Un progetto Inail-Cnr sullo stress da temperature estreme fornisce informazioni e strumenti. Re David, Cgil: “Intervenire sull'organizzazione e sui dispositivi”
Il 2022 è stato l’anno più caldo di sempre in Italia. Il più caldo dal 1800, cioè da quando registriamo le temperature: oltre 3,5° C in più dell’era pre-industriale, più 1,15°C rispetto alla media del periodo 1991-2020. Negli ultimi dieci anni abbiamo avuto quattro delle estati più torride, oltre a quella del 2022: nel 2012, 2015, 2017 e 2018. Le temperature da record sono state accompagnate da ondate di calore, sempre più frequenti, intense e prolungate, una tendenza che secondo l’opinione unanime degli scienziati è destinata ad aumentare nei prossimi anni a causa dei cambiamenti climatici, anche se le emissioni di gas serra dovessero ridursi.
Lavoratori sotto stress
A essere particolarmente colpiti dagli effetti del caldo sono i lavoratori, soprattutto quelli che svolgono la maggior parte delle attività all’aperto, quindi del settore agricolo e delle costruzioni. Ma quali sono questi effetti? Quali rischi corrono? Come la salute e la sicurezza viene messa a repentaglio dal cosiddetto stress termico ambientale e come cambia la produttività? Per rispondere a queste domande l’Inail ha promosso il progetto di ricerca Worklimate, realizzato con il coordinamento del Cnr, e insieme ad altri enti tra cui aziende Asl della Toscana e il dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio.
“Volevamo esplorare un tema che secondo noi è sottovalutato, e cioè gli effetti del cambiamento climatico in termini di salute e sicurezza dei lavoratori – afferma Alessandro Marinaccio dell’Inail –. I fenomeni che stiamo vivendo, aumento medio delle temperature e ondate di calore, in gran parte ineluttabili almeno nel breve periodo, determinano un aumento del rischio di infortuni sul lavoro. La nostra ricerca ha dimostrato che quando c’è un picco delle temperature e quindi le condizioni di lavoro diventano estreme, c’è una perdita di concentrazione e di attenzione, e una minore capacità di reazione rispetto all’imprevisto e a situazioni di pericolo. L’infortunio, cioè il malore, la caduta dal ponteggio o lo svenimento mentre si raccolgono prodotti nei campi a 35-36°C per un periodo prolungato, sono rischi reali. Questo è uno dei risultati cardine del progetto, che ha orientato le attività anche in termini di intervento”.
Obiettivo prevenzione
Oltre ad avere fornito i risultati tipici della ricerca epidemiologica, Worklimate ha predisposto strumenti per la mitigazione e la prevenzione dei rischi. Dalle informazioni sulle patologie da calore e i fattori che contribuiscono alla loro insorgenza, alla stesura di decaloghi sulla prevenzione delle malattie da troppo caldo nei luoghi di lavoro, sul riconoscimento della disidratazione, sull’importanza delle pause.
“Vanno messi in campo interventi sull’organizzazione del lavoro quando ci sono temperature che non consentono le normali attività, per aumentare le pause, mettere a disposizione acqua fresca, fornire un abbigliamento adeguato e dispositivi di protezione, sia che si stia all’esterno che all’interno – spiega Francesca Re David, segretaria nazionale Cgil –. Sono temi che vanno trattati e affrontati in fase di contrattazione e nei luoghi di lavoro, dove il sindacato interviene con i rappresentanti per la sicurezza e negli accordi aziendali, sui quali bisogna premere perché si investa sempre di più. Fino al riconoscimento della cassa integrazione per le fermate dovute al caldo eccessivo, come è accaduto nel settore dell’edilizia lo scorso anno”.
Scarsa consapevolezza
Il fatto è che c’è ancora una scarsa consapevolezza dei pericoli, a tutti i livelli. “La prima delle linee guida prodotte da Worklimate riguarda la percezione del rischio – riprende Marinaccio -. Il punto chiave è essere coscienti che l’esposizione prolungata al caldo estremo è un pericolo per i lavoratori. Non è un fatto scontato, la consapevolezza è scarsa, soprattutto tra i giovani e gli stranieri che non conoscono bene l’italiano, che tra l’altro hanno contratti poco tutelanti in fatto di salute e sicurezza: i nostri questionari lo hanno dimostrato con chiarezza. C’è spazio per intervenire con attività formative, le linee guida operative sono disponibili sul sito del progetto”.
