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Il vertice di Istanbul tra ucraini e russi dura meno di due ore e poi tutti a casa. Mosca vuole tenersi le regioni occupate, per Kiev le richieste sono «irricevibili» ma non fa saltare il tavolo. Trump vuole vedere Putin, gli europei non esasperano i toni. A Tirana scontro Meloni-Macron

Crisi Ucraina Gli europei accusano Putin di non volere la pace, ma con toni meno aspri di quanto ci si aspettava

Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy arriva a Tirana, Albania, venerdì 16 maggio 2025, per un vertice in cui i leader di 47 paesi e organizzazioni europee discuteranno di sicurezza, difesa e standard democratici. (AP) Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy arriva a Tirana – AP

Due ore per dirsi arrivederci. È questo il risultato principale dei tanto attesi colloqui tra Russia e Ucraina di ieri. In una sala del palazzo di Dolmabahce a Istanbul le delegazioni dei due paesi in guerra si sono incontrate per la prima volta dalla primavera del 2022, quando il primo tentativo di porre fine al conflitto scatenato dall’invasione russa fallì. Sono trascorsi tre anni da allora, tre anni di minacce, insulti, accuse e risentimento che la foto ufficiale del summit incarna teatralmente. Un grosso tavolo a ferro di cavallo con a sinistra gli ucraini, molti in divisa militare, a destra i russi, classico smoking, e al centro i turchi, mediatori e padroni di casa.

IL SEMPLICE FATTO che gli ucraini non abbiano lasciato la riunione quando la controparte gli ha presentato la proposta di cedere interamente le 4 regioni occupate dall’inizio della guerra più la Crimea è una piccola buona notizia. «Irricevibile» e quindi non in agenda. «Tregua subito» ha risposto il capo della squadra di Kiev, il ministro della Difesa Rustem Umerov. Per i russi non se ne parla (neanche di questo). E allora che si fissi almeno un incontro tra i due presidenti, ha insistito la parte ucraina. «Ne prendiamo atto» ha tagliato corto il capo-delegazione russo Vladimir Medinsky. L’unica azione sulla quale i delegati si sono accordati è uno scambio di mille prigionieri di guerra per parte. A chi lo definisce un primo gesto di mutuo avvicinamento bisognerebbe ricordare che tra le dichiarazioni di intenti della vigilia si era già parlato di questa possibilità, ma che doveva trattarsi di uno «scambio totale». Poche e asciutte le dichiarazioni post-vertice, Medinsky si è dichiarato «soddisfatto e pronto a continuare i contatti con l’Ucraina», Umerov ha ribadito la richiesta di «un incontro a livello di leader, questo sarebbe il nostro prossimo passo». Assenti dalla riunione gli Stati uniti, che pure avevano incontrato entrambe le delegazioni separatamente nelle ore precedenti.

«C’è solo un motivo per cui i russi dovrebbero aver paura di avere gli Stati uniti nella stanza: sono venuti per rallentare il processo, non per risolvere i problemi, e vogliono nasconderglielo» accusano fonti diplomatiche ucraine. Ma Donald Trump non ha voluto mostrarsi scottato dall’ennesima figuraccia diplomatica, anzi ha dichiarato un laconico «vediamo cosa succede» prima di aggiungere che «potrebbe» chiamare Vladimir Putin per

cercare di fissare un incontro «il prima possibile». «Dobbiamo incontrarci. Ci incontreremo io e lui. Penso che risolveremo il problema, o forse no, ma almeno lo sapremo. E se non lo risolveremo, sarà molto interessante». Anche su questo, il Cremlino ha preso tempo. «Un tale incontro è indubbiamente necessario» ha spiegato il portavoce di Putin Dmitry Peskov, ma «un vertice deve essere preparato e produttivo. Tali incontri di alto livello sono sempre preceduti da negoziati fra esperti, consultazioni e lunghi snervanti preparativi».

IL SOLITO GIOCO della diplomazia: se si vuole anestetizzare un processo si tira in ballo la burocrazia. Ma poi, come del caso dell’eventuale incontro Zelensky-Putin, si è subito pronti a dire che le leggi possono essere modificate in fretta. Come nel caso del decreto voluto dal presidente ucraino nell’autunno del ’22 che gli vietava di trattare con il Cremlino. «Se necessario» avevano fatto sapere da Kiev alla vigilia, «siamo pronti a modificare la legge per ottenere la fine della guerra».

Non ce n’è stato bisogno. Il Cremlino ha trasformato la mancata presenza di Putin a Istanbul, di certo non per «paura» come vorrebbe Zelensky, nella conferma di una teoria finora circolata dovunque ma sempre definita pretestuosa da Mosca e i suoi alleati. I russi temporeggiano e stanno facendo di tutto per allungare i tempi dei negoziati. Il motivo sarebbe quello di continuare ad avanzare il più possibile sul campo di battaglia, magari con la nuova offensiva che da settimane viene annunciata come imminente. Ora, dicono i media statunitensi, potremmo esserci davvero. Spezzare le linee di difesa ucraine, aprire nuove brecce e occupare territorio.

NEI SOGNI DI PUTIN la Caporetto di Kiev è il più roseo avvenire. Ciò dimostrerebbe nei fatti ciò che finora è solo teoria e presunzione, ovvero che i «russi hanno vinto il conflitto dal punto di vista militare». Le forze di Mosca sono certamente in una posizione migliore del nemico e continuano ad avanzare, ma a fatica e senza essere mai riuscite a determinare uno sfaldamento del fronte. Che alla lunga sia inevitabile è plausibile, con poche variabili: cosa deciderà Trump, cosa faranno i «volenterosi e l’Ue», quanto resisteranno i reparti senza ricambi?

INTANTO, gli europei accusano Putin di non volere la pace, ma con toni meno aspri di quanto ci si aspettava. All’orizzonte si potrebbe prefigurare un riallineamento degli Usa con il Vecchio continente, magari affidato al segretario di Stato Rubio che vede di buon occhio una più stretta collaborazione con l’Ue sull’Ucraina. E gli ultimi dati sull’economia russa ci dicono che la crescita del Pil prevista per il primo trimestre 2025 è stata ribassata (1,4%)