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Vertice di governo, Salvini strappa un primo ok all’autonomia regionale da sbandierare in vista delle regionali: disegno di legge in uno dei prossimi cdm. I tempi sono ancora vaghi e la premier insiste sul presidenzialismo. Ma la riforma che spacca il paese avanza

VERTICE A PALAZZO CHIGI. Salvini ha bisogno di una bandiera per le regionali. Meloni non ha fretta ma teme defezioni sul Mes

 Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani - Ansa

La Lega segna un punto sull’autonomia differenziata. Il vertice riunito ieri pomeriggio a palazzo Chigi, ha «definito il percorso tecnico e politico per arrivare, in una delle prossime sedute del consiglio dei ministri, all’approvazione preliminare del ddl sull’autonomia differenziata». È un passo che si avvicina, senza ancora centrarlo, all’obiettivo di Salvini che ha

disperatamente bisogno di un risultato concreto da sbandierare nella campagna elettorale in Lombardia e punta sulla calendarizzazione dell’autonomia prima del voto. In Lazio sarebbe un boomerang e i leghisti lo sanno. Ma in quella Regione i sondaggi accreditano il Carroccio di una percentuale risibile, non oltre il 4%. Dunque lo stato maggiore di via Bellerio è prontissimo a sacrificare il poco che vanta nel Lazio pur di difendere le posizioni nella roccaforte lombarda, e poco male se si tratta di un certificato di morte per il miraggio salviniano di una Lega nazionale.

IL COMUNICATO di palazzo Chigi annuncia anche la decisione «di definire il cronoprogramma su Roma Capitale e sulla riforma presidenzialista». In realtà nel summit di ieri di presidenzialismo si è parlato poco ma la premier ci teneva a trasformare, almeno sulla carta, l’incontro sull’autonomia richiesto dalla Lega in un vertice a tutto campo sulle riforme. Con i vice Salvini e Tajani sono così arrivati a palazzo Chigi tutti i ministri coinvolti nelle due riforme, Calderoli e Fitto ma anche Casellati, che gestisce la partita sul presidenzialismo, e Lollobrigida.

«È per le elezioni che stiamo alzando il fuoco di questi giorni», confidava un paio di giorni fa il capogruppo Molinari. Solo che se alzare il fuoco vuol dire chiedere con insistenza è difficile che basti, perché la Lega di richieste rumorose ne ha avanzate tante in questi mesi e non una sola volta ha poi portato a casa risultati reali. Serve qualcosa in più di pugni impotenti sbattuti a vuoto sul tavolo. «Per lealtà abbiamo fatto molte rinunce ma anche noi siamo parte del governo», si è sfogato con gli intimi Salvini. Come «parte del governo» punta a strappare un’accelerazione nella marcia dell’autonomia e non solo a parole.

SI SA CHE GIORGIA MELONI da quell’orecchio proprio non ci sente e la rapidità con cui ha tramutato l’incontro sull’autonomia in un summit sulle riforme lo dimostra. I due capitoli vanno scritti contemporaneamente. Dunque il vertice inizia sì a discutere l’articolato della proposta depositata da Calderoli ma glissa sui tempi. L’impegno messo nero su bianco resta vago, e i ministri FdI ci tengono a sottolineare che un cronoprogramma non c’è e che comunque le riforme marceranno insieme. Del resto l’accelerazione nella maggioranza non la vuole nessuno. La premier può contare sull’appoggio di Fi, anche perché nel partito azzurro, un tempo sbilanciato a nord, le Regioni del sud sono oggi decisive. Lupi, per i centristi, non ha neppure atteso il vertice per provare a tagliar corto: «L’autonomia? Non prima delle Regionali».

I TEMPI LUNGHI e l’insistenza della premier per incatenare l’autonomia al presidenzialismo non servono solo e neppure soprattutto a evitare che la Lega riprenda fiato in Lombardia. Quello è il meno. Il punto vero è che, se FdI e in buona parte anche Fi potessero dire apertamente quel che pensano, forse non userebbero parole molto diverse da quelle del responsabile Regioni del Pd Boccia: «I Livelli essenziali delle prestazioni, i Lep, vanno normati con una legge ordinaria non nel chiuso di una cabina di regia». E quando parla di non penalizzare il sud, probabilmente l’inquilina di palazzo Chigi non si scosta molto dal riassunto dello stesso Boccia: «Trasporto pubblico locale, assistenza, scuola e sanità sono diritti essenziali che vanno garantiti a tutti».

MA PER QUANTO ISOLATA, la Lega dispone di due armi possenti: il presidenzialismo, che non passerebbe senza i suoi voti, e la ratifica del Mes, che invece verrebbe comunque approvata grazie al soccorso del Terzo Polo e del Pd ma con esiti devastanti. Una spaccatura della maggioranza demolirebbe l’immagine della premier a Bruxelles e segnerebbe l’avvio del conto alla rovescia per il governo. Dunque qualcosa la presidente e gli alleati hanno dovuto concedere. Ma limitandosi al meno possibile