“Di solito i lavoratori sottovalutano tantissimo i rischi legati ai fattori ambientali e climatici – aggiunge Marco Morabito, del Cnr - e il fattore caldo è complesso da percepire: ce ne rendiamo conto quando iniziamo a sudare, ma le problematiche come la disidratazione iniziano molto prima. Il 70 per cento dei lavoratori iniziano la loro attività in una condizione di disidratazione, perché non si presta attenzione a quello che si fa prima dell’orario nel periodo estivo. Per questo, una delle strategie migliori per contrastare le conseguenze di questi fenomeni è la formazione e l’informazione”.
Previsioni del rischio
Worklimate ha prodotto anche uno strumento pratico di uso immediato: una piattaforma per l’allerta caldo, grazie alla quale l’utente lo scorso anno nel periodo estivo ha avuto la possibilità di visualizzare le previsioni di rischio in base alle fasce orarie e al territorio dove si svolgeva l’attività. “Queste previsioni hanno avuto ricadute importanti – spiega Morabito -: l’estate scorsa sono state utilizzate dalle Regioni Puglia, Basilicata, Calabria e Molise per emettere lo scorso anno delle ordinanze che hanno imposto di fermare il lavoro nel settore agricolo dalle 12.30 alle 16, quando la mappa che noi fornivamo indicava un rischio alto. I datori dovevano adeguarsi a queste indicazioni”.
“È un sistema complesso che affineremo grazie alla prosecuzione del progetto, con un aumento della risoluzione spaziale e un calcolo degli indicatori sulla base dei profili di lavoratori – prosegue il ricercatore del Cnr -. A supporto della piattaforma, abbiamo sviluppato anche una web App dedicata ai datori e a chi si occupa di salute e sicurezza che, previa registrazione, consente di personalizzare le previsioni: che tipo di attività si svolge, se esposta al sole o all’ombra, se vengono usati dispositivi particolari, e così via”.
L’anno scorso si è mosso anche l’ispettorato del lavoro, che con una circolare ad hoc ha chiesto di rivolgere particolare attenzione alla prevenzione dei rischi per chi opera all’aperto, come gli agricoli. “Un problema che riguarda anche i forestali, gli addetti dei consorzi di bonifica, gli edili – afferma Tina Balì, della Flai Cgil nazionale -. Le piattaforme che presenteremo a ottobre per il settore agricolo inseriremo come linee guida nazionali la necessità che a livello provinciale vengano contrattati elementi legati alla salute e alla sicurezza, dagli orari di stop del lavoro nelle ore più calde alla distribuzione di dispositivi di protezione, alla distribuzione dell’acqua. Cose che il sindacato di strada già fa, sostituendosi di fatto molto spesso ai datori di lavoro”
L'Italia è il primo Paese al mondo dove è stata sospesa l'applicazione dell'intelligenza artificiale. Una voce solitaria che può essere da apripista
Ecosi arriva lo stop del Garante della privacy alla ChatGPT di OpenAi. Non che il Garante stesso non avesse già evidenziato quale fosse l’entità della raccolta dei dati, come avevamo avuto modo di scrivere. Ma adesso il tema assume una rilevanza diversa e il Garante apre una vera e propria istruttoria e sospende momentaneamente l’utilizzo dell’applicazione. Cosa rileva il nostro Garante, che per primo al mondo si muove in questo senso? Rileva una scarsa chiarezza nell’utilizzo dei dati e la mancanza della base giuridica per la loro conservazione, oltre che una informazione difettosa nei confronti degli utenti. Rilievi importanti.
Il Garante “ha disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma”. Ora OpenAi ha 20 giorni per rispondere e intanto, solo pochi giorni fa, per un errore tecnico è stato possibile vedere la serie di chat comprensive di dati personali e, udite udite, anche i metodi di pagamento per passare alla versione plus.
Insomma, il Garante italiano non ha perso tempo ed ha nuovamente segnato come, in un campo come questo, sia necessario e indispensabile il quadro regolatorio, fortunatamente già esistente in Europa grazie al GDPR, ma anche un coordinamento europeo e, direi io, globale. Già, perché la tecnologia non ha confini, i dati viaggiano e l’umanità tutta deve essere protetta nei suoi diritti fondamentali. La tutela universale dei diritti umani vale sempre, e dunque perché non per gli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale?
