I punti salienti dell’Esortazione apostolica che aggiorna l’enciclica Laudato si’. La debolezza della politica che tutela i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti / IL TESTO
Il punto di partenza è perentorio: «Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono sempre più evidenti». Lo scrive il Papa in apertura di Laudate Deum, l’Esortazione apostolica sulla crisi climatica che aggiorna l’enciclica Laudato si’ e che il Pontefice indirizza “a tutte le persone di buona volontà”. Il documento viene pubblicato non a caso il 4 ottobre, festa di san Francesco d’Assisi patrono dell’ambiente, conclusione del Tempo del Creato, e giorno di apertura del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità. A seguire alcuni dei punti più significativi del documento, che sarà pubblicato integralmente su Avvenire di domani.
Nel documento il Papa cita quanti ricordano che fenomeni di raffreddamento e fortissimo caldo ci sono sempre stati. «Trascurano di menzionare l’insolita accelerazione del riscaldamento» e per mettere in ridicolo chi ne parla citano il verificarsi di freddi estremi «dimenticando che questi e altri sintomi straordinari sono solo espressioni alternative della stessa causa: lo squilibrio globale causato dal riscaldamento globale». Sembrerebbe poi, ed è un triste tentativo di semplificare la realtà, «che la colpa sia dei poveri» responsabili di «avere troppi figli e cercano di risolvere il problema mutilando le donne». Invece, i numeri dicono «che una percentuale più ricca della popolazione mondiale in quina di più rispetto al 50% di quella più povera e che le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri».
Le responsabilità dell’uomo nel provocare il cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio, avverte il Papa. E il grave velocizzarsi dei fenomeni dipende «dagli enormi sviluppi connessi allo sfrenato intervento umano sulla natura negli ultimi due secoli». Alcune manifestazioni di questa crisi climatica, come l’aumento della temperatura globale degli oceani, l’acidificazione e la riduzione dell’ossigeno, la riduzione dei giacchi sono irreversibili per centinaia di anni. Tuttavia non bisogna cedere a diagnosi apocalittiche e irragionevoli. Si tratta piuttosto di assumere una visione più ampia «che ci permetta non solo di stupirci delle meravigli del progresso ma anche di prestare attenzione ad altri effetti che probabilmente un secolo fa non si potevano nemmeno immaginare».
Il secondo capitolo della Laudate Deum è dedicato al “crescente paradigma tecnocratico” evidenziando «che le capacità ampliate dalla tecnologia danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero». «Non ogni aumento di potere», infatti, «è un progresso per l’umanità». Basti pensare alle tecnologie utilizzate per lanciare bombe atomiche e annientare gruppi etnici.
Fermo restando che l’uomo non è un fattore esterno capace solo di danneggiare l’ambiente, «dobbiamo tutti ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti». Ci vuole lucidità è onestà, l’amara constatazione, «per riconoscere in tempo che il nostro potere e il progresso che generiamo si stanno rivoltando contro noi stessi». Alla base anche la logica del massimo profitto al minimo costo e una sbagliata concezione della “meritocrazia” che è diventata «un meritato potere umano a cui tutto deve essere sottoposto, un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo».
Il terzo capitolo evidenzia che le crisi globali «vengono sprecate quando sarebbero l’occasione per apportare cambiamenti salutari». In questo senso serve un quadro diverso per una cooperazione efficace. Occorre, in particolare «una sorta di maggiore democratizzazione nella sfera globale per esprimere e includere le diverse situazioni». Così «non sarà più utile sostenere istituzioni che preservino i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti».
Il quarto capitolo dell’Esortazione apostolica è dedicato a progressi e fallimenti delle conferenze sul clima. Viene evidenziato il ruolo importante giocato dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 e dalla Cop21 di Parigi nel 2015 che ha prodotto un accordo che ha coinvolto tutti prefigurando come obiettivo a lungo termine il «mantenere l’aumento delle temperature medie globali al di sotto di due gradi rispetto ai livelli preindustriali puntando comunque a scendere sotto gli 1,5gradi». Il proseguo degli incontri, come Sharm el-Sheikh nel 2022 hanno rivelato un basso livello di attuazione dei propositi anche per la mancanza adeguati meccanismi di controllo mentre adesso si guarda con speranza alla Cop 28 di Dubai.
