Alla vigilia del Consiglio Ue la premier in aula si scaglia contro il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi: «Non so se questa è la vostra Europa, certamente non è la mia». Insorgono le opposizioni, che si ricompattano. Schlein: «Oltraggio». Gelo del Quirinale
Montecitorio Opposizioni in rivolta: «Si inginocchi ai padri dell’Europa». La Lega: «No al riarmo». Passa la risoluzione delle destre. Ma il Carroccio avvisa: «Nessun mandato per l’ok a von der Leyen». Il Pd compatto sulla sua mozione. Guerini vota anche quella di Azione. Schlein soddisfatta: «E' andata bene, i problemi sono tutti a destra»
Giorgia Meloni alla Camera – Ansa
Poteva essere il giorno delle divisioni del Pd sul riarmo di von der Leyen, e invece è stato il giorno dell’attacco sguaiato di Giorgia Meloni contro il manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Rossi e Colorni. Montecitorio, è da poco passato mezzogiorno. La premier sta facendo la sua replica dopo la discussione in vista del consiglio Ue di oggi e domani. Dopo aver dedicato alcune stoccate a Pd e M5S, inizia a citare alcun i passaggi del manifesto del 1941, scritto sull’isola da un gruppo di confinati dal regime fascista: «La rivoluzione europea dovrà essere socialista». E ancora: «La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta»; «La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria».
FRASI ESTRAPOLATE dal loro contesto storico, che le servono per gridare: «Non so se questa è la vostra idea di Europa, ma certamente non è la mia, spero che chi è andato in piazza sabato scorso non l’abbia letto, altrimenti sarebbe spaventoso». I deputati del centrodestra si alzano in piedi plaudenti, dai banchi del centrosinistra partono le contestazioni, le grida «Vergogna», le richieste rivolte al presidente della Camera Fontana (Lega) di prendere le distanze da un attacco così scomposto a padri fondatori dell’Europa ed eroi dell’antifascismo.
In tanti, dai banchi Pd, si alzano in piedi, gridano. Anche persone miti come Roberto Speranza e il moderato Guerini sono paonazzi in volto. «È apologia di fascismo», urla l’ex ministro della Salute. La seduta viene sospesa una prima volta. Alla ripresa dei lavori il dem Federico Fornaro, storico, fa il discorso più forte: «Non è accettabile fare la caricatura di quegli uomini, lei presidente Meloni siede in questo Parlamento anche grazie a loro, questo è un luogo sacro della democrazia e noi siamo qua grazie a quei visionari di Ventotene che erano confinati politici. Si inginocchi di fronte a questi uomini e queste donne, altro che dileggiarli».
Grida tre volte «Vergogna», si commuove, sui banchi delle opposizioni sono tutti in piedi. Poi il 5s Alfonso Colucci cita le parole di Mattarella durante una sua visita a Ventotene. «Il fascismo aveva mandato qui diverse persone per costringerle a non pensare, per impedire che seminassero pericolose idee di libertà». «L’attacco della presidente Meloni al manifesto è un oltraggio alla storia d’Italia. In quest’aula non c’è spazio per il fascismo».
Tocca al capogruppo di Azione Matteo Richetti: «Possibile che quando si pronuncia la parola fascista in questa aula succede il finimondo? Meloni chieda scusa». «Ma basta, finiscila!», lo interrompe il capogruppo di Fdi Galeazzo Bignami, che fa un gestaccio verso i banchi di Avs: riscoppia la bagarre, la seduta viene sospesa ancora e rinviata a metà pomeriggio. Quando Fontana è costretto a intervenire per dire che «chi ha combattuto per la nostra libertà merita il nostro plauso».
I TEMI DEL CONSIGLIO UE, a partire dal piano di riarmo di von der Leyen da 800 miliardi, finiscono in un cono d’ombra. Così come le parole del capogruppo leghista Riccardo Molinari, che poco prima dello show di Meloni aveva mandato un siluro alla premier: «L’Italia non approverà una risoluzione che dà a Meloni il mandato di approvare il Rearm EU, ci aspettiamo che
Leggi tutto: Meloni contro il manifesto di Ventotene: caos alla Camera - di Andrea Carugati
Commenta (0 Commenti)Israele rompe la tregua e lancia bombardamenti a tappeto su tutta Gaza già in macerie e senza cibo: 404 palestinesi uccisi, tra loro 150 bambini. Netanyahu: è solo l’inizio, durerà a lungo. La Casa bianca rivendica, l’Unione europea «deplora», nessuno interviene
Palestina Violenti bombardamenti su tutta la Striscia da nord a sud, senza preavviso. 150 bambini tra le vittime. Per Tel Aviv «è solo l’inizio». Colpite le case danneggiate dentro cui si riparavano intere famiglie, scuole-rifugio e tende per sfollati
Parenti e amici intorno ai cadaveri di alcuni dei palestinesi uccisi dai raid israeliani nella notte tra lunedì e martedì, all’ospedale Al-Ahli di Gaza City – Abdel Kareem Hana /Ap
Gli aerei da guerra israeliani hanno bombardato Gaza da nord a sud. Jabaliya, Beit Hanoun, Gaza City, Nuseirat, Deir el-Balah, Khan Younis e Rafah. Anche l’area di al-Mawasi, designata zona umanitaria dalla stessa Tel Aviv. Sono state colpite scuole-rifugio, tende per sfollati, le case danneggiate dentro cui si riparavano intere famiglie. Momen Qoreiqeh, un sopravvissuto, ha raccontato ai giornalisti di Al Jazeera di essere riuscito a recuperare 26 cadaveri, tutti membri della sua famiglia, ammazzati insieme mentre dormivano.
