«Il tropico del fango è la nuova latitudine in cui ci siamo ritrovati a vivere in Romagna. Ma su questa terra che i nostri antenati si sono inventati da una maledetta palude o togliendola alle foreste dell’Appennino, ci sta un mucchio di gente che a star zitta non è capace e anche con il cuore spezzato, ci canta sopra, anche solo per il gusto di ridere in faccia alla morte e alla sventura.»
Cristiano Cavina, amatissimo scrittore e voce di questa terra sconvolta da tre alluvioni colossali, racconta quello che ha vissuto.
«Ho scritto questi testi con la casa ancora mezza allagata, i salvagenti di sicurezza legati sul tetto, e la gente intorno che aveva perso tutto. Un vicino anche la vita.
Non sono racconti, non sono reportage. C’ho messo quello che vedevo, andando con mio figlio ad aiutare dopo aver ripulito casa nostra. Io sono nato a Casola Valsenio, negli Appennini, dove letteralmente sono venute giù le montagne ed era rimasta solo la strada per andarci. Per un giorno intero non ho saputo se mia mamma era viva o morta. Era viva. Aveva creato un rifugio di emergenza per galline profughe.
Io non sono un giornalista. Sono un narratore. Non mi interessano tanto i fatti in sé, quanto cosa accade agli esseri umani che ne sono travolti. Non come franano le montagne o si allagano i quartieri, ma come franano – o non franano – le persone, come si allagano le loro vite e come riescono a non affondare.
E anche con queste parole, ho cercato di fare quello che da sempre tento: salvare mondi che rischiano di scomparire.»
Cristiano Cavina è nato a Casola Valsenio, in Romagna, nel 1974. Ha lavorato come pizzaiolo per oltre vent’anni. Il suo primo romanzo esce nel 2003. Da allora non ha mai smesso di scrivere. Ha pubblicato con Marcos y Marcos, Feltrinelli, Lonely Planet, Bompiani.
La mia amica Sandra Bonzi, giornalista e scrittrice nonché moglie del mio ex compagno di liceo Claudio Bisio, sarà a Faenza a presentare il suo ultimo libro "Una parola per non morire". Il libro è il terzo di una serie con protagonista una giornalista, Elena, che, grazie ad un suo "quinto senso", si trova ad indagare su dei delitti; si tratta di gialli "leggeri" anche molto ironici. La presentazione sarà alla Bottega Bertaccini dii Faenza in Corso Garibaldi 4 , venerdì 20 giugno alle ore 18,00.
Vi aspetto.
Fate girare tra i vostri contatti "romagnoli"
Guerra La mobilitazione contro il Piano von der Leyen. L’allarme in vista della convergenza contro il vertice Nato: «Preparano un futuro di guerra»
La manifestazione al Pantheon contro il riarmo – Ansa
Dove sono finiti i pacifisti? Non sono affatto spariti, si mobilitano da tempo e vengono continuamente rimossi da media e politica allergici a spazi pubblici non catalogabili secondo gli schemi imposti. Adesso provano a mettersi insieme contro il Piano di riarmo europeo di Ursula von der Leyen.
IERI MATTINA si sono ritrovati in piazza del Pantheon, nel cuore di Roma. Era il primo appuntamento italiano della campagna europea Stop Rearm Europe, che si batte contro il progetto da 800 miliardi di euro. L’appello ha raccolto oltre novecento adesioni di sigle da diciotto paesi Ue, perché l’idea è che nessun paese da solo possa fermare il processo in corso. Di queste, oltre 250 arrivano dall’Italia: sono associazioni, organizzazioni sociali, comitati cittadini, partiti politici, sindacati, movimenti e altre organizzazioni della società civile. Si descrivono come una pluralità di soggetti uniti da un obiettivo comune: fermare le politiche bellicistiche dell’Italia e degli altri governi europei Ue costruendo un percorso di partecipazione dal basso, dentro e fuori le sedi istituzionali a tutti i livelli. «Dobbiamo unirci oltre le differenze – spiega Raffaella Bolini, responsabile relazioni internazionali dell’Arci – Sono più importanti le cose ce ci uniscono. Stanno preparando un futuro di guerra. Pensano alle esercitazioni nelle scuole, parlano di diritto alla difesa di Israele e negano ogni possibilità di soluzione diplomatica per l’Ucraina. Serve che stiamo insieme per fermare la guerra e perché le armi contaminano intera società, alimentano nazionalismi, razzismi, violenza».
