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Bombe in libertà Netanyahu: «Assassinare la Guida suprema aiuterà la pace». I raid aerei bersagliano anche la tv di Teheran. Almeno 21 le vittime israeliane dei lanci di missili. Quattrocento quelle iraniane.

Tel Aviv vuole Khamenei. Escalation tra Israele e Iran Bnei Brak colpita ieri da un missile iraniano – Ilia Yefimovich/dpa/AP

Un messaggio in farsi, giunto da Israele, si è diffuso ieri nell’intrico di ospedali, ministeri, cinema e alberghi del Distretto 3 di Teheran: evacuare «subito» per mettersi in salvo dai bombardamenti aerei che si abbatteranno contro presunti depositi di munizioni e missili e le basi dei Guardiani della rivoluzione. Non è Gaza, è l’Iran. Non c’è stata però la fuga in massa che Israele con i suoi avvertimenti probabilmente voleva innescare. Un certo numero di famiglie, comunque, si sono riversate sulle arterie stradali, allungando le lunghe file alle pompe di benzina dove si ammassano coloro che lasciano la capitale per sottrarsi ai raid aerei nient’affatto «chirurgici» come vogliono far credere il governo Netanyahu e i comandi israeliani.

Le bombe sganciate dagli F-15 raid ieri pomeriggio hanno bersagliato anche la sede della radio e della tv pubblica iraniana durante una diretta: la conduttrice è scappata mentre il fumo invadeva lo studio televisivo. Un attacco annunciato dal ministro della Difesa israeliano Israel Katz: la televisione e la radio di Stato iraniane stanno «per scomparire», ha avvertito poco prima dell’attacco. I morti iraniani, in gran parte civili dicono ong locali, sarebbero almeno 400 mentre i dati ufficiali del ministero della sanità sono fermi a 224. Nelle stesse ore a Tel Aviv, Haifa e altri centri sono risuonati più volte gli allarmi aerei per i missili balistici iraniani. Teheran a sua volta ha intimato agli israeliani di scappare dai centri urbani, annunciando l’attacco missilistico più ampio dall’inizio della cosiddetta «guerra preventiva» scatenata la scorsa settimana da Benyamin Netanyahu.

Ordini simmetrici, specchio di un’escalation che presto potrebbe coinvolgere gli Stati uniti: l’esito che Israele desidera per realizzare il suo piano di «cambio di regime» a Teheran. A Donald Trump, che ieri si è di nuovo rivolto all’Iran per spingerlo a trovare un accordo sul nucleare – alle condizioni Usa, ossia rinunciando completamente all’arricchimento dell’uranio nei suoi impianti nucleari -, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Aragchi ha detto che «Se il presidente americano è sincero riguardo alla diplomazia e interessato a fermare questa guerra, allora Israele deve fermare la sua aggressione altrimenti o le nostre risposte continueranno. Basta una telefonata da Washington per mettere a tacere qualcuno come Netanyahu. Questo potrebbe aprire la strada a un ritorno alla diplomazia».

Teheran si sarebbe rivolta ad alcuni paesi alleati degli Usa, come il Qatar, per ristabilire i contatti con Washington. L’Amministrazione Usa in ogni caso non intende attivare un negoziato vero e proprio, piuttosto porrà un aut aut agli iraniani, almeno questo è ciò che rivelava ieri sera il Jerusalem Post.  All’orizzonte al momento non c’è un nuovo negoziato bensì la Uss Nimitz. La portaerei statunitense a propulsione nucleare e il suo gruppo navale hanno lasciato il Mar cinese meridionale per andare ad ovest, verso il Golfo. A loro si sta unendo il cacciatorpediniere lanciamissili Uss Gridley. E trenta aerei cisterna militari per il rifornimento in volo sono decollati in direzione del Medio oriente. Intanto Benyamin Netanyahu dietro le quinte preme per il coinvolgimento diretto degli Usa nell’attacco all’Iran e pubblicamente minaccia di uccidere Ali Khamenei, la Guida suprema iraniana. Se domenica aveva smentito a Fox News un veto di Trump all’eliminazione di Khamenei, ieri intervistato dalla Abc, il premier israeliano ha detto di non escludere l’assassinio del leader religioso iraniano. «Ucciderlo non aggraverà il conflitto, ma vi porrà fine», ha affermato dopo aver elencato gli obiettivi raggiunti dagli attacchi israeliani all’Iran e al suo apparato nucleare.

Il quarto giorno di guerra ieri si era aperto con un pesante attacco missilistico lanciato da Teheran contro Haifa, Tel Aviv, Petah Tikvah, Bnei Brak e Ramat Gan e altre città israeliane mentre l’aviazione dello Stato ebraico prendeva di mira i centri iraniani. Si sono contate vittime su entrambi i lati. I missili hanno colpito aree residenziali israeliane causando almeno otto vittime, tra cui due minori, e decine di feriti. Uno degli ordigni ha danneggiato l’edificio del consolato statunitense a Tel Aviv. Il bilancio totale degli attacchi iraniani dal 13 giugno è salito ad almeno 21 morti (altre fonti riferiscono 24) e oltre 600 feriti. Centinaia di migliaia di persone nella zona centrale di Tel Aviv e nell’area di Haifa passano gran parte delle ore del giorno e della notte nei rifugi.

L’Iron Dome e gli altri sistemi antiaerei israeliani intercettano una parte significativa dei lanci, ma alcuni missili balistici iraniani riescono a penetrare il muro difensivo. Probabilmente i comandi israeliani non si aspettavano che l’Iran fosse in grado rispondere in modo tanto letale agli attacchi aerei. Questo mentre il portavoce militare afferma che l’aviazione israeliana avrebbe distrutto oltre 120 rampe di lancio di missili – un terzo del totale – e Israele avrebbe ormai raggiunto la «piena superiorità aerea su Teheran». Ma i numeri parlano chiaro: gli iraniani hanno già sparato verso Tel Aviv e la costa israeliana 350 missili a lunga gittata, scegliendo di farlo la notte quando le rampe di lancio sono meno visibili.

Secondo il Ministero della Salute iraniano, i raid israeliani avrebbero già causato la morte di almeno 224 persone – 45 delle quali donne e bambini nelle ultime 24 ore – tra cui un numero crescente di civili, e oltre mille feriti. Il ministro israeliano Katz nega ancora che Israele stia deliberatamente prendendo di mira i civili iraniani. Ma ha anche candidamente sostenuto che l’intensità dei bombardamenti potrebbe causare «danni collaterali significativi». Poco prima aveva minacciato che «gli abitanti di Teheran pagheranno il prezzo, e presto» dei lanci di missili.

La contaminazione da radiazioni resta una dei pericoli più seri causati dagli attacchi israeliani agli impianti atomici iraniani. Tuttavia, Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), ha ridimensionato il rischio affermando che sebbene le centrifughe siano andate in gran parte distrutte, non vi sono segni di ulteriori danni nei siti di arricchimento dell’uranio di Natanz e Fordow colpiti dall’aviazione israeliana. Quindi il pericolo delle radiazioni è molto limitato. Grossi ha aggiunto di voler riprendere le ispezioni non appena sarà possibile. Il parlamento iraniano però ieri si è riunito per discutere dell’uscita del Trattato di non proliferazione nucleare. In quel caso la collaborazione con l’Aiea si interromperebbe