A Parigi il vertice voluto da Macron per rispondere all’offensiva di Trump e Vance si chiude senza decisioni. L’Europa afferma se stessa, «nessuna pace in Ucraina senza di noi», spinge sul riarmo ma resta divisa sull’invio di truppe. Dalla Russia nuovo attacco a Mattarella
Val bene una mossa Telefonata «schietta» tra Macron e il presidente Usa prima della riunione ristretta organizzata dall’Eliseo. «No ai diktat»
Emmanuel Macron accoglie gli ospiti all’Eliseo – foto Ap
Inviare un messaggio: l’Europa esiste e non può essere ignorata nei negoziati in vista della fine della guerra in Ucraina. Ci sono delle divisioni, ma non filosofiche: la corsa agli armamenti è ormai accettata, le differenze sono sui tempi, dall’aumento della spesa militare fino all’eventuale invio di truppe di peace keeping in Ucraina. Ieri, su invito dell’Eliseo, una “riunione informale” si è svolta a Parigi, un 8+3, otto paesi presenti (Francia, Germania, Gran Bretagna, Polonia, Italia, Spagna, Olanda, Danimarca), con i presidenti di Commissione e Consiglio, Ursula von der Leyen e Antonio Costa, e il segretario Nato, Mark Rutte.
GLI EUROPEI NON CEDONO alle provocazioni, malgrado la sequenza di scossoni del fine settimana, tra gli assalti del vice-presidente Usa J.D. Vance (dalle regole Ue sull’AI alla libertà di espressione) e la telefonata Trump-Putin sulla testa dell’Ucraina e degli europei. Emmanuel Macron, prima dell’inizio del summit, ha avuto una telefonata «schietta» di 20 minuti con Donald Trump, dopo un fine settimana di tensioni transatlantiche alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Gli europei – al di là della Ue, ieri c’era Keir Starmer, la Gran Bretagna è con la Francia una potenza nucleare – cercano così, nell’urgenza, di affermare se stessi.
Mentre era in corso il vertice informale all’Eliseo, gli Usa hanno già attenuato la portata dell’incontro di oggi in Arabia saudita, tra il segretario di stato americano Rubio e il ministro degli Esteri russo Lavrov e l’inviato speciale Keith Kellogg ieri a Bruxelles ha assicurato che gli Usa non imporranno un piano di pace a Kyiv.
LA PROSSIMA SETTIMANA, Starmer sarà a Washington per incontrare Trump. Mark Rutte, segretario Nato, è completamente schiacciato sugli Usa, Olaf Scholz insiste sulla necessità per europei e statunitensi «di agire insieme per la sicurezza collettiva». Appena uscito dall’incontro, il cancelliere ha precisato che «dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina», gli europei «non vogliono una pace imposta con un diktat», cioè discussioni Washington-Mosca sulla testa dell’Europa e di Kyiv.
LA VERA QUESTIONE che verrà sul tavolo dopo le elezioni tedesche di domenica, è l’invio di truppe per il peace keeping, una volta concluso un accordo di cessate il fuoco. Non tutti sono allineati: Starmer, in seguito a un eventuale cessate il fuoco, si è detto «pronto e disposto a contribuire a garantire la sicurezza inviando truppe sul terreno se necessario». E ha aggiunto: «Non lo dico alla leggera». Per la Germania, «è prematuro», la Spagna è sulla stessa linea. La Svezia, invece, è disponibile. Macron ne aveva già parlato un anno fa. La Polonia non invierà truppe, ha precisato Donald Tusk. Ma il primo ministro polacco insiste sull’aumento della spesa per la difesa e chiede «immediatamente» un aumento della capacità di difesa europea, Varsavia è già al 4,7% del pil, la media degli altri è sul 2% (obiettivo Nato che risale al 2006), con alcuni paesi (Germania, Spagna e Italia) al di sotto.