Il quinto capitolo pone a tema la Conferenza delle parti che dal 30 novembre al 12 dicembre prossimi si svolgerà negli Emirati Arabi Uniti. L’auspicio è che «porti a una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente». In tale senso le forme di conversione ecologica dovranno aver tre caratteristiche: essere efficienti, vincolanti e facilmente monitorabili. Un accenno anche alle proteste, alle azioni dei gruppi “radicalizzati” che occupano, dice il Papa, «un vuoto della società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta a ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli».
L’ultimo capitolo è infine dedicato alle motivazioni spirituali dell’impegno per l’ambiente e dell’Esortazione stessa. Scrive il Papa che «la fede autentica non solo dà forza al cuore umano ma trasforma la vita intera, trasfigura gli obiettivi personali, illumina il rapporto con gli altri». In questo contesto ai credenti viene chiesto di contribuire a realizzare una cultura nuova basata per esempio sul ridurre gli sprechi e consumare in modo oculato, così da inquinare meno. Un cambiamento «diffuso dello stile di vita irresponsabile legato al modello occidentale avrebbe infatti un impatto significativo a lungo termine». Si tratta di non cedere alle lusinghe di una tecnocrazia che domina tutto e di non considerare l’uomo come un dominus assoluto. Lodate Dio è il nome di queste lettera, conclude il Pontefice, «perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso»
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Il premier spagnolo ha tempo fino al 27 novembre per ottenere la fiducia alla camera. Verso la storica accettazione dell’amnistia per il referendum del 1 ottobre
Il re Felipe VI riceve il primo ministro Pedro Sánchez - Epa
È arrivata l’ora di Pedro Sánchez. Come previsto, e passato con il primo ottobre il sesto anniversario del referendum catalano, il capo dello stato, il re Felipe VI, ha chiesto ieri al leader socialista di trovare gli appoggi per far partire il suo terzo governo.
E GIÀ DAL PRIMO DISCORSO è stata chiara la volontà di costruire una narrazione che, nel caso i negoziati diano i loro frutti, culminerà con la storica accettazione da parte del Partito socialista operaio spagnolo non solo di una amnistia per i fatti dell’uno di ottobre, ma anche in qualche forma e maniera, magari indiretta, dell’idea dell’autodeterminazione del popolo catalano. «Ho dovuto prendere posizioni difficili durante la scorsa legislatura», ha detto Sánchez in conferenza stampa parlando dell’indulto concesso ai leader indipendentisti. «E ho potuto constatare che fu una decisione adeguata per la tutela dell’interesse generale» giacché la situazione in Catalogna si è tranquillizzata moltissimo. E ha assicurato che, «nonostante le conversazioni debbano essere discrete, gli accordi saranno trasparenti».
Ora Sánchez ha tempo fino al 27 novembre per ottenere la fiducia della camera. In molti indicano il mese di ottobre come il limite che si è dato il leader socialista per chiudere i negoziati e affrontare il voto, ma il conto alla rovescia dei due mesi dalla prima sessione di investitura può prolungarsi fino a fine novembre. Convocherà la sessione di investitura «nel momento in cui la situazione sia sufficientemente matura», ha detto la presidente del Congresso Francina Armengol.
IL CAPO DEL GOVERNO ad interim inizierà ufficialmente i colloqui oggi con la leader della piattaforma di sinistra Sumar, Yolanda Díaz, anche se sono in corso da mesi contatti discreti con altre forze politiche, soprattutto Junts, che è la gatta più dura da pelare. Un partito nazionalista conservatore capeggiato dall’ex presidente catalano Carles Puigdemont, sfuggito alla dura giustizia spagnola e che sarebbe uno dei potenziali beneficiari della misura dell’amnistia. E poi con i loro acerrimi nemici, ma alleati tattici, di Esquerra Republicana, che in tutta la legislatura anteriore ha quasi sempre appoggiato il governo Sánchez con i suoi 15 deputati, ma che ora ne ha solo 7, proprio come Junts. Nessuno dei due partiti può permettersi di sembrare più accondiscendente coi socialisti; e lo stesso accade per gli altri due partiti nazionalisti con cui Sánchez deve trovare la quadra: i baschi del Pnv, partito d’ordine e tattica politica, e Eh Bildu, molto più a sinistra.