Una voce solitaria quella del Garante della privacy italiano? Per ora, a nostra conoscenza sì. Intanto mentre si discute di come tutelare dati, privacy, conversazioni degli utenti e anche eventualmente dati di transazione economica, in giro per il mondo più aziende tra cui Google e aziende cinesi stanno lavorando per sviluppare la versione numero cinque della chat GPT.
IL CASO
Le nuove funzionalità di OpenAI, la Chat GPT-4, non rendono lo strumento più intelligente, ma riducono solo la possibilità di errori. Tutti i rischi restano
Sappiamo che vi è un gruppo, su cui varrà la pena effettuare un successivo approfondimento, che vede tra i componenti Elon Musk e circa un altro migliaio di persone e chiede una sospensiva di almeno sei mesi sulla ricerca e sulle implementazioni dell’intelligenza artificiale ipotizzando rischi concreti, ossia che questi strumenti "inondino i nostri canali informativi con propaganda e falsità", per arrivare a visioni decisamente più catastrofiche per l’umanità.
Oggettivamente non credo che vi siano oggi timori effettivi di sostituzione dell’intelligenza umana con modelli che la ricercatrice TIMIT GEBRU definisce pappagalli stocastici, capaci cioè di ripetere ciò che hanno immagazzinato. Ma aldilà della lettera in oggetto, che ciascuno potrà valutare, la domanda è perché uno stop proprio adesso che lo sviluppo sta diventando sempre più evidente per l’utilizzo che ne viene fatto dalle persone comuni?
Evidentemente, come più volte abbiamo detto, la tecnologia ha bisogno per ogni sua implementazione di un governo umano a monte che sia in grado di determinarne gli utilizzi migliori, con uno sguardo umanocentrico e non fine a se stesso, o, peggio ancora, finalizzato al mero profitto.
E allora ecco che modelli così sviluppati e sempre più sofisticati come ad esempio può essere chat Gpt possono indurre ad esempio a cattiva informazione, possono portare a Deep fake: si veda ad esempio la famosa immagine passata ultimamente su tutti i media del Papa vestito in modo alquanto bizzarro che sembrava peraltro completamente rispondente al vero, se non fosse che si trattava di una mera ricostruzione artificiale. Il tutto con rischi non indifferenti per la democrazia se la fake inerisse altri temi.
E poi rimangono aperte le vecchie questioni: possibili discriminazioni, gli errori che, per quanto di volta in volta affrontabili, rimangono ancora un problema sensibile se si parla addirittura di effetti allucinatori, e poi la sorveglianza, su cui non vi è affatto da scherzare perché sono elementi prodromici e funzionali. a possibili limitazioni della libertà. Il Garante italiano dice “le informazioni fornite da ChatGPT non sempre corrispondono al dato reale, determinando quindi un trattamento di dati personali inesatto“ non pare una banalità!
Allora ecco che se, ad esempio, l’accesso all’informazione fosse legato solo ed esclusivamente o sempre più frequentemente a prodotti derivanti da una intelligenza artificiale che auto apprende e apprende sulla base di dati di cui l’umano, per l’enorme quantità di dati in circolazione, potrebbe perdere addirittura il controllo, quale sarebbe la modalità di comunicazione, di diffusione del sapere che informerà di sé l’umanità?
Ecco alcuni dei problemi etici che pone lo sviluppo dell’intelligenza artificiale: sono molti ed è da ormai qualche anno che anche la Cgil studia e tenta di analizzare i possibili rischi che una tecnologia non governata e così pervasiva può creare non solo per quanto attiene gli aspetti lavoratici ma anche per quanto attiene gli aspetti sociali e l’esercizio della democrazia.
Abbiamo sempre parlato di un cambio di paradigma sociale che aveva ed ha ancor più necessità di essere regolamentato e non si possono fare regole valevoli solo per un pezzo di mondo quando la tecnologia non conosce confini; ecco allora che ancora anche questa volta l’Italia, con la sua Autorità garante per la privacy, ha posto un punto di attenzione su un tema che va aldilà della mera tutela dei dati degli utenti, che pure è un elemento essenziale, e ha posto un tema che va aldilà anche della tutela della privacy che noi intendiamo come diritto del singolo.
