EGITTO. Marriott apre nel centro dove sono stati massacrati centinaia di migliaia di egiziani. E dov’è stato torturato e ucciso Giulio Regeni. Il racconto di Hossam: «Leggere che quel luogo diverrà un albergo è un insulto. Forse la stanza dove sono stato torturato diventerà una sauna. È qualcosa che mi tormenta»
Il 29 gennaio 2011 i manifestanti marciano da piazza Tahrir verso il compound dei servizi a Lazoughly e tentano di assaltarlo. La polizia li ferma - Hossam el-Hamalawy
Piazza Lazoughly dista dodici minuti a piedi da piazza Tahrir, una decina dall’American University del Cairo. La statua dedicata a Mohamed Bey Lazoughly, dignitario di Mohammed Ali Pasha alla fine dell’Ottocento, in mano la spada e in testa il turbante, è sovrastata da due enormi edifici. Uno dei due passerà dall’essere il più angosciante incubo di ogni egiziano ad asettico sogno per turisti.
Secondo quanto riportato dalla stampa egiziana, la catena alberghiera Marriott International aprirà – insieme all’egiziana Reliance Ventures – un hotel nell’ex quartier generale del ministero degli interni e della sicurezza interna, l’ex Ssis, dissolta dopo la rivoluzione del 2011 per rispuntare come Homeland Security, o National Security Agency (Nsa).
IN QUELL’EDIFICIO sono stati detenuti e torturati centinaia di migliaia di egiziani. In quell’edificio, nella stanza 13, è stato torturato e ucciso Giulio Regeni. «(Il teste epsilon) ha visto lì Regeni con due ufficiali e due agenti, c’erano catene di ferro, lui era mezzo nudo e aveva segni di tortura, delirava nella sua lingua. Un ragazzo molto magro, sdraiato per terra, con il viso riverso con manette che lo tenevano a terra, segni di arrossamento sulla schiena. Non l’ha riconosciuto subito ma 4-5 giorni dopo vedendo le foto sui giornali ha capito che era lui».
Con queste parole il 10 dicembre 2020 il sostituto procuratore Sergio Colaiocco dava conto alla Commissione parlamentare d’inchiesta dei nove giorni trascorsi dal ricercatore italiano nelle mani dei suoi aguzzini, dal 25 gennaio al 3 febbraio 2016, quando il suo corpo massacrato fu ritrovato lungo l’autostrada tra Il Cairo e Alessandria.
Forte di testimonianze come quelle di «epsilon», per 15 anni dentro l’Nsa, la Procura di Roma ha potuto chiudere le indagini preliminari e rinviato a giudizio i quattro agenti ritenuti responsabili della sparizione, le torture e l’uccisione di Regeni e oggi a processo in contumacia: il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel e Usham Helmi e il maggiore Magdi Sharif.
Verità per Giulio Regeni: a processo il regime e i suoi aguzzini
Quel luogo, la sede dell’Nsa di Lazoughly da cui sono passati, legati e bendati, centinaia di migliaia di egiziani, diverrà un albergo di lusso del brand Moxy, strutture dedicate a
Leggi tutto: Un hotel di lusso nel palazzo delle torture del Cairo - di Chiara Cruciati
Commenta (0 Commenti)Alla cerimonia del Ventaglio Sergio Mattarella alza il tiro e prende di mira la destra:«Ogni atto contro la libertà d’informazione è un atto eversivo». Poi bacchetta sulle carceri, sulle nomine alla Corte costituzionale, sull’odio in politica. Il governo reagisce con il silenzio. Rapporto della Commissione Ue sullo stato di diritto, Italia bocciata
LA SVENTAGLIATA. Il duro intervento del presidente dopo le parole di La Russa sul giornalista picchiato
Sergio Mattarella alla cerimonia del Ventaglio - Ansa
Del resto non certo a caso Sergio Mattarella sottolinea che tra le funzione costituzionali che la Carta assegna ai giornalisti c’è «la documentazione di quel che avviene, senza obbligo di sconti», il far luce «su fatti sin lì trascurati».
È probabile che, come segnalano le fonti del Colle, la prolusione sulla libertà d’informazione ci sarebbe stata anche senza i fatti degli ultimi giorni, nel solco di quella sulla democrazia di alcune settimane fa. Il presidente della Repubblica si sarebbe comunque soffermato sul ruolo essenziale della libera informazione nelle democrazie e sulla necessità di «una nuova legge organica» adeguata ai tempi, in grado cioè di misurarsi con la «evoluzione tecnologica che ha mutato radicalmente diffusione e fruizione delle notizie».
