Tutti si aspettavano i nazionalisti messianici, ma è arrivata prima la polizia israeliana. Notte di violenze a Gerusalemme: granate, lacrimogeni e manganelli dentro la moschea di al-Aqsa. 200 palestinesi feriti, 350 arrestati. Condanna globale, l’Onu: «Siamo scioccati»
Agenti israeliani arrestano una donna palestinese sulla Spianata delle Moschee - Mahmoud Illean/Ap
La versione di Benyamin Netanyahu è che, martedì notte, a Gerusalemme Est la polizia sarebbe stata costretta ad intervenire con pugno di ferro sulla Spianata di Al Aqsa per fare un favore ai palestinesi musulmani. Proprio così. Perché, ha detto ieri il premier israeliano respingendo le proteste arabe e internazionali che grandinavano su Israele, «estremisti islamici si sono barricati nella Moschea (di Al Aqsa)» dove «avevano rinchiuso fedeli musulmani e impedito ad altri fedeli di raggiungere la Moschea per pregare». E, ha concluso, «Israele opera per mantenere lo status quo e calmare gli animi sul Monte del Tempio», ossia la Spianata. Una versione che fa a pugni con i racconti dei testimoni, con i video e le foto dell’accaduto che girano nei social e anche con quanto riferito dal più autorevole dei giornali israeliani, Haaretz.
In un articolo dal titolo «Gli attivisti ebrei hanno alimentato le fiamme ma la polizia israeliana ha acceso l’incendio del Monte del Tempio», Nir Hasson, corrispondente del
Commenta (0 Commenti)REPUBBLICHINI DI STATO. Il testo verrà discusso in aula, al Senato, il prossimo 12 aprile. La palla ora passa alla maggioranza
La mozione è stata proposta dal Pd ed è appoggiata da tutti i partiti di opposizione: ne sono firmatari i capigruppo al senato Boccia, Floridia, Paita, Unterberger, De Cristofaro. Invita il governo ad «adottare le iniziative necessarie affinché le commemorazioni delle date fondative della nostra storia antifascista si svolgano nel rispetto della verità storica». Il testo cita il discorso tenuto dalla senatrice Liliana Segre nel giorno di insediamento della legislatura. Richiama alcune giornate decisive: «Il 25 aprile, festa della Liberazione, il primo maggio, festa del lavoro, il 2 giugno, festa della Repubblica».
Si tratta di «date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro» E ci si augura che siano «oggetto di condivisione, di riflessione, di monito e di insegnamento non solo per i giovani, ma per tutti i cittadini, è necessario che le istituzioni in primis si adoperino per la trasmissione della conoscenza della storia».
La palla ora passa alla destra: la mozione è stata calendarizzata per il prossimo 12 aprile.
SINDACATI CONFEDERALI. La «mobilitazione unitaria» si riduce a sole tre manifestazioni interregionali a Bologna, Milano e Napoli.Landini e Bombardieri costretti a una protesta blanda pur di recuperare l’unità. Lasciata la porta aperta per Roma a giugno ma se il governo darà un segnale, Sbarra accetterà
Pierpaolo Bombardieri, Maurizio Landini e Luigi Sbarra nell'ultima mobilitazione unitaria del 3 dicembre 2021 - Foto Ap
Dodici giorni dopo l’annuncio di una «mobilitazione unitaria», finalmente Cgil, Cisl e Uil hanno trovato l’accordo sulle modalità. Niente scioperi e nemmeno un manifestazione nazionale. Alle «assemblee unitarie» già annunciate seguiranno solo tre manifestazioni interregionali: per il centro Italia a Bologna 6 maggio, per il nord a Milano il 13, e per il sud a Napoli il 20.
IL PARAGONE CON L’ONDATA di scioperi e proteste nel resto d’Europa – Francia, Germania, Regno unito, Portogallo – è impietoso.
Pur di riconquistare l’unità confederale, Landini e Bombardieri hanno dovuto accettare la linea moderata della Cisl di Sbarra: niente scioperi e mobilitazione blanda.