In tutto questo, Sumar, la cui alleanza è stata sempre data per scontata, ha alzato la testa: Díaz, lunedì, all’uscita dell’incontro con Filippo VI ha detto che «a oggi il Psoe non può contare sui nostri voti». Reclamando che nel negoziato abbiano uno spazio anche le loro proposte.
IN REALTÀ PIÙ CHE IL PSOE, il principale avversario di Díaz è la frammentazione al suo interno. Con un plotone di deputati assai meno incisivi dei loro predecessori di Unidas Podemos: una portavoce, Marta Lois, che nelle due sessioni di investitura fallite non ha convinto, uno sparuto gruppo di deputati di Podemos, completamente silenziato, sempre più irritato, e mille equilibri interni da gestire, Díaz avrà un cammino in salita non solo per la scelta dei pochi ministeri che il Psoe le cederà, ma anche per distribuire i pochissimi nomi senza che le esploda la creatura a cui ha appena dato luce.
Come dice Sánchez, «è l’ora della politica e della generosità». Ma è anche l’ora del redde rationem. E se trascinare Puigdemont e i suoi si rivelerà complicato per Sánchez, riuscire a soddisfare il partito che le ha dato la fama per Díaz si potrebbe rivelare indiavolato
Commenta (0 Commenti)«Non sei la benvenuta», così gli studenti accolgono Meloni a Torino. La polizia li carica tre volte: cinque feriti. Vietato contestare la premier, venuta a difendere davanti alle regioni i tagli alla sanità. Ma in difficoltà, perché mette la firma sulla bancarotta della salute
Al Festival delle Regioni di Torino la premier in affanno: «Materia difficile, non basta investire se non si spende bene»
Foto di gruppo per Giorgia Meloni al festival delle Regioni a Torino - Ansa
Come faccia tosta Silvio Berlusconi era impareggiabile. Giorgia Meloni però prova almeno a emularlo. L’uscita di ieri sulla Sanità, nel discorso al Festival delle Regioni di Torino pronunciato mentre fuori dal palazzo la polizia manganellava a volontà, è una vetta. «Sarebbe miope perseguire l’obiettivo comune di una sanità efficiente ed efficace per tutti concentrando tutta la discussione sull’aumento delle risorse. Dobbiamo aver un approccio diverso e concentrarci con coraggio, lealtà e verità su come le risorse vengono spese». Non che abbia torto, per carità. Ma quando i soldi non ci sono spenderli bene è proprio impossibile e non ci sono coraggio e lealtà che tengano.
Ma l’esercizio di alto equilibrismo sulla sanità, come del resto l’intero discorso a tutto campo da Torino, è eloquente. Rivela quanto la premier si senta in difficoltà nonostante i consensi premino il suo partito, l’unico a crescere mentre tutti gli altri perdono decimali. In realtà lo ammette anche lei: «La sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, in un contesto molto complesso, è una materia sempre più difficile da affrontare». Anche in questo caso darle torto sarebbe impossibile: la vera colpa grave del suo governo è aver sprecato un anno tutto sommato ancora facile, o almeno più facile di quelli che verranno, cullandosi nell’inspiegabile illusione che invece le cose si sarebbero fatte più facili.
La premier è tornata anche sulla Nadef ed è stata ancora più chiara del solito: «I margini di manovra sono limitati», naturalmente per colpa dei governi precedenti che avevano fatto «le scelte più facili». Significa che, oltre alla conferma del taglio del cuneo fiscale che per il governo è una bandiera ammainata la quale resterebbe solo la resa, non si potrà fare niente. «Qualche passo avanti se possibile» ma senza farsi illusioni: solo «segnali» e in politica il termine si traduce con quasi niente. Questione di tempo, sia chiaro: «Il vantaggio è che abbiamo un orizzonte di legislatura». Lo svantaggio è che la temperie, stando a segnali e previsioni, sarà più scura e difficile, non più luminosa, mentre si marcia verso quell’orizzonte di gloria.