Ursula von der Leyen ha parlato di ieri di «svolta» sulla sicurezza europea, di discussioni «cruciali» in corso, «si tratta dell’Ucraina ma riguarda anche noi, abbiamo bisogno di
Commenta (0 Commenti)Nella foto: la preparazione di un summit Usa – Ue a Bruxelles, via Ap
Nella settimana in cui le relazioni tra Usa e Europa si rovesciano, un piccolo itinerario tra vecchi e nuovi conflitti, dove il passato diventa futuro e il presente riguarda al passato.
Dalle fabbriche tedesche alle “misteriose” terre rare di Kiev, dal rapimento di Ocalan nell’Italia dalemiana a quello di Paiva nel Brasile della dittatura.
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«Niente Europa al tavolo per l’Ucraina», dice l’inviato di Trump alla conferenza di Monaco (Meloni assente). Team americano verso Riad per incontrare i russi, telefonate Rubio-Lavrov. Vertice europeo della disperazione domani a Parigi: un piano in fretta o decidono altri
Sfratto atlantico Ieri l’attacco di Vance, oggi quello di Kellogg, negoziatori americani già diretti a Riad per incontrare i russi, telefonate Rubio-Lavrov
Conferenza di Monaco, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – foto di Matthias Schrader / Ap photo
Vertice europeo straordinario lunedì a Parigi, per concordare una posizione comune in difesa dell’Ucraina e non solo per rispondere agli attacchi inverosimili dell’amministrazione Usa, condensati nell’intervento orwelliano di venerdì del vice presidente J.D.Vance.
Lo ha annunciato ieri alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco la Polonia, che ha la presidenza semestrale del Consiglio Ue. L’Eliseo ha ammesso «discussioni in corso tra leader europei» per definire l’incontro e chi vi partecipa. «Dobbiamo mostrare la nostra forza e la nostra unità» ha affermato il ministro degli esteri polacco, Rodaslaw Sikorki, dopo che il primo ministro Donald Tusk ha insistito sulla necessità, per l’Europa, di avere «in estrema urgenza» un «proprio piano di azione sull’Ucraina e sulla nostra sicurezza, in caso contrario altri protagonisti mondiali decideranno del nostro futuro, e non necessariamente a favore dei nostri interessi». E forse è già tardi: secondo Politico, negoziatori americani (il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz, il segretario di stato Marco Rubio e l’inviato del presidente per il Medio Oriente Steve Witkoff) sarebbero già diretti verso Riad, in Arabia saudita, per incontrare i negoziatori russi e – forse – ucraini. Telefonate tra Rubio e il ministro russo Lavrov hanno già spianato la strada. Nessun europeo sarà della partita.
LE GRANDI LINEE della posizione europea sono note: esigenza di partecipazione dell’Ucraina e della Ue ai negoziati per arrivare a una “pace giusta”; nessun riconoscimento delle frontiere che hanno fatto seguito all’occupazione russa; garanzie di sicurezza per l’Ucraina per evitare una futura aggressione, ivi compresa l’indipendenza politica, per evitare un governo fantoccio a Kyiv messo in piedi da Mosca. La Svezia, entrata da poco nella Nato, ha espresso preoccupazione e chiede «garanzie» prima che venga presa qualsiasi decisione di inviare truppe europee in Ucraina per un peacekeeping: cosa succederebbe se venissero attaccate? La Cina si è inserita nel gioco, trovando la possibilità di fare bella figura (per il momento): il ministro degli esteri Wang Yi ha affermato a Monaco che «tutte le parti implicate in Ucraina partecipino al processo di pace, succede sul suolo europeo e l’Europa deve svolgere un ruolo importante in questo processo».
I Baltici, che si sentono in prima linea per il rischio di un’aggressione, criticano le «idee inconsistenti e senza piano» dell’amministrazione Trump. Per Sikorski, «al di là di Trump, è la credibilità degli Usa» che è in gioco, dopo l’annuncio di negoziati con Putin, senza la presenza degli altri protagonisti. Sikorski, che se ne intende di Russia, ironizza con gravità sugli Usa di Trump, che in starebbero adottando «un metodo operativo che in Russia chiamano razvedka boyem» (riconoscimento attraverso la battaglia), che significa “spingi per vedere cosa succede, poi cambi posizione”.