Il garante, aprendo questa istruttoria, ha nuovamente posto l’attenzione su un meccanismo di intelligenza artificiale che, come gli altri, necessita di regole trasparenti capaci di essere lette e comprese dagli utenti ma ancor più, a monte, pone nuovamente per chi lo voglia leggere un problema di governo generale delle implementazioni. Un tema che non riguarda soltanto il sindacato ma la società tutta e che deve coinvolgere politici, deve coinvolgere sociologi, deve coinvolgere filosofi, psicologi, antropologi, economisti, cioè tutti coloro che hanno la possibilità di dare uno sguardo specifico che, insieme gli altri, divenga olistico sul futuro e sul presente dell’umanità e funga da supporto alle necessarie scelte programmatorie.
Cinzia Maiolini è responsabile Ufficio 4.0 Cgil
L'INIZIATIVA DOPO LE DICHIARAZIONI SHOCK SU VIA RASELLA. Di fronte alle parole gravissime del Presidente del Senato non possiamo tacere. Abbiamo raccolto in poche ore le firme su un appello per le dimissioni di La Russa che vi […]
Di fronte alle parole gravissime del Presidente del Senato non possiamo tacere. Abbiamo raccolto in poche ore le firme su un appello per le dimissioni di La Russa che vi chiediamo di pubblicare. In particolare segnaliamo quelle dei partigiani Gastone Cottino e Aldo Tortorella, dell’ex-presidente della Camera Fausto Bertinotti, del presidente dell’Arci Walter Massa, di storici, intellettuali, artisti, attivisti e ex-parlamentari. Da alcuni minuti la petizione è on line e chiediamo di firmarla a tutte le cittadine e i cittadini che si riconoscono nella Costituzione nata dalla Resistenza.
Emilia-Romagna prima per asserzioni e prescrizioni, 458 nel 2021. Legambiente: “tenere alta l’attenzione sul tema per non rischiare infiltrazioni mafiose nell’uso del PNRR”
Presentato “IPOSSIA MONTANA” (2022), inchiesta finalista del Premio Morrione 2022 per il Giornalismo Investigativo, dedicata alle infiltrazioni mafiose nell’Appennino bolognese
IN ALLEGATO LA “RADIOGRAFIA” SULLE ECOMAFIE IN EMILIA-ROMAGNA
Ad una settimana dalla Giornata Contro tutte le Mafie, Legambiente Emilia-Romagna porta a Bologna la presentazione dei dati dello storico dossier dell’associazione, Ecomafia 2022. La serata, che si è tenuta presso lo Spazio Cultura di CUBO, è stata un momento di confronto sullo stato dell’arte del monitoraggio sugli ecoreati in regione, a 8 anni dall’entrata in vigore dalla Legge 68/2015.
Dal quadro complessivo presentato da Enrico Fontana, Responsabile osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, emerge l’efficacia dell’apparato di controllo ambientale in regione, dato l’alto numero di asseverazioni e prescrizioni registrate: 458 nel 2021, il dato regionale più alto in Italia. Un dato, però, che conferma il contributo della nostra regione agli illeciti ambientali: l’Emilia-Romagna, infatti, oltre alla posizione di rilievo per gli illeciti di ordine amministrativo, risulta collocata al dodicesimo posto nella classifica generale dell’illegalità ambientale in Italia, avendo "accumulato” dal 2017 al 2021 oltre cinquemila reati ambientali (esattamente 5.184), con 4.497 persone denunciate, 1.520 sequestri e cinque ordinanze di custodia cautelare, segnalate dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto.
Tra i relatori della serata i protagonisti delle indagini sugli ecoreati. Hanno portato la propria esperienza il Tenente Colonnello Enrico Risottino, Comandante Gruppo Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Venezia, con competenza anche nella nostra regione; Morena Plazzi, Procuratore aggiunto della Procura di Bologna e coordinatrice del gruppo Ambiente; Maria Luisa Caliendi e Luca Boccuzzi, presidente e avvocato del CEAG – Centro di Azione Giuridica di Legambiente Emilia-Romagna.
Particolare attenzione è stata dedicata durante la serata all’informazione e al ruolo del giornalismo investigativo nel sensibilizzare amministratori e cittadini su questi temi, grazie alla collaborazione con il Premio Roberto Morrione per il Giornalismo d’Inchiesta, rappresentato nella serata dalla portavoce Mara Filippi Morrione.