È SIGNIFICATIVO che il giorno dopo l’intemerata contro la sentenza di Catania, arrivata a livelli mai raggiunti neppure da Berlusconi, Meloni si sia affannata per
Leggi tutto: La beffa di Meloni : «Il Ssn è una priorità ma i soldi non ci sono» - di Andrea Colombo
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“Il progetto – spiega Andrea Fabbri– è ancora in divenire e soprattutto da elaborare nei contenuti, per questo l’Amministrazione ad oggi non aveva dato alcuna comunicazione ufficiale né a mezzo stampa, né tanto meno ai cittadini e ai loro rappresentanti, a partire dai comitati, in quanto, nonostante sia una bellissima e importante opportunità non rappresenta certamente una priorità rispetto alle emergenze ancora in atto. Le notizie uscite a mezzo stampa immaginiamo siano figlie della delibera passata in giunta Unione, quale passaggio formale indispensabile per poter candidarsi al Bando, in cui sono riportate alcune linee guida generali del bando, poi riprese dagli organi di comunicazione”.
“L’Ufficio Progettazione Europea infatti ha lavorato in queste settimane in tempi strettissimi per riuscire a candidarlo (la scadenza di presentazione è il 5 ottobre) concentrandosi sul mettere in fila gli aspetti amministrativi e formali, nonché la creazione di un partenariato pubblico privato necessaria per essere ammessi al bando europeo, andando a comporre un gruppo di lavoro composto da Università di Bologna, IUAV-Università di Venezia, Hera Tech, CAE San Lazzaro, Associazione Borgo Durbecco e con il supporto tecnico di ASSO, Agenzia per lo Sviluppo Sostenibile e CON.AMI, in quanto interessata a replicare l’eventuale progetto sugli altri 23 comuni soci del consorzio” prosegue il vice sindaco.
“Innanzitutto occorre aver chiari tre aspetti – spiega -. Il progetto messo a punto dall’Unione della Romagna faentina al momento è semplicemente in fase di candidatura al bando che finanzia elaborati con un budget fino a un massimo di 6 milioni di Euro e che riguarda la realizzazione di eventuali intervertenti negli anni avvenire, su cui si rischia di creare aspettative che potrebbero rimanere deluse. In secondo luogo, la fase di progettazione è ancora da sviluppare e le soluzioni da costruire insieme ai cittadini delle aree alluvionate e dai comitati di questi rappresentanti, uno degli obiettivi del bando. È con loro che abbiamo scelto di lavorare, e questo non solo per gli interventi di urgenza e del breve periodo, ma anche sui percorsi per ripensare la sicurezza idraulica del territorio del futuro. Crediamo che il percorso che abbiamo deciso di adottare sia il metodo più anche perché lo stesso bando europeo ha come parte integrante la fase decisionale costruita attraverso i cittadini. Terzo aspetto, il progetto non interessa in alcun modo una alternativa alla messa in sicurezza degli argini e del rifacimento delle reti fognarie, priorità evidenti con costi a carico degli enti pubblici. Se il progetto verrà approvato attingeremo infatti da risorse aggiuntive che diversamente non sarebbero in alcun modo disponibili”.
“L’indicazione generale, da cui è scaturita questa opportunità – prosegue il vicesindaco Andrea Fabbri – è quella di tenere monitorate tutte le possibilità di finanziamento sulla messa in sicurezza del territorio, sfruttando le relazioni instaurate con i tecnici che ogni giorno lavorano sui progetti europei. Vista la scarsità di risorse oggi disponibili e la necessità di ripensare la città nel medio lungo termine, non possiamo permetterci di perdere nessuna occasione. Il bando è molto più ampio, e ha l’obiettivo di rendere le città più resilienti al caos climatico attraverso soluzioni innovative integrate tra loro”.
