Dall’altare si ricorda Francesco, ma sul trono in Vaticano c’è solo Trump. Che detta i tempi della diplomazia e richiama a sé Zelensky. Fanno capolino anche Macron e Starmer, non Meloni. Esclusa in casa, la premier si rifugia in una professione di fede: per l’Ucraina sia fatta la volontà di Donald
Addio a Francesco Al funerale del Papa colloquio tra i due leader. Kiev: potrebbe essere storico. Macron e Starmer: Putin dimostri di volere la pace
L'incontro tra Trump, Zelensky, Macron e Starmer a San Pietro a margine dei funerali di papa Francesco – presidenza ucraina via Ansa
«Scambiatevi un segno di pace». Stavolta forse è successo davvero, al funerale di Francesco. Un pontefice che ha sempre applicato una teologia dei gesti concreti, e dunque non gli sarebbe dispiaciuto che il suo ultimo appuntamento terreno si trasformasse in una sorta di summit mondiale, quasi una assemblea dell’Onu, con Zelensky e Trump che parlano un quarto d’ora in San Pietro prima dell’inizio della messa, seduti sulle seggioline rosse destinate agli ospiti d’onore (procurate last minute da monsignor Leonardo Sapienza), la prima volta dopo quell’incontro alla Casa Bianca a febbraio che era finito malissimo. ù
L’ucraino con una giacca nera, senza la mimetica d’ordinanza: la sua presenza era stata in forse fino all’ultimo, anche per il gelo con il presidente Usa. Per lui viene riservato un posto in prima fila.
NEI GIORNI DOPO la morte di Francesco molti alti prelati avevano auspicato che i potenti del mondo si decidessero ad ascoltare i suoi appelli alla pace, che non venissero fino a Roma per sbrigare una formalità diplomatica, che anche i «più duri» venissero colti da una qualche «forma di rimorso», come aveva detto monsignor Vincenzo Paglia al manifesto.
Difficile pensare che Trump, come l’Innominato del Manzoni, sia stato folgorato sul sagrato di San Pietro, abituato com’è a usare la religione come strumento reazionario. E tuttavia ieri tra quelle centinaia di potenti vestiti di scuro, che sedevano assiepati a lato della bara del Papa, di fronte all’immensa macchia rossa dei cardinali, qualche gesto di pace c’è stato.
«Un incontro altamente simbolico che potrebbe diventare storico se si raggiungessero i risultati congiunti», ha detto il presidente ucraino. «Molto produttivo», fa sapere la Casa Bianca. «Disponibile a negoziare senza precondizioni», comunica il grande assente, Vladimir Putin, che ha inviato a Roma la ministra Olga Lyubimova.
CON ZELENSKY E TRUMP a un certo punto sono arrivati anche il francese Macron (subito allontanato da Donald) e il britannico Starmer. Serve una «onesta trattativa», aveva esortato nell’omelia il cardinale celebrante Giovanni Battista Re riferendosi ai ripetuti appelli di Francesco a fermare le armi e parlarsi anche tra nemici o ex alleati. A ora di pranzo fonti ucraine ipotizzano un secondo tempo del vertice con Trump dopo i funerali. Ma non accade. Il presidente Usa riparte subito per Washington. «Tutte le cose principali sono state affrontate», fanno sapere da Kiev. Trump posta su Truth la foto dell’incontro in chiesa, segnale incoraggiante.
TRA VON DER LEYEN e il leader Usa c’è stata solo una stretta di mano, ma avrebbero deciso di
incontrarsi davvero, e sarebbe la prima volta dopo le elezioni Usa e lo choc dei dazi. Poi è stata lei a incontrare Zelensky, rassicurandolo ancora una volta sul sostegno Ue («Potete contare sul nostro sostegno al tavolo dei negoziati per raggiungere una pace giusta e duratura»). Lo ha visto anche Meloni, ansiosa da padrona di casa di dimostrarsi protagonista, sia sul fronte ucraino che nei rapporti Usa-Ue.
Il canovaccio, alla fine, è lo stesso delle settimane scorse: Macron e Starmer insistono perché Putin dimostri finalmente buona fede («Spetta a lui dimostrare che vuole davvero la pace», le parole del capo dell’Eliseo), Meloni dice le stesse cose ma con un atteggiamento meno “volenteroso”. Trump resta una mina vagante.
SI SONO PRESI LA SCENA mediatica, i potenti, prima al riparo delle navate, poi sul sagrato. Se la sono presa come ultimo atto di carità di Francesco, che in dodici anni li ha sferzati e anche tirati per la giacca, mentre loro lo ignoravano, anche sulla folle corsa al riarmo europeo, e forse non è vero per tutti, perché Sergio Mattarella, in prima fila, con lui ha intessuto un rapporto reso più intenso dai tanti valori comuni.
Ieri, fatta eccezione per i giornalisti che li osservavano dalla postazione sulla grande terrazza del Braccio di Carlo Magno, non erano loro, i capi di stato e di governo, al centro dei pensieri delle decine di migliaia di cittadini (fedeli e non ) accorsi per l’ultimo saluto. E non è un caso che gli applausi più forti della piazza siano arrivati quando Re ha ricordato le parole e le azioni di Bergoglio sui migranti, compresa la messa celebrata al confine Usa- Messico (citazione urticante per Trump) pace e cura del pianeta.
«CONFIDIAMO CHE LO spirito di Francesco soffi, come fa il vento, verso la pace tra ucraini e russi», confida Pier Ferdinando Casini, uno degli italiani che siedono negli spazi sotto la scalinata, insieme a ex premier come Conte, Draghi, Gentiloni e Renzi, i presidenti delle Camere Fontana e La Russa, la leader Pd Schlein, Fratoianni, Bonelli. Gli ex presidenti della Camera Bertinotti, Boldrini e Violante, e i ministri Salvini, Tajani, Giorgetti, Bernini, Lollobrigida, Valditara e Urso. Meloni siede più in alto, tra i capi di governo.
La politica italiana, nel complesso, è quasi invisibile, come lo è stata nell’agenda di Francesco in questi dodici anni: Papa sudamericano e globale, lontano anni luce dalle commistioni tra i due lati del Tevere che hanno segnato decenni di storia italiana.
Nel giorno dell’addio a Francesco, e non è un caso, in primo piano resta la politica internazionale. E il conflitto ucraino, su cui il Papa ha detto parole non scontate e sgradite a Zelesnky sull’«abbaiare della Nato alle porte della Russia» come una delle cause scatenanti. Una posizione scomoda che ha fatto il paio con il suo forte impegno per una soluzione diplomatica affidata al cardinale Zuppi. Fino al funerale trasformato in un summit e in una flebile speranza di pace.