«MASSACRI DI CIVILI», li ha definiti Medici senza frontiere (Msf), che ha contato decine di morti e feriti nelle cliniche che gestisce. Nell’ospedale Nasser di Khan Younis l’unità di terapia intensiva pediatrica si era già riempita ieri mattina. Il direttore dell’Al-Shifa ha dichiarato che ogni minuto un ferito muore a causa della mancanza di risorse mediche. Medicine, attrezzature, personale: le strutture sanitarie dove vengono portati i feriti sono le stesse ridotte al collasso da quindici mesi di bombardamenti, dall’assedio dei militari israeliani, dal nuovo blocco di carburante e di aiuti. Due mesi di cessate il fuoco non sono certo bastati a recuperare la piena funzionalità.
GLI ABITANTI si sono ritrovati, ancora una volta, a organizzare preghiere funebri negli obitori improvvisati, i feriti sono stati adagiati sui pavimenti delle strutture ospedaliere, spesso senza la possibilità di essere assistiti. L’Unicef ha espresso enorme preoccupazione per la vita dei bambini, più di un milione nella Striscia, che stanno «sopportando il peso di questa guerra». Human Rights Watch ha affermato che Israele sta violando il diritto internazionale e ha chiesto ai Paesi occidentali di bloccare l’afflusso di armi verso Tel Aviv.
Insieme alle bombe sono ricominciati anche gli ordini di sfollamento forzato. Con le modalità che agenzie internazionali e organizzazioni umanitarie avevano già delineato in passato: comandi poco chiari, a volte contraddittori sulle zone sicure verso cui dirigersi.
Tutta la città di Beit Hanoun, nel nord di Gaza, è sotto ordine di
Leggi tutto: Israele scatena l’inferno promesso, 404 morti a Gaza - di Eliana Riva
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Il Families Forum, la più grande associazione di familiari di ostaggi in Israele, ha chiesto al primo ministro Benjamin Netanyahu di «smettere di uccidere» i loro cari, dopo i raid lanciati nella notte dall'Idf su Gaza. «Le famiglie degli ostaggi chiedono un incontro questa mattina con il primo ministro, il ministro della Difesa e il capo della squadra negoziale, durante il quale verranno chieste garanzie su come gli ostaggi saranno protetti dalla pressione militare e come ci si aspetta che vengano riportati indietro», afferma l'associazione in un comunicato stampa, prima di concludere: «Smettete di ucciderli (...) adesso!».
Un funzionario di Hamas ha affermato che il movimento «sta lavorando con i mediatori per frenare l'aggressione di Israele».
L'esercito israeliano (Idf) ha ordinato l'evacuazione dei residenti della Striscia di Gaza che si trovano nelle zone confinanti con Israele.
«Parleremo di terreni e centrali elettriche, vedo ottime possibilità di porre fine alla guerra…». Trump punta tutto sulla telefonata prevista per oggi con Putin, quasi un colloquio d’affari privato per spartirsi il bottino, che taglia fuori l’Ucraina e irride il riarmo dell’Europa
Non riattaccare Sul tavolo, dicono fonti anonime, il riconoscimento della Crimea «russa». Con o senza Onu
Putin al telefono nell’ufficio di San Pietroburgo – foto Ap/Alexander Kazakov
Dopo la mezzanotte di lunedì, ora di Washington, è arrivata la notizia: dall’Air Force One che lo riportava da Mar-a-Lago alla Casa bianca, Donald Trump ha annunciato di voler parlare al telefono con Putin e che lo avrebbe fatto nella mattinata di oggi, martedì.
In un’intervista alla Cbs Steve Witkoff, inviato della Casa bianca per il Medio Oriente, aveva già annunciato la telefonata entro la settimana: stavolta, ha detto Witkoff, il confronto tra i due potrebbe segnare una svolta reale per la guerra in Ucraina, visto che «le distanze tra le due parti si sono ridotte» e ci possono essere «progressi reali» nelle trattative.
LA TELEFONATA DI OGGI è la prima conversazione nota tra i due leader da quando Putin ha esposto le sue condizioni per un cessate il fuoco e Kiev ha accettato di aderire a una tregua di un mese, accordo sostenuto dagli Usa a patto che la Russia faccia lo stesso. Trump ha detto di aspettarsi di discutere con Putin di questioni territoriali e del destino delle centrali elettriche ucraine.