LA CONFUSIONE regna sovrana dopo la Conferenza di Monaco, dove
Commenta (0 Commenti)«Buttate giù il muro di protezione dall’estrema destra». Il vice presidente Usa Vance arriva in Germania e fa un comizio contro l’Europa: «Immigrazione e perdita dei valori sono le vere minacce». E a dieci giorni del voto tedesco fa un appello a collaborare con i neonazisti
Il nemico americano Il vicepresidente Usa alla Conferenza sulla sicurezza. «Il pericolo non è Mosca ma l’immigrazione e la minaccia alla libertà di parola»
Monaco, JD Vance e il segretario della Nato Mark Rutte – Matthias Schrader/Ap
Tirate giù il «Brandmauer» antifascista e iniziate a collaborare con Alternative für Deutschland. Trentotto anni dopo lo storico «Mr Gorbaciov, tear down this wall!» scandito da Ronald Reagan a Berlino, il governo degli Stati Uniti d’America chiede di “liberare” la Germania dal nuovo muro che «divide il suo popolo».
È IL PRIMO PUNTO all’ordine del giorno dell’agenda geopolitica affidata al vicepresidente, JD Vance, calato ieri come un’incudine sul fragile tavolo della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco ancora prima dell’apertura dei battenti. Più urgente del piano Trump sulla fine della guerra – che «ancora non si vede» come ha riassunto il presidente ucraino Volodymir Zelensky – la richiesta degli Usa arriva a meno di due settimane dall’apertura delle urne tedesche e viene presentata con zero diplomazia.
«Questa è un’ingerenza in piena regola» denuncia il governo Scholz, mentre il presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, cui è affidato il discorso iniziale del summit, replica tono su tono sottolineando la distanza siderale che separa la socialdemocrazia di Berlino dal tecnopopulismo di Washington.
«La nuova amministrazione Usa ha una visione del mondo diversa dalla nostra, che non tiene conto di regole stabilite e partnership consolidate. L’illegalità non deve diventare il modello per il nuovo ordine mondiale. La democrazia non è un parco giochi per la disgregazione». Poi Steinmeier si rivolge indirettamente a chi sta sopra a Vance. «Francamente, sono preoccupato quando una piccola élite imprenditoriale ha il potere, i mezzi e la volontà di ridefinire alla base le regole delle democrazie liberali».
FINO A QUI i rapporti Usa-Germania; ma la Conferenza di Monaco ridisegna gli equilibri dell’intero «mondo occidentale» dettando agli alleati la nuova linea sulla sicurezza diametralmente opposta al vecchio Formato Ramstein messo in piedi da Joe Biden.
«Non sono Cina e Russia a minacciare l’Europa dall’esterno, bensì la perdita dei valori fondamentali al suo interno» esordisce Vance nello sbigottimento generale dei
Commenta (0 Commenti)Tagliata fuori dal dialogo diretto tra Trump e Putin, l’Unione europea chiede un posto nei negoziati per la pace in Ucraina. Ma Stati uniti e Russia non fanno concessioni. Gli accordi si negozieranno sulle teste di Kiev e Bruxelles e sulle macerie della linea intransigente
L’OFFESA COMUNE Dopo tre anni ci saranno colloqui, ma quel tavolo è solo per due: la telefonata tra Casa bianca e Cremlino lascia l’Unione umiliata
Spiazzati e infastiditi. Così i vertici Ue reagiscono all’iniziativa del presidente americano Donald Trump e alla sua telefonata a Putin per accordarsi sulla fine della guerra in Ucraina. Deliberatamente scavalcata, a Bruxelles non resta che frenare, reclamando il proprio coinvolgimento. O ribadire, come fa la responsabile della politica estera e di sicurezza Kaja Kallas, il sostegno incondizionato a Kiev. La stessa linea intransigente che ha guidato attraverso azioni, dichiarazioni politiche, finanziamenti armati e non, e perfino simboli, la strategia Ue in questi tre anni di conflitto.
