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Non possiamo neppure parlare di delusione perché non c’erano molte aspettative rispetto a questo vertice a presidenza italiana 

luigi giordano - stock.adobe.com 

Il documento licenziato dal G7 dei ministri dell’Ambiente, del clima e dell’energia che si è appena concluso a Venario (Torino) si apre con una premessa che riconosce, almeno a parole, la gravità e l’urgenza di intervenire per affrontare le tre crisi globali: cambiamento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento. Crisi interconnesse e che si rafforzano reciprocamente. Degrado del territorio, del suolo e degli oceani, scarsità d’acqua, siccità e deforestazione rappresentano una minaccia globale allo sviluppo sostenibile e aggravano le condizioni di povertà e le disuguaglianze, i disagi economici e sociali, le condizioni sanitarie, l’accesso all’energia, la sicurezza e la stabilità geopolitica.

Addirittura i ministri si spingono a dire che riconoscono il ruolo essenziale della società civile, in particolare dei gruppi vulnerabili e marginalizzati, dei lavoratori, dei sindacati e dei giovani, e che metteranno al centro dei loro sforzi per affrontare la tripla crisi e la transizione energetica, l’equità di genere e per la comunità Lgbtqia+. Senz’altro affermazioni importanti, ma che suonano false e prive di qualsiasi reale fondamento, visto che a scriverle è una ministeriale del G7 guidata da un esponente di un governo negazionista, antidemocratico, avverso alla giustizia sociale, ai diritti civili e all’equità di genere.

QUELLO CHE IL G7 NON DICE

Ci ricordano che nel bilancio delle emissioni (Gst) c’è un enorme divario fra l’andamento della traiettoria a politiche attuali e quella che porta al rispetto dell’obiettivo di 1.5°C, visto che a livello globale stiamo andando verso una riduzione delle emissioni del 2% al 2030, rispetto al 2019, mentre sarebbe necessario ridurle di almeno il 43%. Non dicono però che lo sforzo maggiore e più rapido deve essere fatto proprio dai paesi del G7, quelli con maggiori responsabilità storiche e pro-capite, e quelli che hanno le capacità tecnologiche e finanziarie per poter intervenire fin da subito. Non riportano i dati del rapporto del Climate Analytics che ci mostra che i primi a non essere allineati all’obiettivo di 1,5°C sono proprio i paesi del G7, quelli che detengono il 38% della ricchezza globale e sono responsabili del 21% delle emissioni globali. Gli impegni di questi paesi si attestano su una riduzione del 40-42%, al 2030 rispetto al 2019, ma realisticamente riusciranno a ridurre solo il 19-33% delle emissioni, mentre dovrebbero contribuire con una riduzione di almeno il 58%. Il documento di ben 35 pagine riprende e riafferma inutilmente molti impegni già assunti nelle varie conferenze sul clima e sulla biodiversità e negli SDGs, senza assumere la guida del processo di giusta transizione ecologica con un livello più alto e accelerato degli impegni.

UNA DATA PER DIRE ADDIO AL CARBONE

Per la prima volta viene inserita una data – 2035 – per l’uscita dal carbone, ma solo di quello senza abbattimento delle emissioni. Un passo utile ma davvero piccolo considerato che riguarda solo il carbone, e non tutto, mentre sarebbe necessario programmare una data certa di uscita anche dal gas e dal petrolio. Il documento considera il nucleare una fonte utile a ridurre le emissioni e dichiara la volontà dei G7 a lavorare insieme nella ricerca e nella sperimentazione per la fusione, promuovere l’impiego delle tecnologie nucleari, compresi i piccoli reattori modulari (SMR), che tanto piacciono ai ministri Pichetto e a Salvini, e lavorare per condividere le migliori pratiche nazionali anche per quanto riguarda la gestione dei rifiuti radioattivi. Impegni assurdi considerata la pericolosità, i costi e i tempi lunghi di queste tecnologie, che le pongono fuori gioco rispetto al percorso di decarbonizzazione, e che per quanto riguarda l’Italia non rispettano la volontà popolare espressa in ben due referendum. Per i sussidi alle fonti fossili si impegnano a trovare una definizione condivisa di sussidi inefficaci invece di procedere alla riduzione ed eliminazione di tutti i sussidi alle fonti fossili e di quelli ambientalmente dannosi. I biocarburanti sono citati ma senza troppa enfasi. Sulla finanza viene enfatizzata l’urgenza di intervenire in questo decennio critico e di mobilitare flussi finanziari pubblici e privati per affrontare la triplice sfida ma senza alcun adeguato e concreto impegno. Sulla Giusta Transizione si richiamano impegni già presi anche in sede ILO, e mai rispettati per quanto riguarda il nostro paese, dichiarando la volontà di implementarne l’attuazione anche nei nuovi Ndc.

IL CAMBIAMENTO CHE PARTIRÀ DAL BASSO

Non possiamo parlare di delusione perché non c’erano aspettative rispetto a questo vertice a presidenza italiana ma dobbiamo rimarcare l’occasione perduta e l’incapacità dei governi del G7 di assumersi le proprie responsabilità e guidare la transizione. Con questo realismo dobbiamo rafforzare la nostra lotta per un radicale cambiamento di sistema che può partire solo dal basso, dai lavoratori, dalle comunità, dalla società civile e che deve avere un obiettivo globale, inclusivo, che non lasci nessuno indietro. Una giusta transizione che parte dal cessate il fuoco in tutte le guerre e con il disarmo, e con l’affermazione di un’urgente azione climatica con l’uscita da tutte le fonti fossili, il rispetto dei diritti umani e del lavoro, la piena occupazione e tutti gli obiettivi Sdg, la giustizia sociale, l’equità, il superamento dei divari fra nord e sud del mondo, di ogni forma di sfruttamento, discriminazione, colonialismo e suprematismo. Il 30 aprile a Torino nell’iniziativa “Il G7 ascolti le proposte del lavoro e dell’Ambiente” abbiamo dato evidenza alle nostre proposte e alla forza della Cgil, della Ituc Africa, dell’Alleanza Clima-Lavoro, insieme con le associazioni ambientaliste e con i #FFF, per guidare una giusta transizione e un nuovo modello di sviluppo che superi i dettati del neoliberismo e del capitalismo per mettere al centro il bene comune, il benessere, i diritti e le tutele. Il 25 maggio a Napoli avremo un’occasione straordinaria per ribadire le nostre rivendicazioni e la nostra forza come Alleanza della Via Maestra.

* Simona Fabiani è responsabile Cgil politiche per il clima, il territorio, l’ambiente e la giusta transizione