Medio Oriente Il premier israeliano si è riunito con una ristretta cerchia di ministri per una consultazione d’emergenza sulle ultime proposte per Gaza arrivate dagli Stati uniti
Edifici residenziali nell'insediamento israeliano di Rahmat Shlomo a Gerusalemme – Ap
Mentre ieri pomeriggio naufragava il tentativo del presidente dei Democratici (Laburisti + Meretz), Yair Golan, di convincere i leader centristi Yair Lapid e Benny Gantz a formare un fronte unito contro il governo di Benyamin Netanyahu, il premier israeliano si è riunito con una ristretta cerchia di ministri per una consultazione d’emergenza sulle ultime proposte per Gaza arrivate dagli Stati uniti.
Da alcune ore il suo governo era in fermento per la nuova proposta di cessate il fuoco e il rilascio parziale degli ostaggi presentata a Israele e Hamas dall’inviato statunitense Steve Witkoff. Proposta che Netanyahu vorrebbe considerare, ma che diversi ministri – e non solo i soliti Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich – considerano un intervento a gamba tesa dell’amministrazione Trump.
Sono convinti che, su pressione degli alleati arabi che invocano la fine della guerra, Trump e il suo entourage stiano cercando di frenare la rioccupazione israeliana della Striscia.
LA MINISTRA degli insediamenti coloniali, Orit Strock, ha esortato a non «cedere ora che Hamas è in ginocchio». Quello della diaspora, Amichai Chikli, ha bollato il piano come «la tattica delle fette di salame» per il suo approccio graduale. «Mi oppongo a dare un’ancora di salvezza ad Hamas», ha detto Smotrich, assicurando che Israele non abbandonerà le zone «conquistate» a Gaza, a partire dai segmenti strategici come il corridoio di Morag, nella parte meridionale della Striscia.
Simili i commenti di altri membri del governo, certi che «la vittoria finale» sia a portata di mano. L’intervento di Trump, temono, potrebbe silurare l’«emigrazione volontaria» da Gaza, l’espulsione di oltre due milioni di palestinesi, peraltro proposta proprio dal presidente Usa a inizio anno.
La proposta di Witkoff, almeno in parte, sembra tenere conto delle forti pressioni internazionali per fermare il massacro di palestinesi in corso a Gaza, pur non assicurando la fine della guerra. Prevede il rilascio in due fasi di dieci ostaggi israeliani vivi e delle salme di 18 deceduti (in totale sono 58).
Il progetto «Un milione di coloni» prevede 22 insediamenti e un budget milionario
In cambio, Israele dovrebbe liberare 1.236 prigionieri palestinesi – tra cui 125 condannati all’ergastolo – e consegnare i corpi di 180 palestinesi uccisi. L’accordo si accompagnerebbe a una tregua di 60 giorni, prolungabile, e, punto centrale, non esclude la ripresa dell’offensiva di Israele.
LA LEADERSHIP di Hamas ha fatto sapere, attraverso il sito Axios, di essere delusa dall’iniziativa Usa proprio perché non include la garanzia americana che la tregua temporanea delineata porterà a un cessate il fuoco permanente. Punto che invece risulta molto gradito a Netanyahu, sempre secondo Axios. La proposta di Witkoff inoltre non prevede il ritiro delle forze di occupazione da tutta Gaza. E neppure l’interruzione del nuovo meccanismo di distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione avviato nei giorni scorsi dalla fondazione Ghf, in stretto coordinamento con Israele.
In ogni caso, Netanyahu, ammesso che voglia davvero considerare le soluzioni di Witkoff, sa come calmare i ministri più agitati. L’accelerazione della colonizzazione dei Territori palestinesi occupati funziona sempre. C’è grande euforia in tutta la destra israeliana per la conferma, da parte del ministero della difesa, dell’approvazione di un piano per la creazione di 22 nuovi insediamenti coloniali e il riconoscimento di diversi avamposti.
Il progetto, rivelato inizialmente da Yedioth Ahronoth, prevede la creazione in tempi stretti di tre colonie nella valle del Giordano, due nella Cisgiordania settentrionale e altre due nelle aree di Gush Etzion e delle colline a sud di Hebron. Oltre alla ricostruzione di insediamenti evacuati nel 2005 – tra cui Homesh e Sanur – e all’avvio di un vasto progetto chiamato «Un milione di coloni», con un budget iniziale di 30 milioni di shekel (7,5 milioni di euro).
In seguito saranno costruite le altre colonie. «Siamo arrivati a una decisione storica», ha esultato il ministro Smotrich. «Insediare (coloni) vuol dire rafforzare lo scudo difensivo di Israele».
A CIÒ SI AGGIUNGE un’escalation legislativa rivolta ai cittadini palestinesi di Israele (gli arabo-israeliani), che saranno ritenuti «colpevoli di tradimento». Il ministro della difesa ha già annunciato la revoca della cittadinanza e l’espulsione verso i territori amministrati dall’Anp di Abu Mazen di quattro palestinesi con passaporto israeliano, processati e condannati. Katz ha annunciato l’apertura di centinaia di fascicoli contro altri cittadini arabo-israeliani.