URSULA VON DER LEYEN non parla, né subito né in prima persona. Bisognerà attendere il consueto briefing quotidiano alla stampa delle 12 di ieri per avere un’idea di cosa pensa la principale leader dell’Ue. La portavoce della Commissione Paula Pinho fa sapere che la telefonata tra Trump è Putin «non è stata coordinata» con Bruxelles: ammissione evidente della marginalità europea. Poi la portavoce ha provato a gettare acqua sul fuoco, «siamo all’inizio del processo», rimandando all’incontro tra von der Leyen e Zelensky al vertice sulla sicurezza che si apre oggi a Monaco di Baviera.
I silenzi e le esitazioni di Bruxelles non sfuggono al Cremlino. «Prematuro parlare di una partecipazione europea ai negoziati», osserva non senza compiacimento il portavoce Dmitry Peskov. Ben altri toni usa un altro strettissimo collaboratore di Putin come il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev: «L’Europa è una vecchia zitella frigida pazza di gelosia. È brutta e inutile». Giusto meno caricaturale il premier ungherese Viktor Orban, quando attacca quella stessa Ue di cui il suo paese fa parte: «Mentre Trump e Putin negoziano sulla pace, i funzionari dell’Ue rilasciano dichiarazioni prive di valore». Poi affonda: «Non si può chiedere un posto al tavolo dei negoziati. Bisogna guadagnarselo con forza, buona leadership e diplomazia intelligente».
QUANTO AL CONTENUTO della risposta all’iniziativa Usa, l’Ue si arrocca sulla posizione più vicina possibile a quella sostenuta finora. «Ogni pace giusta e duratura deve includere l’Ucraina al tavolo», conferma ancora la portavoce della Commissione. Con tre corollari. Il primo è
Commenta (0 Commenti)La Cassazione chiude il caso giudiziario di Mimmo Lucano e smonta la campagna delle destre. Non c’era truffa nell’accoglienza dei migranti: di una maxi condanna restano le briciole. Il modello Riace non era un crimine, resta l’alternativa alle deportazioni in Albania
Mimmo Lucano Si conclude bene l’odissea del sindaco. Non ci fu alcuna truffa. Resta una condanna per falso ma il "modello" era valido
Un momento della manifestazione in sostegno dell'ex sindaco di Riace, Domenico Mimmo Lucano – ANSA/Marco Costantino
Dopo quasi 2500 giorni si conclude l’odissea giudiziaria di Mimmo Lucano. La Corte di Cassazione, al termine di cinque ore di camera di consiglio, pronuncia un verdetto solo in apparenza salomonico: rigettati i ricorsi della Pg e della difesa. Perché tra le pieghe del codice penale tutti i reati non hanno evidentemente lo stesso peso. E una truffa aggravata non è equiparabile ad un falso.
Una linea, intanto, i giudici capitolini di piazza Cavour ieri pomeriggio l’hanno tracciata in via definitiva. Il sistema di accoglienza multietnica realizzato in questi ultimi venti anni nella Locride dall’europarlamentare di Avs e attuale sindaco di Riace non era una truffa. Respinto, dunque, in quanto giudicato inammissibile il ricorso della Procura generale di Reggio Calabria che chiedeva l’annullamento con rinvio della sentenza di appello che aveva assolto Lucano e altri 12 imputati dai reati di truffa ai danni dello Stato, abuso di ufficio e falso relativamente a 56 delibere comunali (quest’ultimo crimine ascritto al solo Lucano).
IL MODELLO RIACE non era fraudolento e Lucano non si è arricchito come aveva sentenziato il tribunale di Locri nell’ottobre del 2021, condannandolo a 13 anni di reclusione e un milione di euro di multa. Una tesi demolita 2 anni più tardi dai giudici di seconde cure secondo i quali non si erano realizzata l’associazione a delinquere (la Procura generale, sul punto, non aveva nemmeno impugnato l’assoluzione), non si era verificata alcuna truffa e men che meno c’era stato arricchimento personale degli imputati.
COME NOTO, all’inizio dell’inchiesta, i pm avevano accusato l’ex sindaco di Riace di una truffa «con conseguente ingiusto profitto di 10 milioni di euro». Per il Riesame, invece, la cifra
Leggi tutto: La Cassazione smonta il processo all’accoglienza - di Silvio Messinetti
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