Strage di bambini in fila per il latte a Deir al-Balah, nel centro della Striscia, stavolta sotto gli occhi della Cnn. Mentre Israele arruola sterratori per costruire il recinto in cui rinchiudere Gaza
Terra rimossa Erano in fila con le madri per ricevere latte artificiale e medicine. Katz lancia il piano per rinchiudere la popolazione di Gaza in un recinto
I bimbi feriti dall’attacco aereo israeliano all’ospedale Al-Aqsa – Ahmed Ibrahim/Zuma Press
Lo strazio delle madri all’ospedale dei Martiri di Al-Aqsa dovrebbe bastare da solo a risvegliare il mondo intero. Li avevano vicini o tra le braccia quei figli, all’alba di ieri, in fila per ricevere supplementi nutrizionali, latte artificiale e medicine. Qualcosa che gli permettesse di continuare a crescere nonostante la fame. Le urla che si sollevano tra la polvere del bombardamento israeliano sono agghiaccianti. I video girati da chi per primo è giunto sul posto mostrano decine di corpi stesi a terra, sanguinanti. Qualcuno dei bambini si muove ancora, a scatti, tenta di prendere aria. Una donna scuote invano il volto di un neonato, come se volesse risvegliarlo dal sonno. Quelli che si muovevano in gruppo sono stati ammazzati insieme, sul posto, i corpi si toccano, gli occhi sbarrati sembrano ancora capaci di vedere. Alcuni dei bambini sono stati messi su un carretto per essere portati via.
SONO ALMENO sedici i palestinesi uccisi a Deir al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza. Dieci erano bambini, il più piccolo aveva due anni, il più grande quattordici. Tre erano donne. All’ospedale, tra i sacchi bianchi che avvolgono i cadaveri ci sono anche figli, accorsi a piangere le madri. L’esercito israeliano ha detto di aver preso di mira un membro di Hamas, che «si rammarica per qualsiasi danno causato ai civili non coinvolti e lavora per ridurre al minimo tali danni». L’attacco è stato effettuato senza alcun preavviso tra la folla che si recava presso una clinica sanitaria, la cui posizione era stata condivisa con l’esercito. È solo una delle centinaia di orribili stragi di Gaza. Questa, come tante altre, è avvenuta mentre si parla di cessate il fuoco e sono in corso negoziati tra Hamas e Israele. Colloqui che non dovrebbero neanche esistere, per il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. Il solo parlare di pace, secondo il suprematista religioso ebraico, mette in pericolo i soldati
Leggi tutto: Gaza, tredici vittime. A Deir al-Balah strage di bambini - di Eliana Riva
Commenta (0 Commenti)Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina oggi a Roma, 100 governi e 2.000 aziende studiano come farsi pagare da un paese in bancarotta che dovrà vendersi tutto. L’Europa e anche il papa appoggiano Zelensky, ma deve saldare. Ieri il più grande attacco russo di tutta la guerra
Conto aperto Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, gli invitati (Italia in testa) si fregano le mani. Ma gli Usa potrebbero prendere tutto
Volodymyr Zelensky, e Leone XIV a Castel Gandolfo – Foto AP
Per Volodymyr Zelensky è l’appuntamento decisivo. Mentre gli altri invitati alla Conferenza di Roma sulla ricostruzione dell’Ucraina penseranno a come lucrare al meglio sulle future ceneri del suo Paese, per il presidente si tratta di ottenere armi e soldi ora. Oggi incontrerà Keith Kellogg, l’inviato speciale di Donald Trump per l’Ucraina, l’ex generale che la Russia non ha mai voluto sul suo territorio perché considerato troppo «filo-ucraino». All’uomo di Washington Zelensky ribadirà ancora una volta che l’unico modo per ottenere un cessate il fuoco in Ucraina è armarla, altrimenti la Casa bianca continuerà a farsi prendere in giro da Vladimir Putin, come è avvenuto durante la telefonata di giovedì scorso. La rabbia di Trump sembrava aver facilitato il compito della vigilia per la delegazione kievita. Il presidente Usa si è affannato a tentare di dimostrare che lui (!) non ne sapeva niente dell’interruzione di contraerea e munizioni, che era stata una decisione del capo del Pentagono Pete Hegseth e che gli invii sarebbero ripresi subito. Ieri la nuova giravolta di fronte ai giornalisti che lo pressavano fuori dallo Studio ovale: «hanno chiesto un sistema di difesa Patriot. Valuteremo. È molto costoso».