Ha chiuso la serata, infatti, la visione dell’inchiesta “Ipossia Montana”, finalista della 22esima edizione del Premio Roberto Morrione, di Cecilia Fasciani, Andrea Giagnorio e Sofia Nardacchione. Al centro dell’inchiesta la permeabilità delle aree interne della nostra regione - nello specifico l’Appennino bolognese - ad infiltrazioni mafiose. La riflessione offerta dai due co-autori presenti, Giagnorio e Nardacchione, è che i territori di queste aree marginali non possono essere lasciati soli nella gestione dei fondi PNRR, ma che al contrario debbano essere supportati adeguatamente per evitare che i fondi finiscano nelle mani sbagliate.
“I quasi 7 miliardi che stanno arrivando in Regione grazie ai fondi PNRR, di cui quasi il 10% destinati alle aree montane e interne, rischiano di essere un esca per attività illecite sui territori.” – commenta Legambiente Emilia-Romagna – “Come mostrato dall’inchiesta, le infiltrazioni mafiose sono una realtà con cui il nostro tessuto sociale deve fare i conti. In questo contesto, bisogna saper affiancare i piccoli comuni che saranno sicuramente in difficoltà nella gestione corretta dei fondi europei. Servono dunque competenze e sostegno affinché il pacchetto aiuti dall’Europa possa davvero risollevare le sorti delle aree interne e non viceversa consegnarle dell’illegalità ambientale.”
L’illegalità ambientale in Emilia Romagna (2017-2021)
l’illegalita’ ambientale in emilia romagna dal 2017 al 2021
|
Reati |
Persone Denunciate |
Persone Arrestate |
Sequestri |
L’illegalità ambientale in Emilia Romagna dal 2017 al 2021 |
5.184 |
4.497 |
5 |
1.520 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto (dal 2017 al 2021)
L’ILLEGALITA’ AMBIENTALE IN EMILIA ROMAGNA DAL 2017 AL 2021
Provincia* |
Reati |
Persone denunciate |
Persone Arrestate |
Sequestri |
Rimini |
1.160 |
1.011 |
0 |
325 |
Ravenna |
925 |
870 |
1 |
302 |
Forlì Cesena |
580 |
519 |
1 |
153 |
Bologna |
369 |
308 |
1 |
169 |
Modena |
350 |
291 |
0 |
114 |
Reggio Emilia |
347 |
348 |
0 |
115 |
Parma |
301 |
277 |
1 |
126 |
Piacenza |
260 |
158 |
0 |
71 |
Ferrara |
174 |
124 |
0 |
24 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto (2017/2021)
*esclusi i dati dei Carabinieri Tutela Ambiente e Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
l’illegalita’ contro la fauna IN EMILIA ROMAGNA dal 2017 al 2021
|
Reati |
Persone Denunciate |
Persone Arrestate |
Sequestri |
L’illegalità contro la fauna in Emilia Romagna dal 2017 al 2021 |
1.734 |
1.383 |
0 |
616 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto (dal 2017 al 2021)
l’ILLEGALITÀ CONTRO LA FAUNA IN EMILIA ROMAGNA DAL 2017 AL 2021
Provincia |
Reati |
Persone denunciate |
Persone Arrestate |
Sequestri |
Ravenna |
570 |
574 |
0 |
219 |
Rimini |
541 |
484 |
0 |
100 |
Forlì Cesena |
190 |
132 |
0 |
95 |
Parma |
97 |
44 |
0 |
37 |
Piacenza |
91 |
12 |
0 |
13 |
Bologna |
90 |
43 |
0 |
57 |
Reggio Emilia |
79 |
59 |
0 |
42 |
Modena |
56 |
26 |
0 |
43 |
Ferrara |
19 |
9 |
0 |
10 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto (dal 2017 al 2021)
l’illegalita’ nel ciclo dei rifiuti IN EMILIA ROMAGNA dal 2017 al 2021
|
Reati |
Persone Denunciate |
Persone Arrestate |
Sequestri |
L’illegalità nel ciclo dei rifiuti in Emilia Romagna dal 2017 al 2021 |
1.318 |
1.653 |
2 |
550 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto (dal 2017 al 2021)
L’ILLEGALITA’ NEL CICLO DEI RIFIUTI IN EMILIA ROMAGNA DAL 2017 AL 2021
Provincia* |
Reati |
Persone denunciate |
Persone Arrestate |
Sequestri |
Rimini |
171 |
180 |
0 |
77 |
Reggio Emilia |
164 |
189 |
0 |
60 |
Forlì Cesena |
158 |
166 |
0 |
50 |
Parma |
118 |