Secondo fonti anonime riprese da Semafor, l’amministrazione Trump starebbe valutando il riconoscimento della Crimea come russa nel tentativo di mettere fine alla guerra, o per lo meno la possibilità per gli Stati uniti di premere sull’Onu affinché riconosca la Crimea come territorio russo. «Vogliamo vedere se possiamo porre fine a quella guerra – ha detto Trump – Forse possiamo. Forse non possiamo, ma penso che abbiamo ottime possibilità». Quando gli è stato chiesto quali concessioni avrebbe fatto la Russia, Trump ha risposto che si sono svolte conversazioni su una «divisione» dei beni: «Parleremo di terreni. Parleremo di centrali elettriche. Penso che molto di ciò sia già stato discusso a lungo da entrambe le parti, Ucraina e Russia».
MENTRE SCRIVIAMO non è ancora chiaro quali garanzie di sicurezza riceverà l’Ucraina per proteggersi da futuri attacchi russi, o se Trump otterrà delle concessioni significative da parte di Putin, ma il morale alla Casa bianca è alto.
IL SEGRETARIO di stato Marco Rubio ha definito «promettente» sia la telefonata di oggi che il recente incontro tra Witkoff e il presidente russo. Intervenendo sulla
Leggi tutto: Trump chiama Putin: «Pace vicina» - di Marina Catucci NEW YORK
Commenta (0 Commenti)Nella foto: Due persone camminano tra le macerie dei bombardamenti a Gaza, via Getty Images
Oggi un Lunedì Rosso dedicato al sussulto.
Quello che dalle viscere bollenti dei Campi Flegrei serpeggia fino alle superfici, crepando i muri e le certezze di chi li abita.
O il sussulto che, innescato ormai da mesi, non accenna a calmare: cresce la protesta contro il governo in Serbia, le strade di Belgrado stordite dall’enorme folla che le attraversa.
Sussulti percorrono le borse, i board delle multinazionali e le riunioni di vertice: una guerra commerciale di dazi si profila all’orizzonte, ma a perderla potrebbero essere tutti.
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Non c’è ancora la tregua e c’è già un piano per mandare le truppe dei «volenterosi» in Ucraina. Non caschi blu, ma soldati dei paesi che hanno armato Kiev. Il premier Uk Starmer, chiusa una riunione, ne convoca già un’altra di stati maggiori. L’Italia fa i conti e frena
GENIO MILITARE Starmer riunisce 25 Paesi in call e per giovedì ha già pronto un vertice militare operativo. Zelensky: «Mosca capisce solo un linguaggio»
Primo ministro della Gran Bretagna Starmer a colloquio online con vari leader europei foto Leon Neal/Ap
Giovedì ci sarà in Gran Bretagna una riunione dei responsabili militari dei paesi della «coalizione dei volontari», riuniti ieri in video-conferenza dal premier Keir Starmer, per concretizzare i piani di peace keeping che si profilano, nel caso dell’applicazione del cessate-il fuoco, per far rispettare il silenzio delle armi in Ucraina e gli impegni presi, che dovrebbero comprendere, tra le prime iniziative, il ritorno dei bambini ucraini prelevati dalla Russia. Ma neanche giovedì ci saranno gli Usa. Gli europei, con altri paesi come la Turchia, l’Australia e il Canada, stanno attraversando un momento di grande incertezza, con l’annunciata defezione dell’amministrazione Trump dalla difesa del vecchio continente. Alcuni paesi sono decisi a prendere parte a un’eventuale operazione di peace keeping – a cominciare da Gran Bretagna, Francia, Turchia – altri frenano. Keir Starmer afferma che Putin deve provare che fa «sul serio sulla pace» per arrivare ad «accordi di sicurezza solidi e credibili, il “sì, ma” della Russia non è sufficiente».
IN ATTESA della firma di Putin alla tregua, i 25 paesi rappresentati nella videoconferenza ieri hanno deciso di continuare la «pressione» sulla Russia. Volodymyr Zelensky ha sottolineato che «Putin ha già prolungato la guerra di una settimana» dopo l’accordo concluso a Gedda. Per il presidente ucraino, «Mosca capisce solo un linguaggio», quello della forza, mentre «da martedì c’è sul tavolo una proposta di cessate-il-fuoco, che avrebbe già dovuto aver luogo, ma la Russia fa di tutto per impedirlo».
«Tocca alla Russia mettere fine agli attacchi contro le città e le infrastrutture ucraine», dice Olaf Scholz. Ma anche il cancelliere tedesco, come Zelensky e tutti gli altri, non ritiene che sia il momento per recidere il legame con gli Usa. Zelensky parla di «pace più affidabile con contingenti europei e il sostegno Usa». Scholz sottolinea «l’importanza del ruolo leader del presidente Usa». Emmanuel Macron afferma che «Putin non dà l’impressione di voler sinceramente la pace», «vuole ottenere tutto e poi negoziare» e invita a «una pressione chiara» sulla Russia, «in accordo con gli Usa per ottenere un cessate il fuoco». Più marziale la presidente Ursula von der Leyen, che difende la sua agenda, con l’obiettivo di sottrarre potere agli stati nazionali sul fronte della difesa, ampliando il raggio della
Leggi tutto: Truppe a Kiev, i volenterosi preparano i piani - di Anna Maria Merlo
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