“EUI_IA Iniziativa Urbana Europea con linee d’azione che in parte si sposano con alcune delle nostre necessità, ci auguriamo che ne possano arrivare altri. Tra gli ambiti di intervento previsti dal bando si è cercato di scegliere interventi che possano essere utile al nostro territorio, in particolare, la progettazione su cui gli enti coinvolti dovranno fare proposte: un sistema tecnologico più̀ rapido ed efficiente di allarme per i cittadini in prossimità̀ di eventi meteo estremi, rendere i suoli urbani maggiormente impermeabilizzati attraverso l’adozione di una pavimentazione innovativa con nuovi materiali e creare infrastrutture verdi verticali, integrati con tetti fotovoltaici per consentire alle pompe idrauliche di operare anche durante i possibili blackout nei nubifragi – spiega Fabbri . Se il progetto presentato dell’Unione della Romagna Faentina dovesse essere ammesso, gli enti e i soggetti interessati dovranno lavorare a proposte innovative in ambito europeo su questi tre temi, che poi sottoporremo ai cittadini e ai loro rappresentanti. Caratteristiche delle proposte progettuali dovranno essere il carattere innovativo e la replicabilità su altre aree della città e su altri comuni. Il bando richiede anche l’obbligo di partner europei, che nel nostro caso sono le municipalità di Michalovce (Slovacchia), Slavonsky Brod (Croazia) e Bielsko-Biala (Polonia). Gli stessi rappresentanti dei cittadini saranno coinvolti anche negli incontri con gli altri partner e nelle visite a esperienze virtuose di altre città
“I fenomeni alluvionali di maggio hanno evidenziato problemi e fragilità importanti – conclude – . Ora la priorità è la messa in sicurezza del fiume e dell’intero sistema idraulico, ma per prevenire ulteriori disastri e riprogettare l’ambito urbano ed extra urbano, occorre un approccio altamente innovativo e multidisciplinare, che non pensi solo all’oggi ma guardi al futuro con il coinvolgimento delle migliori professionalità e l’uso delle tecnologie più avanzate attualmente disponibili. Il percorso di partecipazione e confronto con la cittadinanza, ma in futuro anche con le imprese e i consorzi, è invece fondamentale per delineare un progetto condiviso e concreto”
Commenta (0 Commenti)IO CAPITANA. La premier furiosa su Facebook: «Motivazioni incredibili, aiuta gli arrivi illegali»
Si dice «basita», come un personaggio di Boris. Poi ventila l’esistenza di «un pezzo d’Italia che aiuta gli arrivi illegali». E aggiunge: «Non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza». La premier Giorgia Meloni ha affidato a un post su Facebook il suo attacco diretto alla giudice di Catania Iolanda Apostolico, che sabato ha osato applicare la legge, cioè non ha convalidato il fermo di quattro migranti rinchiusi nel centro di Pozzallo.
MELONI DEFINISCE «incredibili» le motivazioni del provvedimento di Apostolico e cita il passaggio in cui si legge che «le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d’oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività», ma dimentica di dire che la giudice si è limitata a citare le dichiarazioni rese dai ricorrenti, anche perché non è suo compito esprimere giudizi sulle richieste d’asilo, infatti la mancata convalida non trova qui la sua motivazione, ma nella Costituzione e nelle norme europee, che ritengono illegittimo il decreto Cutro là dove sostiene che la provenienza da un paese sicuro – in questo caso la Tunisia – sia un motivo sufficiente a trattenere un migrante.
Meloni poi attribuisce ad Apostolico anche un’altra valutazione che non ha mai fatto, sostenendo che la giudice abbia dichiarato «unilateralmente la Tunisia paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura)». Peccato che anche qui il discorso sia diverso: per la legge i trattenimenti devono basarsi sulla posizione del singolo richiedente e non sul paese da cui è partito. Che il decreto Cutro, partorito in fretta e furia dopo l’ennesima tragedia del mare, facesse acqua da tutte le parti lo hanno
Leggi tutto: La propaganda di Meloni contro la giudice di Catania - di Mario Di Vito
Commenta (0 Commenti)INTERVISTA. Il sindaco di Pozzallo: «Con i Cpr il governo si pone l’obiettivo di rimpatriare mille, duemila persone. Quest’anno avremo 150, 200mila sbarchi: è evidente che non si risolve così il problema»
Pozzallo, la nuova struttura per i migranti - Ansa
È sbarcata ieri a Pozzallo la nave Louise Michel con a bordo oltre 60 migranti tra cui 19 donne e 31 minori. Tre bimbi somali (una di un anno e due di pochi mesi) con gravi segni di denutrizione sono stati trasferiti in ospedale, ricoverate anche tre donne per controlli legati alla gravidanza. Sono invece usciti dal centro di trattenimento di Pozzallo-Modica i quattro migranti per i quali il tribunale di Catania non ha convalidato il fermo: il decreto sulle espulsioni accelerate, secondo i giudici, è illegittimo.