CI SONO ANCHE i comitati contro l’industria bella della Valle del Sacco, in provincia di Frosinone, che si battono contro un esempio concreto di transizione militare e riconversione bellica. Accade infatti che Knds, una multinazionale franco-tedesca, abbia comprato lo stabilimento nel quale operava la Winchester nella zona ad Anagni. E che abbia l’intenzione di costruire undici nuovi capannoni per una produzione stimata di circa 40 tonnellate di materiale esplosivo al mese che dovrebbe confluire nello stabilimento di Colleferro, dove si produceva, e si producono tuttora, principalmente armi e munizioni destinati alle forze armate italiane e di altri paesi. C’è anche motivo di allarme ambientale, dicono gli attivisti, perché i capannoni insistono su una zona protetta dichiarata sito di interesse nazionale. L’impianto metterebbe a rischio la salute dei cittadini e mina l’integrità di un territorio già martoriato dall’industrializzazione degli anni passati: la Valle del Sacco è la zona più inquinata del Lazio, anche per via della produzione selvaggia che nei decenni scorsi era sostenuta e finanziata dalla Cassa del Mezzogiorno. La cui giurisdizione cominciava proprio qui, nello storico collegio elettorale di Giulio Andreotti.
IL PRIMO MOMENTO di mobilitazione coordinata è previsto nella settimana del 21 giugno, nei giorni del vertice Nato all’Aja: si preparano manifestazioni e azioni in diversi paesi e in quest’occasione potrebbe cadere l’attesa manifestazione nazionale. Inevitabile il riferimento ai segnali di pace inviati dal nuovo pontefice giusto l’altro giorno dall’altra parte del Tevere. «Accogliamo con speranza il messaggio di Papa Leone XIV – sottolineano gli organizzatori – Gli auguriamo un buon lavoro per le sfide impegnative che lo attendono, per una ‘pace disarmata e disarmante’ e ci appelliamo a lui, a tutte le forze politiche e della società civile, al mondo della scienza, dei media, della cultura e dello spettacolo, e in generale a chi semplicemente vuole ‘restare umano’, affinché si schierino contro il riarmo, la guerra, il genocidio, la repressione, l’autoritarismo. E che siano con noi in piazza per la pace oggi a Roma e nei prossimi appuntamenti».
LA SCOMMESSA è sul metodo della convergenza, l’assunto è che ognuno dei contraenti il patto riconosca la propria non autosufficienza. È un meccanismo che dal punto di vista delle mobilitazioni ha funzionato nella lotta al dl sicurezza e che adesso deve trascinare la battaglia contro il regime di guerra fuori dal rischio di incepparsi, tra trappole geopolitiche e identitarismi. Lo scopo è riportare il popolo arcobaleno dove è sempre stato: nelle piazze e fuori dai gli schieramenti di truppe contrapposti.
Abbiamo lanciato “Stop ReArm Europe” subito dopo l’annuncio del gigantesco piano di riarmo europeo: 800 miliardi di euro, gli unici fuori dalla nuova austerità.
Non si poteva rimanere a guardare, mentre l’Unione europea reagiva nel modo peggiore allo strappo di Trump con il Vecchio Continente: riarmandosi fino ai denti, come peraltro proprio lui ci ha ordinato, accentuando fino al parossismo un clima bellicista e guerrafondaio,
e promuovendo un patriottismo reazionario europeo che fa paura.
Fa davvero paura leggere la Risoluzione sulla sicurezza e la difesa comune approvata dal Parlamento europeo a inizio aprile. Definisce la Russia come la minaccia più grave nella storia del mondo, dice che l’Ucraina può arrivare alla pace solo attraverso una decisiva vittoria
militare, dichiara la Cina nemico globale, si impegna a preparare la cittadinanza alla guerra, promette programmi di addestramento dei giovani civili alla difesa armata.