Si punta sulla quantità – tenere a lungo il pallino della mobilitazione – più che sulla qualità – una grande manifestazione contro il governo.
L’assenza di Roma lascia parta la porta a una manifestazione nazionale a giugno ma anche questa è
Leggi tutto: Alla fine vince la Cisl: niente scioperi - di Massimo Franchi
Commenta (0 Commenti)GUERRA UCRAINA. Il governo ucraino svela i piani di liberazione della penisola in mano russa (dodici punti per "de-occupare": rimozione del ponte di Kerch, processo ai collaboratori, estradizione dei russi) mentre in Donbass si combatte
L'esplosione del ponte di Kerch, ottobre 2022 -
Stavolta per Bakhmut potrebbe essere quasi la fine ma intanto gli ucraini hanno svelato il loro piano per liberare la Crimea. Stupisce che simili avvenimenti negli ultimi tempi accadano sempre più spesso in contemporanea, ma le motivazioni vanno cercate nell’andamento del conflitto.
Da un lato, l’Ucraina continua (o almeno dichiara di continuare) a pensare alla riunificazione del territorio nazionale e alle azioni da intraprendere quando finirà la guerra. Kiev presenta «piani» e organizza «piattaforme» con altri alleati per parlare di investimenti, ricostruzione, punizioni ai russi e futuro posizionamento del Paese.
IN QUESTO SOLCO va inserito il piano presentato dal capo del consiglio di sicurezza ucraino, Oleksiy Danilov, per la Crimea. Come ha spiegato Danilov stesso su Facebook: il piano prevede 12 misure per «de-occupare la penisola» tra le quali «la rimozione del ponte di Kerch, il processo agli ucraini che hanno collaborato con il nemico, l’estradizione dalla Russia di tutti i residenti della Crimea sospettati di tradimento (sia cittadini ucraini sia russi) e il rilascio immediato di tutti i cittadini ucraini e tatari di Crimea perseguitati dalla Federazione russa per motivi politici dal 2014 con il risarcimento dei danni morali».
Per il ponte di Kerch un primo passo è già stato compiuto lo scorso ottobre: un camion bomba è stato fatto esplodere mentre transitava sull’infrastruttura diventata il simbolo dell’annessione russa della Crimea. Danilov ha anche parlato di un sistema legale per valutare il «grado di coinvolgimento» dei cittadini ucraini residenti in Crimea a sostegno alle attività dell’amministrazione russa.
Chi verrà giudicato colpevole di collaborazionismo andrà incontro a restrizioni dei diritti civili, forse anche del diritto di voto. Il terzo punto si concentra in particolare su chi era già parte dell’apparato burocratico della Crimea prima del 2014, dipendenti pubblici, giudici, pubblici ministeri, agenti di polizia e altri funzionari integrati nella nuova amministrazione filo-russa.
QUESTE PERSONE saranno private della pensione e non potranno più occupare incarichi pubblici. Inoltre, i cittadini russi arrivati in Crimea dopo l’annessione saranno obbligati a lasciare la penisola entro il termine stabilito dal governo.
Ne consegue che anche le transazioni immobiliari saranno considerate non valide. Il penultimo punto prevede l’amnistia per tutti i cittadini ucraini «perseguitati dalla Federazione russa per motivi politici dal 2014, con risarcimento dei danni morali».
Al momento la reale fattibilità di questo piano resta incerta. Soprattutto se si considera che nell’est la situazione non è rosea per le truppe di Kiev. Domenica sera Evgeny Prigozhin, il capo della compagnia di mercenari Wagner, ha dichiarato che avrebbe ordinato di issare la bandiera russa sul municipio di Bakhmut.
«Da un punto di vista legale – ha scritto Prigozhin sul suo canale Telegram – Bakhmut è stata presa, il nemico è concentrato nella parte occidentale della città».