Ma come, fino a un giorno fa non era a conoscenza del costo delle sue stesse armi? O forse, ipotesi più probabile, si è trattato dell’ennesima mossa mediatica. Da quando Trump si è insediato il nuovo motto degli Stati uniti dovrebbe essere «dipende», stampato vicino alla bandiera a stelle e strisce invece di E pluribus unum. Dipende da come gira il vento, da come si mettono le cose, dai fattori esterni (Israele soprattutto)… anche quando si danno certezze poi si ritratta. E se qualcuno gli fa presente che è scorretto allora partono gli insulti.
AGLI ANTIPODI di quanto chiedeva la Difesa di Kiev – «Abbiamo bisogno di organizzarci, ci serve continuità e programmazione». Nulla di tutto ciò è stato possibile. Nemmeno il «più massiccio attacco russo dall’inizio della guerra» è bastato a convincere il tycoon. È vero che questa frase ultimamente la sentiamo una volta ogni tre giorni, pronunciata spesso dall’Aeronautica militare ucraina, ma ciò che rischia di sembrare una boutade è solo l’evoluzione della guerra. 738 droni e 13 missili in una sola notte, come ieri, non sono equivocabili. Mosca l’ha detto: «continueremo fino al raggiungimento dei nostri obiettivi» e gli analisti occidentali ritengono che, malgrado difficoltà crescenti, i russi possano permettersi questa guerra per almeno altri due anni.
NON È COSÌ PER KIEV, che oltre a non avere più molti sistemi di difesa aerea, non ha neanche uomini da inviare al fronte per
Leggi tutto: Zelensky gioca il tutto per tutto: a Roma per armi e fondi subito - di Sabato Angieri
Commenta (0 Commenti)Espulso da Bengasi per «gravi violazioni del protocollo e della sovranità nazionale». Il ministro Piantedosi vola in Libia in cerca di intese per fermare i migranti insieme ai colleghi di Grecia e Malta e al commissario Ue Brunner. Ma questa volta la «persona non grata» è lui
Foglio di via Il ministro Piantedosi e il commissario Brummer dichiarati «persone non gradite» da Bengasi
Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli con il generale Khalifa Belqasim Haftar – Ansa
L’obiettivo era quello di cercare in Libia nuove intese per fermare i flussi dei migranti in vista dell’estate, provando così a prevenire una situazione che, spiegava ieri mattina il ministro Matteo Piantedosi, «con la stagione estiva rischia di peggiorare».
Proprio per questo da giorni l’Unione europea stava lavorando a una missione ad alto livello che facesse tappa sia a Tripoli che a Bengasi. Missione che però è fallita ieri quando il Team Europe guidato dal Commissario europeo per le migrazione Magnus Brunner con i ministri dell’Interno italiano e i colleghi di Malta e Grecia, dopo un incontro a Tripoli con il premier del Governo di unità nazionale Abdelhamid Dabaiba è stato bloccato una volta arrivato all’aeroporto Benina di Bengasi, in Cirenaica, e invitato a lasciare subito il paese. «Persone non gradite» e, come tali, respinte.
