nulla di strano: solo di non vendere armi a matti più matti del manicomio internazionale». 

Ora don Tonino non c’è più, così come non c’è più Aldo De Matteo, allora vicepresidente delle Acli, che seguiva passo dopo passo la campagna. Certo, i tempi erano diversi. Quando la campagna iniziò, non era ancora caduto il muro di Berlino. Si era da poco conclusa la presidenza della Repubblica di Sandro Pertini (1978-1985) che in un celebre discorso, citato proprio dall’appello da cui era nata la campagna, aveva gridato: «Si svuotino gli arsenali e si riempiano i granai». In Italia vi era una legge elettorale proporzionale con l’uso delle preferenze, che permetteva un rapporto diretto tra cittadini ed eletti. Che dava quindi la possibilità ai cittadini di rivolgersi al proprio parlamentare di riferimento e di controllarlo nel voto. Tutta una serie di situazioni che permisero al comitato “contro i mercanti di morte” – composto da 4 realtà della società civile: Acli, Mani tese, Pax Christi e Missione oggi – di allargarsi in pochissimo tempo, coinvolgendo diverse centinaia di associazioni. Per noi si trattava solo di un primo passo. Tanto che diverse volte ci eravamo detti che, il giorno dopo l’approvazione della legge, avremmo provocatoriamente presentato un disegno di legge di iniziativa popolare con un unico articolo: «L’Italia, in conformità all’art. 11 della Costituzione, decide di non costruire e commercializzare alcuna arma che possa essere usata in qualsiasi guerra».

La legge 185, come si sa, prevedeva soprattutto il divieto di esportare armi in zone di conflitto e in Paesi dove non fossero rispettati i diritti umani. La storia di questi 25 anni ci racconta invece che, purtroppo, in tanti casi si sono trovate scorciatoie per poterla eludere. Fino ad oggi, quando l’Italia continua a vendere armi a Paesi come Arabia Saudita ed Egitto. Proprio per questo è necessario riprendere e intensificare la mobilitazione.Il governo, almeno il governo, rispetti la legge. 

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Su richiesta dei gruppi consiliari, nell’ultimo anno di attività della precedente Amministrazione la V Commissione fu aperta alla partecipazione di associazioni, cittadini, presidenti dei Quartieri, docenti e dirigenti delle scuole primarie. Lo scopo, avvalendosi della collaborazione delle forze dell’ordine e degli operatori dei servizi sociali, era acquisire una maggiore conoscenza della realtà Rom a Faenza. Attraverso più incontri si cercò di “fotografare” quanto stava accadendo sul versante dell’ordine pubblico e, allo stesso tempo, di capire quali erano i risultati conseguiti dai tentativi di inserimento sociale gestiti da associazioni del territorio su incarico dell’Amministrazione comunale.

L’obiettivo finale era anche quello di individuare, sulla base delle precedenti esperienze, nuove modalità operative. In dirittura d’arrivo, però, le forze politiche presenti in Consiglio non pervennero a valutazioni e proposte condivise: anziché uno come auspicato, furono resi noti due documenti col conseguente scambio di accuse di strumentalizzare il problema.

Una decisione operativa fu comunque presa: l’Amministrazione definì un rapporto e firmò una convenzione con la Fondazione Romanì nella persona del presidente Nazzareno Guarnieri (professionista di etnia Rom, da tempo impegnato in progetti di inclusione). La Fondazione esclude percorsi e politiche per i Rom differenziati rispetto agli altri cittadini, critica gli insediamenti nei campi nomadi e la logica assistenziale, chiede ai Rom una loro partecipazione attiva a progetti di integrazione nella normalità e nella legalità.

“L’attuale Giunta – spiega l’assessore Claudia Gatta – è partita dal lavoro già fatto, ma ha cambiato passo e percorso. In primo luogo nell’affidare le deleghe: oggi l’assessorato al Volontariato e Associazionismo, Trasparenza e Partecipazione comprende anche le deleghe per Integrazione, Sicurezza e Polizia municipale, mentre all’assessorato ai Servizi sociali sono state attribuite le deleghe per le Politiche abitative e le Pari opportunità. Queste scelte derivano dalla volontà di lavorare in rete fra tutte le forze attive in ambito comunale. Gli assessori coinvolti hanno incontrato le varie associazioni faentine che in passato si sono occupate dei Rom, oltre ai Quartieri, per ascoltare e recepire contributi utili alla definizione del progetto di inserimento. Contemporaneamente Nazzareno Guarnieri, alla presenza dell’assistente sociale, ha curato gli incontri con i nuclei familiari Rom presenti a Faenza, avvalendosi della sua conoscenza della lingua e delle modalità di relazione proprie della loro cultura”.