QUEST’ULTIMA ESIGENZA Mattarella la ha sottolineata quasi nel dettaglio prendendo di mira i tycoon dei nuovi media che si comportano come se «occupassero uno spazio meta-territoriale che li rende capaci di intercettare opportunità economiche senza considerare che anche per essi valgono i princìpi di convivenza civile propri agli Stati e alla comunità internazionale da cui traggono benefici».
Le elezioni francesi come faro per le forze progressiste in Europa
Ma certamente Mattarella ha rivisto e reso più acuminati alcuni passaggi date le circostanze, come il riferimento preciso all’aggressione subìta a Torino da Andrea Joly: «Si vanno infittendo contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni contro giornalisti che documentano fatti. Ma l’informazione è esattamente questo». Il discorso in perfetta sincronia con
Leggi tutto: Mattarella: «Eversivi gli atti contro l’informazione» - di Andrea Colombo
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LA FAGLIA DI SCAMPIA. Il ballatoio del terzo piano ha ceduto travolgendo due famiglie: 13 i feriti, tra cui sette minori. Cinque sono in condizioni gravi
Il sopralluogo dei Vigili del fuoco dopo il crollo - foto Ansa
«Ho visto l’inferno». Salvatore, 52 anni, che abita nella Vela Celeste da qualche mese («mi appoggio a mio figlio») è uno di quelli che nella tarda serata di lunedì hanno partecipato ai primi soccorsi delle persone precipitate a causa del crollo di un ballatoio al terzo livello, che ha trascinato quello al secondo e al primo. «A terra – racconta – acqua, ferro, travi. Si sentiva il crepitare dei cavi elettrici spezzati. Una bambina aveva le ossa del bacino deformate e chiedeva del suo papà. Un uomo non dava più segni di vita. Un altro si lamentava per il dolore quando cercavamo di sollevarlo». Ieri mattina si contavano due morti: Roberto Abbruzzo, 28 anni; Margherita Della Ragione, 35. Tre donne sono in codice rosso al Cardarelli. Sette bambine al Santobono: due, di 4 e 7 anni, versano in condizioni estremamente gravi.
Sono precipitate tre passerelle in acciaio, in pessimo stato di manutenzione. Il problema sono proprio queste strutture
VA AVANTI SALVATORE: «Le ambulanze sono arrivate dopo molto tempo». Davanti alla Vela c’è rabbia. L’edificio, che Celeste non è più da un pezzo, è previsto sia l’unico a rimanere in piedi per essere riqualificato, ospitare funzioni pubbliche e istituzionali. Molti chiamano in causa i lavori del comune che erano stati avviati a maggio. «Non si fa con le persone dentro, avrebbero dovuto prima costruire e darci le case lì davanti (indica con la mano) che sono destinate a noi», protesta una donna. «Nel mio appartamento tremava tutto da settimane», incalza. Il cantiere è quello di Restart Scampia e la tabella ora sta
Decine di milioni in 24 ore nelle casse elettorali della vicepresidente, che miete un appoggio dopo l’altro, dai Clinton a Ocasio Cortez. Primo discorso alla Casa bianca per lodare Biden che se ne va. Repubblicani furiosi: «Vogliamo i danni». Di colpo, The Donald è battibile
HARRIS VERSO LA CANDIDATURA . In 24 ore la vicepresidente ottiene il sì di parlamentari e governatori. E un fiume di dollari ricomincia ad affluire nelle sue casse elettorali
La vicepresidente Kamala Harris parla dal South Lawn della Casa Bianca a Washington Ap/Susan Walsh
La decisione di Joe Biden di abbandonare la corsa presidenziale, e sostenere la candidatura della vicepresidente Kamala Harris, è arrivata senza preavviso, e ha lasciato ad Harris pochissimo tempo per ribaltare la sua posizione pubblica, passata da vice del commander in chief a probabile candidata alla presidenza. A poco più di 100 giorni dalle elezioni presidenziali, Harris ha ora il difficile compito di ottenere la nomina ufficiale dei Dem e di conquistare detrattori e indecisi.
LUNEDÌ LA VICEPRESIDENTE ha fatto la sua prima apparizione pubblica dal momento del ritiro di Biden, parlando dal South Lawn della Casa Bianca, nel corso di un evento pubblico già in calendario. Harris non ha commentato la sua corsa, e ha preferito concentrarsi sull’«eredità» dei risultati ottenuti da Joe Biden negli ultimi tre anni. «Non ha eguali nella storia moderna – ha detto Harris – in un solo mandato ha superato l’eredità della maggior parte dei presidenti che hanno servito due mandati. Il nostro presidente combatte per il popolo americano e siamo profondamente grati per il suo servizio alla nostra nazione.