«Le sentenze si rispettano» è il commento del sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, che poi spiega: «Ho avuto sempre perplessità rispetto ai grandi centri. Potrebbero pure essere utili ma se accompagnati da una politica di integrazione. Il fenomeno dell’immigrazione non si può affrontare solo con provvedimenti repressivi. Con i Cpr il governo si pone l’obiettivo di rimpatriare mille, 2mila persone, quest’anno avremo 150, 200mila sbarchi: è evidente che non si risolve così il problema».
E sui rilievi dei giudici: «Non sono un giurista ma mi pare evidente che ci sono profili di incostituzionalità: a che titolo posso privare della libertà alcune persone anche solo per 15 giorni? Pure questa cosa dei 5mila euro di cauzione per non essere trattenuto: non ci riusciamo noi italiani a fare una fideiussione, dovrebbe invece riuscirci chi sbarca mezzo morto! Prima deve avere i soldi, poi deve andare da un avvocato e poi da un consulente finanziario. Pur non condividendo le misure del governo, ritengo che il ministro Piantedosi sia una persona seria e preparata, si possono fare questi errori così evidenti?».
Al porto di Pozzallo c’è l’hotspot che ha retto l’urto dei flussi dalla Tunisia, a settembre è stata inaugurata una seconda struttura: «È nell’area retroportuale – spiega Ammatuna – con 300 posti ed è stata aperta anche su mia sollecitazione: avevo avvisato che si preannunciava un’estate “calda” sul fronte degli arrivi ma non si è fatto nulla. Poi è stato dichiarato dal governo lo Stato di emergenza e, quindi, il prefetto di Ragusa in una quarantina di giorni l’ha aperta. Avevo chiesto posti in più perché abbiamo un hotspot da circa 230 persone che è arrivato a ospitarne anche mille. Con tutta la buona volontà che si può avere, le docce sono quelle che sono così come i servizi igienici. Avere un altro centro poteva dare un contributo a trattare in maniera più dignitosa gli ospiti».
Poi però l’esecutivo ha corretto il tiro. Racconta Ammatuna: «In corso d’opera, il governo ha pensato che 84 dei 300 posti dovessero essere usati per i rimpatri veloci ai sensi del decreto Cutro. Ho manifestato le mie perplessità perché, a parte la regione Sicilia che sul tema è assente, c’è molta collaborazione istituzionale ma siamo arrivati comunque all’annullamento da parte del tribunale delle misure per i primi migranti sistemati nel centro».
Il governo Meloni sta dirottando i fondi sulla repressione, il sindaco di Pozzallo indica un’altra via: «Abbiamo un Sai con 21 migranti tra i 18 e i 21 anni: la mattina vanno a scuola, il pomeriggio lavorano con un contratto regolare. Sono integrati. Il modello che avremmo dovuto seguire in Italia è quello degli Sprar, accoglienza diffusa nei piccoli centri. Gli investimenti sarebbero serviti per una politica di arricchimento non solo sociale e culturale ma anche con grandi opportunità economiche perché le società multiculturali sono quelle che crescono rispetto al Pil».
Ma la destra agita il pericolo dei migranti: «A Pozzallo si è votato a giugno 2022, ero uno dei pochi sindaci uscenti a favore dell’integrazione, ero attaccato dal Fronte della gioventù, da Casapound, molti pensavano che la destra mi avrebbe travolto. Sono andato casa per casa a spiegare come stavano le cose e sono stato confermato (72,86% dei voti con una maggioranza di centrosinistra ndr). L’integrazione determina anche più sicurezza. Invece con Salvini al Viminale i decreti Sicurezza ci hanno creato problemi perché la gente era sbandata e non sapeva cosa fare. La politica che spinge la Lega crea insicurezza, l’abbiamo visto, eppure ancora pensano di continuare su quella linea»
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