Un metodo, questo – sempre a parere dell’assessore Gatta – che nell’ottica dell’Amministrazione ha reso più credibili gli impegni che alcuni nuclei familiari vanno man mano assumendo. “Il percorso ha previsto l’affitto di due alloggi ad altrettante famiglie, fra quelle residenti nel territorio, ritenute in grado di dare garanzie di continuità nell’impegno di inserimento dei bambini a scuola e di affidabilità economica. La scelta ha richiesto un notevole lavoro di preparazione, soprattutto da parte dell’assistente sociale la quale non si è trovata sola, com’è avvenuto in passato, ma ha potuto contare sulla collaborazione di tutte le forze in campo. E’ stato inoltre chiesto alle associazioni di dare il loro contributo con tutor, preparati dall’Amministrazione e dalla Fondazione Romanì, per monitorare l’esperienza quotidiana di queste due famiglie. In sostanza per accompagnarle e aiutarle nel primo anno a raggiungere una propria autonomia. Pur operando autonomamente, i tutor sono sempre in contatto con l’assistente sociale, con la propria associazione, i vari assessori, l’Associazione Romanì e le forze dell’ordine. Tutto ciò dovrebbe consentire omogeneità nelle forme d’intervento”.

L’assessore Claudia Gatta è del parere che possa essere già considerato un risultato positivo l’aver cercato di pervenire a un lavoro in rete e si augura che questa modalità si consolidi nel tempo e diventi un punto di forza nell’affrontare problematiche complesse come l’inserimento dei Rom.

 a cura di Antonella Baccarini e Mirka Bettoli

 Nota a margine

 

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Il decreto attuativo sui servizi pubblici locali previsto dalla 'riforma', secondo la Cgil, contiene indicazioni che di fatto annullerebbero l'esito del referendum del 2011. “Subito una legge di recepimento dell'esito referendario”

L'acqua pubblica in Italia è a rischio. Così come la volontà popolare espressa da oltre ventisette milioni di cittadini in occasione del referendum del 2011.  E' quanto denuncia la Cgil, criticando aspramente il decreto attuativo sui servizi pubblici locali, previsto dalla 'legge Madia'.

Il testo non ancora ufficiale e attualmente in circolazione, infatti, secondo quanto affermano i segretari confederali del sindacato di Corso d'Italia Danilo Barbi e Fabrizio Solari, contiene indicazioni che di fatto annullerebbero l'esito del referendum: l'esclusione del servizio idrico dalla gestione in economia e il tentativo di inserire norme in materia di tariffe, in contrasto con l'esito referendario”.

“Riteniamo - sottolineano Barbi e Solari - che il servizio idrico debba essere posto nelle condizioni che le comunità locali, appartenenti allo stesso bacino idrografico, abbiano la possibilità di poter disporre anche di una gestione in economia del bene comune quale è l'acqua”.

“Pur consapevoli della necessità di completare il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali, che devono diventare sempre più competitivi e di livello economico e garantire i bisogni dei cittadini nella loro comunità locale - avvertono i segretari confederali - contrasteremo l'approvazione di quei punti del testo unico palesemente in contrasto con i risultati del referendum”.

La Cgil, quindi, si attiverà per sostenere l'approvazione di una legge di recepimento dell'esito referendario, “non solo per far sì che venga rispettato il risultato giuridico, ma anche e sopratutto per il valore politico e culturale che rappresenta”.

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ovvero: le novità del 2016, sono fotocopia di film già visti.

Quando si sente parlare di queste tre parole (esuberanza, esuberi, esodati), si pensa subito a qualcosa che non sta assieme. Neppure utilizzando la miglior colla esistente.
La prima parola, consumata a sproposito dal presidente del consiglio Renzi, si trova subito in contrasto con quelle che seguono sempre nel titolo. Chi governa dovrebbe sapere che, se non si risolvono le condizioni dei soggetti che vengono considerati esuberi e degli esodati, che sono parte integrante della condizione reale, non è politicamente e neanche letteralmente, utilizzabile nello stesso contesto, neanche la prima parola, esuberanza,. Per Renzi, le seconde sono (scusate il bisticcio voluto) “secondarie” e non se ne fa carico. L'importante è apparire. Di esuberi ed esodati si continua a parlare nel dibattito reale: il primo fenomeno si manifesta ancora in molte realtà produttive in tutte le aree del Paese. Del secondo, tra giravolte e piroette, si parla meno per non disturbare il manovratore - specie da parte di certa stampa - ma ci sono ancora, e ancora non c'è la soluzione definitiva. Non si dimentichi che, gli esodati sono il prodotto di un provvedimento sostenuto ieri e non risolto oggi dal Pd prerenziano e renziano. Ma queste sono cose che non interessano il presidente del consiglio. 

Il tasso di giovani che hanno un lavoro è risalito solo di 0,9 punti rispetto al periodo peggiore della recessione, contro il +2,7% della Germania, il +4,2% della Gran Bretagna e il +1,9% della Spagna.
A proposito di entusiasmo esuberante sui dati occupazionali, che spesso sono costruiti sulla deformazione della verità! Esempio più lampante di questo, non ci può essere. Quando si afferma

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