L’eredità e i risultati di Joe Biden sono senza pari nella storia moderna». Lodando «l’onestà e l’integrità» del presidente e dicendosi grata per il suo lavoro Harris ha abbracciato la legacy della sua presidenza, dopo aver scritto su X: «È il primo giorno della nostra campagna, più tardi andrò a Wilmington, nel Delaware, per salutare il nostro staff nel quartier generale. Mancano 105 giorni. Insieme, vinceremo».
Harris, dalla procura di San Francisco alla corsa per la Casa bianca
Il presidente ha capitolato in 48 ore, dopo aver studiato i sondaggi ed essersi convinto di essere diventato una complicazione per
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ISRAELE/PALESTINA. Storico parere della Corte internazionale: Tel Aviv ha di fatto annesso i Territori palestinesi. «Smantelli tutto e risarcisca». Il premier Netanyahu rivendica: è terra nostra. Il presidente Abu Mazen: «Vittoria della giustizia»
La polizia perquisisce un giovane palestinese all’ingresso di un quartiere a Gerusalemme est - Ap/Oded Balilty
Da sei mesi a questa parte, dalla storica sentenza della Corte internazionale di Giustizia sul genocidio plausibile in corso a Gaza, lo scorso 26 gennaio, il diritto internazionale è stato scongelato. Considerazioni finora confinate al mondo degli invisibili (il popolo palestinese) e all’associazionismo internazionale (Amnesty, Human Rights Watch, B’Tselem) rimbombano dentro il tribunale più importante del pianeta. Ora far finta di non ascoltare diventa pratica complessa.
Ieri il presidente della Corte Nawaf Salam ha letto le 32 pagine di un parere consultivo che è un terremoto: l’occupazione militare israeliana di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est è illegittima. È un’annessione di fatto che ha generato un regime di apartheid e segregazione razziale. E deve finire, subito: «Israele ha l’obbligo di porre fine alla sua presenza nei Territori occupati palestinese il prima possibile».
I GIUDICI buttano fuori una sentenza (chiesta nel dicembre 2022 dall’Assemblea generale dell’Onu) che disegna la complessa rete con cui dal 1967 Israele ingabbia e soffoca l’autodeterminazione palestinese.
Una rete che mescola – e che tenta di istituzionalizzare – militarismo, burocrazia, colonizzazione e pulizia etnica. Costruzione ad libitum di colonie e
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LA SOTTILE LINEA VERDE. La presidente nel suo discorso cerca di accontentare tutti. Standing ovation sulla critica a Orbán, convitato di pietra
Quarantuno e quattrocento uno: i numeri non mentono, neanche nella loro simmetria. Quarantuno sono i voti che hanno permesso a Ursula von der Leyen di essere rieletta per un secondo mandato di cinque anni alla guida della Commissione Ue. Quattrocento uno è il totale degli eurodeputati che si sono espressi a favore dell’Ursula bis, mentre i contrari sono stati 284, gli astenuti 15 e le schede nulle 7. Quattrocento era anche la somma dei deputati della coalizione Ppe-socialisti e liberali che sosteneva la rielezione. «Meglio dell’altra volta», scherza Ursula dopo il voto. Quindi ha avuto tutti i consensi che doveva? Più probabilmente ne ha avuti altri che si sono sostituiti ai franchi tiratori, ovvero almeno una parte dei 50 dei Verdi. Il voto è segreto, quindi dobbiamo stare alle dichiarazioni spontanee dei grandi elettori.
L’ALTRO FATTO È CHE si è finalmente risolto il lunghissimo balletto dei meloniani. Subito dopo la proclamazione, Nicola Procaccini ha dichiarato il no di FdI: «Votare a favore avrebbe significato andare contro i nostri principi». Poi però esclude ripercussioni sul commissario italiano e annuncia: «Vogliamo avere un rapporto estremamente costruttivo» con il nuovo esecutivo europeo.
In mattinata, la presidente della Commissione aveva tenuto un discorso di oltre mezz’ora dall’intento decisamente ecumenico, spaziando dall’economia alla sicurezza, dall’immigrazione all’allargamento dell’Unione fino ai temi sociali. Il lungo applauso finale, con tanto di standing ovation di una parte dell’Aula, è stato preceduto da un altro forse più fragoroso, nel passaggio di critica a Viktor Orbán, convitato di pietra del discorso per la rielezione.
La presidente non lo cita neppure pe
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