Nel frattempo, l’Unione europea prosegue la complicità e il sostegno a Israele nel genocidio di Gaza, nella pulizia etnica in Cisgiordania, e nel piano di eliminazione dei palestinesi ormai apertamente dichiarato da Netanyahu.
Questa è l’Europa reale, che non ha niente a che fare con i sogni e non assomiglia neppure un po’ a quella del Manifesto di Ventotene. Quel Manifesto lo hanno per decenni portato nelle piazze i movimenti sociali per un’altra Europa, l’Europa dei diritti e della pace. Tante,
tantissime volte lo hanno fatto insieme ai sindacati della Ces, in una Unione che non ha ancora competenze sui diritti sociali e dove ancora non è concesso fare uno sciopero europeo.
Il vero nemico dell’Europa di oggi non sta fuori dai nostri confini. Il nemico vero sta nelle urne, sempre più vuote e sempre più nere. Nella estrema destra che cresce ovunque, dopo essere riuscita ad intercettare la frustrazione sociale e democratica di tanti settori popolari impoveriti dalle politiche neo-liberiste imposte dall’Unione a tutti i suoi Stati membri.
I veri europeisti, oggi, devono battersi come leoni per evitare che l’Europa commetta suicidio: bisogna fermare questa Unione armata, che sceglie di portare la sua cittadinanza alla guerra e ad una economia di guerra, che comprimerà ancora di più i diritti sociali e del lavoro, la
democrazia e lo stato di diritto.
“Stop ReArm Europe”, in poche settimane, ha raccolto già 400 adesioni collettive, da 18 paesi europei, di organizzazioni e reti associative, sociali, sindacali, di fondazioni e forze politiche. E a queste vanno aggiunge altre 500 adesioni spagnole, raccolte da un altro appello che
ha deciso di convergere nella campagna unitaria.
Non è una raccolta di firme. E’ il primo passo per ricostruire un grande movimento contro la guerra e il riarmo in Europa, una grande convergenza capace di superare la frammentazione degli ultimi anni e di realizzare una agenda di azione comune. L’appello è di poche righe,
per favorire il massimo della convergenza sugli obiettivi comuni. E non si rivolge solo ai pacifisti.
La guerra e il militarismo infettano e distruggono tutto.
Tante sono le adesioni di gruppi femministi, ecologisti, impegnati sui diritti sociali e civili, altermondialisti, per la democrazia.
La prima riunione europea online si terrà il 5 maggio.
Si discuterà di una prima giornata di mobilitazione europea il 21 giugno, quando la Nato a L’Aja deciderà i dettagli del piano europeo. A L’Aja sono già previste mobilitazioni, l’obiettivo è che si aggiungano anche altre capitali europee.
In Italia, “Stop Rearm Europe” è coordinata dai promotori italiani della campagna europea: Arci, Attac, Transform e Ferma il Riarmo - la campagna unitaria promossa da Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Greenpeace.
Nel nostro paese la maggioranza dei cittadini e delle cittadine è contro la guerra. Ha diritto ad essere rappresentata da un grande movimento unitario. In questi giorni stanno arrivando segnali forti, da molte parti, che danno voce all’esigenza di rompere steccati, di ritrovarsi insieme, di ricreare ovunque sedi comuni, coordinamenti larghi, grandi convergenze.
Il programma è un percorso di attraversamento delle mobilitazioni già in programma: il 25 Aprile, il Primo Maggio, la campagna referendaria, la manifestazione nazionale del 31 maggio contro il decreto sicurezza. Inoltre, il 3 maggio ad Anagni si terrà la manifestazione contro la
prima fabbrica di munizioni prevista dal piano europeo di riarmo. Il 10 maggio si terrà una prima giornata di iniziativa nazionale diffusa. Sono già previste una marcia da Brescia alla base di Ghedi, e una piazza unitaria in centro a Roma. Altre sono in preparazione.
Iniziamo ad organizzarci per il 21 giugno. Sono tempi duri. Abbiamo anche perso Papa Francesco, l’unica voce contro la guerra fra i potenti del mondo. Quella voce tocca ai movimenti rialzarla forte, tutti e tutte insieme.
l
(22 aprile 2025)
In Italia e in Europa parte
la mobilitazione di
“STOP REARM EUROPE”