154 |
0 |
72 |
Bologna |
111 |
165 |
0 |
65 |
Ravenna |
96 |
98 |
1 |
51 |
Modena |
84 |
98 |
0 |
56 |
Piacenza |
72 |
100 |
0 |
51 |
Ferrara |
54 |
45 |
0 |
9 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto (dal 2017 al 2021)
*esclusi i dati dei Carabinieri Tutela Ambiente
l’illegalita’ nel ciclo del cemento IN EMILIA ROMAGNA dal 2017 al 2021
|
Reati |
Persone Denunciate |
Persone Arrestate |
Sequestri |
L’illegalità nel ciclo del cemento in Emilia Romagna dal 2017 al 2021 |
1.093 |
895 |
2 |
200 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto (dal 2017 al 2021)
L’ILLEGALITA’ NEL CICLO DEL CEMENTO IN EMILIA ROMAGNA DAL 2017 AL 2021
Provincia* |
Reati |
Persone denunciate |
Persone Arrestate |
Sequestri |
Rimini |
243 |
219 |
0 |
96 |
Forlì Cesena |
132 |
164 |
1 |
6 |
Ravenna |
132 |
91 |
0 |
27 |
Modena |
114 |
107 |
0 |
8 |
Bologna |
81 |
58 |
1 |
39 |
Ferrara |
65 |
57 |
0 |
5 |
Reggio Emilia |
64 |
59 |
0 |
7 |
Parma |
32 |
41 |
0 |
5 |
Piacenza |
30 |
27 |
0 |
5 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto (dal 2017 al 2021)
*esclusi i dati dei Carabinieri Tutela Ambiente
gli incendi dolosi - colposi – generici IN EMILIA ROMAGNA dal 2017 al 2021
|
Reati |
Superfice boscata e non boscata (ha - ettaro) |
Persone Denunciate |
Persone Arrestate |
Sequestri |
Emilia Romagna in Fumo dal 2017 al 2021 |
472 |
177,98 |
142 |
1 |
18 |
Fonte: Elaborazione Legambiente su dati del Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari Carabinieri (CUFA) e dei Corpi forestali delle regioni a statuto speciale e su dati EFFIS (European Forest Fire Information System) (dal 2017 al 2021).
gli incendi dolosi - colposi – generici IN EMILIA ROMAGNA dal 2017 al 2021
Provincia |
Reati |
Persone Denunciate |
Persone Arrestate |
Sequestri |
Forlì Cesena |
84 |
34 |
0 |
1 |
Modena |
72 |
22 |
0 |
4 |
Rimini |
71 |
21 |
0 |
2 |
Bologna |
65 |
20 |
0 |
0 |
Piacenza |
57 |
6 |
0 |
0 |
Parma |
46 |
16 |
1 |
8 |
Ravenna |
31 |
15 |
0 |
3 |
Reggio Emilia |
26 |
7 |
0 |
0 |
Ferrara |
20 |
1 |
0 |
0 |
Fonte: Elaborazione Legambiente su dati del Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari Carabinieri (CUFA) e dei Corpi forestali delle regioni a statuto speciale (dal 2017 al 2021).
L’ARTE RUBATA IN ITALIA DAL 2017 AL 2021
|
Furti d’opere d'arte |
Denunce |
Arresti |
Sequestri effettuati in attività di tutela |
Totale oggetti d'arte recuperati |
L’Arte Rubata 2017/2021 |
3.110 |
7.318 |
152 |
2.209 |
1.628.047 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto (dal 2017 al 2021)
la classifica dell’arte rubata dal 2017 al 2021
N° |
Regione |
Furti opere d'arte |
Lazio |
462 |
|
2 |
Campania |
445 |
3 |
Toscana |
319 |
4 |
Lombardia |
269 |
5 |
Emilia Romagna |
244 |
6 |
Puglia |
225 |
7 |
Sicilia |
203 |
8 |
Sardegna |
151 |
9 |
Veneto |
148 |
10 |
Piemonte |
132 |
11 |
Liguria |
110 |
12 |
Marche |
86 |
13 |
Umbria |
73 |
14 |
Calabria |
60 |
15 |
Abruzzo |
57 |
16 |
Friuli Venezia Giulia |
44 |
17 |
Molise |
40 |
18 |
Trentino Alto Adige |
25 |
19 |
Basilicata |
11 |
20 |
Valle D'Aosta |
6 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati forze dell’ordine e Capitanerie di porto (dal 2017 al 2021)
LETTERA APERTA . Intervenire per costruire la pace. Un appello alla responsabilità a tutte le forze della sinistra
Ci rivolgiamo, innanzitutto, al Pd, al M5S, a Verdi-Sinistra presenti in Parlamento affinché prendano una significativa iniziativa unitaria per la trattativa di pace. La guerra in Ucraina si fa sempre più tragica per la sua popolazione, per tutti i giovani militari, ucraini e russi, e minacciosa per la pace in Europa e nel mondo.