Secondo alcuni commentatori russi la comunicazione sarebbe stata data anche come risposta all’attentato di Vladlen Tatarsky, suo fedelissimo. Tuttavia, secondo le forze armate ucraine, gli uomini di Mosca sono «molto lontani» dalla conquista della cittadina e anche la notizia della cattura del palazzo di città sarebbe falsa.
«BAKHMUT è ucraina, non hanno catturato nulla e sono molto lontani dal farlo», ha dichiarato il portavoce del comando militare orientale ucraino aggiungendo che anche nel municipio i combattimenti sarebbero ancora in corso.
Dello stesso avviso gli Usa. Il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, ha detto ieri che la battaglia per Bakhmut «non è finita» e che «la città non è caduta in mano russa»: sarebbero ancora in corso «combattimenti feroci»
Commenta (0 Commenti)«Non prendo in considerazione l’ipotesi di perdere risorse del Pnrr», dice Meloni dal Vinitaly. La Lega non è d’accordo: «Meglio rinunciare a qualche fondo». Palazzo Chigi: non siamo ancora a quel punto. Ma il governo è in super ritardo. Massimo allarme al Quirinale
FIASCO. Maggioranza nel caos sui fondi del Pnrr. Governo in ritardo sul Recovery, massimo allarme al Quirinale. La Lega: a questo punto meglio rinunciare a qualcosa. Meloni: non è la nostra linea
Giorgia Meloni ieri a Vinitaly - Ansa
C’è sempre qualcuno che dice a voce alta che il re è nudo, sollevando costernazione. Stavolta è toccato al capogruppo della Lega alla Camera, Molinari: «O si cambia la destinazione dei fondi o spenderli per spenderli non ha senso. Forse sarebbe il caso di valutare la rinuncia a una parte dei fondi a debito. Ha senso indebitarsi con la Ue per fare cose che non servono?». Sarebbe una bomba comunque ma lo è tanto più in quanto più o meno nello stesso momento, dal Vinitaly di Verona, la premier garantiva l’esatto opposto: «Non prendo in considerazione l’ipotesi di perdere le risorse ma di farle arrivare a terra in modo efficace. I ritardi non ci preoccupano. Stiamo lavorando molto».
La sortita di Molinari costringe però palazzo Chigi, qualche ora dopo, a tornare sulla faccenda, stavolta in modo informale: «Stiamo lavorando per rimodulare il Piano ma l’idea di rinunciare a parte dei fondi non è sul tavolo». Qualcuno aggiunge una specifica importante: «Almeno per ora».
In realtà tutti, sul Colle come a palazzo Chigi, sanno perfettamente che quel che non è sul tavolo oggi potrà esserci domani e anzi è probabile che proprio così finisca. Per quanto la Ue
Leggi tutto: L’euro pasticcio - di Andrea Colombo
Commenta (0 Commenti)La premier socialdemocratica Sanna Marin manca la riconferma alla guida della Finlandia. A vincere le elezioni generali, in una corsa combattutissima tra i tre partiti principali, sono stati i conservatori del Partito della coalizione nazionale (Ncp), guidato dall’ex ministro delle Finanze Petteri Orpo, che ha ottenuto il 20,7% e 48 seggi all’Eduskunta, il Parlamento finlandese. “Sulla base di questo risultato, i colloqui per la formazione di un nuovo governo in Finlandia saranno avviati sotto la guida del nostro partito”, ha detto Orpo, che riceverà un incarico espolorativo da primo ministro. Al secondo posto si è piazzata l’ultradestra di Veri finlandesi, guidata da un’altra donna, Riikka Purra, che si è attestata al 20,1%, il miglior risultato della storia del partito (46 seggi). Marin invece è arrivata terza, fermandosi al 19,9% (43 seggi). La leader dell’esecutivo uscente ha ammesso la sconfitta: “Il numero dei nostri seggi è aumentato. È un ottimo risultato, anche se oggi non sono arrivata prima”, ha detto, congratulandosi sia con il centro-destra che con Veri finlandesi.