Ad annunciare la misura, inedita, è stato il governo dell’Est guidato dal primo ministro Osama Hamad, esecutivo non riconosciuto internazionalmente ma con il quale sia l’Italia che l’Ue hanno da tempo avviato relazioni. Giusto un mese fa, per dire, proprio Piantedosi ha ricevuto al Viminale il generale Saddam Haftar, figlio di Khalif Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, con cui ha
Leggi tutto: L’Europa prova a sbarcare in Libia ma viene respinta - di Marina Della Croce
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Amico caro In attesa della "lettera" di Trump, che attacca la Ue sulle auto e sulle "troppe" regole. Il presidente Usa fa slittare ad agosto l’entrata in vigore. Ma Bruxelles spera di chiudere prima
Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione, ieri era sulla difensiva al Parlamento europeo in vista del voto di sfiducia di giovedì proposto dall’estrema destra, nel suo intervento ha subito fatto riferimento alla grande questione del momento, per ridimensionare l’attacco all’esecutivo europeo di Ecr: «Quando la Commissione si siederà con gli Usa per negoziare commercio e tariffe, l’Europa dovrà mostrare la sua forza».
L’Unione europea, principale forza commerciale mondiale, sta negoziando da settimane, ma sembra subire attacchi e prese in giro da Washington. Ieri, era attesa la “lettera” di Trump sui dazi unilaterali alla Ue. Gli Usa hanno affermato di averne inviate o di essere in procinto di inviarne 12-15 ai paesi del gruppo che stanno negoziando un accordo sui dazi, ma ieri sera il commissario aall’Economia, Valdis Dombrovskis, ha affermato di non aver ancora ricevuto niente.
SONO SOLTANTO DUE i paesi che hanno già concluso un accordo, Gran Bretagna e Vietnam. Poi ci sono i reietti, senza accordo: ieri per Giappone e Corea del Sud, dazi al 25%. L’ultima scadenza per l’entrata in vigore delle tariffe è stata rimandata al primo agosto, ma Bruxelles spera di avere una risposta entro il 9 luglio, domani, la data decisa ad aprile dopo cosiddetto “Giorno della liberazione”, seguita da una moratoria di 90 giorni.
C’è stata una telefonata tra Trump e von der Leyen domenica, un «positivo scambio» secondo la Ue, una buona notizia visto che non è stato facile per la presidente della Commissione stabilire contatti con Trump, che punta all’indebolimento dell’Europa. «Posso confermare che il presidente continua a essere in contatto con i singoli capi di stato e di governo della Ue», ha precisato von der Leyen.
Dopo l’ultimo viaggio del commissario al Commercio, Maros Sefcovic a Washington la scorsa settimana, sono stati fatti «progressi sostanziali» per un accordo-quadro di principio, dice la Ue, che potrebbe essere simile a quello concluso a maggio dalla Gran Bretagna (e allora molto criticato a Bruxelles), sulla base di un 10% di dazi, con eccezioni (al ribasso) per alcuni settori.
L’IDEALE DI TASSI ZERO però si allontana. Gli Usa continuano a cercare la spaccatura tra i 27, che finora hanno però mantenuto una linea
Leggi tutto: Dazi, non c’è ancora posta per noi. Nuova presa in giro per l’Ue - di Anna Maria Merlo
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Nella foto: Un veicolo dell’esercito israeliano lungo il confine della Striscia di Gaza. 6 luglio 2025 – Ohad Zwigenberg/Ap Oggi con Lunedì Rosso torniamo in Palestina. Da uno studio indipendente realizzato da ricercatori di diverse università emerge che il bilancio delle vittime della guerra a Gaza è persino peggiore di quanto dichiara il ministero della salute della Striscia. Negli stessi giorni un rapporto dell’Onu ha messo in luce chi sta investendo nel massacro della popolazione: dalle aziende belliche a quelle dell’acqua, dalle banche ai grandi atenei. Ed è in questo scenario che Trump ora pretende addirittura il Nobel per la pace, mentre i coloni israeliani cancellano un’altra comunità palestinese. Per iscriverti gratuitamente a tutte le newsletter del manifesto vai sul tuo profilo e gestisci le iscrizioni. https://ilmanifesto.it/newsletters/lunedi-rosso/lunedi-rosso-del-7-luglio-2025
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