A un anno e più dal suo inizio con l’aggressione di Putin, la cui condanna riconfermiamo nettamente, la situazione è dominata da un’incessante escalation di armi e minacce perfino nucleari. L’Unione europea dal canto suo si è limitata, sul piano militare, a fornire armi all’Ucraina e a mettersi strategicamente nelle mani degli anglo-americani e della Nato la cui estensione scervellata nell’Est europeo negli anni passati ha favorito la ripresa del nazionalismo russo. La stessa cosa sta facendo il governo italiano di destra in nome di un oltranzismo atlantico sempre più divergente dagli interessi veri dell’Europa.
Come affermato dai promotori della marcia straordinaria per la pace Perugia-Assisi del 24 febbraio scorso “la politica deve riconoscere che è interesse degli ucraini, ma anche dei russi e nostro, che la guerra finisca al più presto e che si cominci a costruire la pace con ‘soluzioni concordate, giuste e stabili’”. Ma, per ora, sul piano diplomatico, nel novero delle proposte avanzate dalle grandi potenze c’è solo un piano cinese che si esplica in 12 punti di principio.
Tutti, nel campo ‘progressista’ della variegata sinistra − e non solo −, dicono che sulla guerra in Ucraina c’è bisogno di un’iniziativa diplomatica per la pace. Ma questa volontà conclamata non prende unitariamente corpo in Parlamento. Assistere all’ultima discussione parlamentare, conclusasi con una maggioranza di destra compatta anche nel voto concernente l’Ucraina, contrapposta a un campo progressista e pacifista diviso e frantumato, è stato penoso.
I crimini di guerra vanno perseguiti tutti
Tanto più che in ogni mozione di Pd, M5s, Sinistra-Verdi si invitava il governo a sollecitare l’Europa a prendere un’iniziativa diplomatica volta alla trattativa e alla pace. Siamo consapevoli che sull’invio di armi all’Ucraina ci sono opinioni discordi, anche fra i ‘progressisti’, i quali, però, hanno più volte concordemente manifestato la volontà che l’Europa faccia sentire la sua voce, finora assente, per il compromesso, la trattativa e la pace.
Come sempre, specialmente a sinistra, occorre mettere l’accento sulle cose che uniscono e non su quelle che dividono. È necessario e urgente che i progressisti e i pacifisti italiani si facciano promotori in parlamento e nel paese di una posizione unitaria che concretizzi la conclamata e condivisibile esigenza pacifista di non lasciare solo la parola alle armi. Nel parlamento italiano e nell’europarlamento.
In tal senso il piano cinese va valutato e utilizzato seriamente nel suo complesso, a cominciare dal primo punto là dove si dice: “Rispettare la sovranità di tutti i paesi. Il diritto internazionale universalmente riconosciuto, compresi gli scopi e i princìpi della Carta delle Nazioni Unite, deve essere rigorosamente osservato”; al punto2: “Tutte le parti dovrebbero …. contribuire a creare un’architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e sostenibile”; e al punto 3: “Sostenere la Russia e l’Ucraina” per “riprendere il dialogo diretto il più rapidamente possibile” e per “raggiungere infine un cessate il fuoco globale.”
È ora che la variegata sinistra progressista passi dalle petizioni di principio sulla necessità dell’iniziativa diplomatica a posizioni e proposte concrete e unitarie. Nell’interesse della pace e della sicurezza degli ucraini, dei russi e di tutti gli europei.
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Primi firmatari
Con Luciana Castellina e AldoTortorella, hanno firmato (in ordine alfabetico): Adriana Buffardi, Celeste Ingrao, Pasqualina Napoletano, Piero Bevilacqua, Carmelo Caravella, Eduardo Aldo Carra, Giulio De Petra, Sergio Gentili, Giorgio Mele, Sandro Morelli, Corrado Morgia, Aldo Pirone, Battista Sangineto, Enzo Scandurra, Vincenzo Vita