America oggi Media americani: ecco gli obiettivi, «è questione di giorni o di ore» Il presidente frena ma la taglia su Maduro è il doppio di bin Laden
Una nave militare Usa si prepara ad attraccare a Port-of-Spain, Trinidad e Tobago – foto Ap
Sta prendendo sempre più corpo la possibilità di attacchi militari Usa a obiettivi terrestri all’interno del Venezuela. Che l’impressionante dispiegamento militare statunitense nella regione non stia lì solo per condurre una serie di raid contro le presunte imbarcazioni di narcotrafficanti nei Caraibi sembra ormai a tutti pressoché scontato. E ciò malgrado l’ultima uscita di Trump, il quale, alla domanda se stesse pensando a un’offensiva terrestre in Venezuela, ha risposto con un laconico «No».
UN NUOVO PASSO verso un’escalation del conflitto – non un’invasione in stile Panama ma piuttosto una serie di operazioni mirate – sembrerebbe invece confermato dalle rivelazioni del Wall Street Journal, secondo cui l’amministrazione Trump avrebbe anche individuato potenziali obiettivi nel paese, tra cui basi militari, porti e aeroporti sospettati di essere utilizzati per il traffico di droga.
Addirittura, secondo quanto riferito al Miami Herald da fonti informate, gli attacchi aerei potrebbero verificarsi nel giro di pochi giorni o persino di poche ore, puntando in particolare a smantellare il cosiddetto Cartel de los Soles, la presunta organizzazione narcoterrorista guidata, sostengono gli Usa, dal leader del venezuela Nicolas Maduro e da altri esponenti di spicco del suo governo, ma sulla cui esistenza esistono forti dubbi tra gli esperti. «Non c’è dubbio che vi sia complicità tra individui legati al potere e il crimine organizzato», sostiene per esempio l’analista Phil Gunson, ma «prove dirette incontrovertibili» dell’esistenza del cartello «non sono mai state presentate». E ne è convinto ancheil presidente della Colombia Gustavo Petro, che due mesi fa su X lo definiva «una scusa fittizia dell’estrema destra per abbattere governi che non le obbediscono».
Ben più del fantomatico cartello, nel mirino di Trump è sempre più chiaro che ci sia Maduro, il quale, secondo una fonte del Miami Herald, starebbe «per ritrovarsi intrappolato e potrebbe presto scoprire di non poter fuggire dal paese anche se volesse farlo». Tanto più che ci sarebbe «più di un generale disposto a catturarlo e consegnarlo», intascandosi così la ricompensa americana di 50 milioni di dollari (il doppio di quella offerta a suo tempo per Osama Bin Laden).
CONTRO TALE OPERAZIONE, tuttavia, è schierato anche un gruppo bipartisan di senatori statunitensi guidato dal democratico Tim Kaine, il quale nei giorni scorsi ha presentato una risoluzione per impedire a Trump di attaccare il Venezuela – «un narcostato guidato da un cartello della droga», secondo le parole del segretario di Stato Marco Rubio – senza l’autorizzazione del Congresso. Mentre una decisa condanna dei raid contro le imbarcazioni nei Caraibi è stata espressa dall’Alto commissario Onu per i diritti umani Volker Türk, che li ha definiti come «esecuzioni extragiudiziali»: «Questi attacchi, e il loro crescente costo umano, sono inaccettabili. Gli Stati Uniti devono fermarli», ha sottolineato Türk in riferimento alle circa 60 vittime dei raid, nessuna delle quali «sembrava rappresentare una minaccia imminente alla vita di altre persone».
A fare apertamente il tifo per un intervento militare statunitense in Venezuela è invece la fresca Nobel per la pace María Corina Machado, che in un’illuminante intervista concessa alla giornalista e conduttrice televisiva britannica Mishal Husain su Bloomberg ha espresso con chiarezza la sua assai personale visione della pace. A riprova di quanto sia giustificata la decisione del Consiglio norvegese per la Pace di non organizzare la tradizionale fiaccolata per celebrare il premio Nobel di quest’anno in polemica nei confronti della sua assegnazione. «Per anni abbiamo chiesto alla comunità internazionale di tagliare le fonti di attività illegali in Venezuela – diventato, ha detto MariCori, «un rifugio sicuro per le attività di tutte le reti criminali internazionali» – e finalmente questo sta accadendo».
ALLA DOMANDA precisa sul diritto al giusto processo delle persone a bordo delle imbarcazioni attaccate, ha risposto attribuendo la responsabilità della loro morte interamente a Maduro: «Bisogna capire che questa è una guerra molto crudele». E allorché la giornalista le ha chiesto esplicitamente se sosteneva gli attacchi militari statunitensi sul territorio venezuelano, MariCori non si è fatta pregare, ritenendo «assolutamente indispensabile una minaccia credibile»: «Credo che l’escalation in corso sia l’unico modo per far capire a Maduro che è ora di andarsene», in maniera che «questo centro criminale nel cuore delle Americhe» possa finalmente essere trasformato da lei «in uno scudo di sicurezza e in un grande alleato delle democrazie occidentali».
E COSA INTENDA nello specifico è presto detto: «Abbiamo le più grandi riserve petrolifere accertate al mondo, l’ottavo giacimento di gas naturale, un enorme potenziale in elettricità, oro, minerali essenziali e così via. Tutto questo può essere sbloccato solo con un governo che porti ordine in questo caos». Che, tradotto, significa un via libera al saccheggio.
Quanto al presidente Maduro, il Washington Post lo descrive abbastanza preoccupato da richiedere nuovi aiuti ai suoi principali alleati: prima di tutto alla Russia, da cui sarebbe arrivato domenica un Ilyushin Il-76, ma anche all’Iran e alla Cina, sollecitando assistenza militare e attrezzature per rafforzare le difese del paese.
