Ultime ore per convincere ad andare a votare per i cinque referendum di domani e lunedì. Primo obiettivo spezzare il silenzio e spingere la partecipazione per raggiungere il quorum. È ancora possibile. Landini: Meloni si nasconde perché non vuole cambiare nulla
Sì spera Landini fino all’ultimo sì «Il traguardo è alla portata»
«Quando le cose sono difficili c’è bisogno dell’intelligenza collettiva, se trovate qualcuno che dice che da solo risolve tutto non vi fidate». Alla fine di questa campagna elettorale, mentre schioccano gli ultimi colpi per il referendum ed è difficile fare previsioni sull’esito che le urne consegneranno lunedì pomeriggio, un risultato è raggiunto. È che Maurizio Landini ha incontrato un popolo in giro per il paese, dopo decine di iniziative, che gli ha fatto cambiare stile. La verve rimane sempre quella, ma bisogna ricorrere a certe caratterizzazioni del cinema popolare del secolo scorso per capire il passaggio di fase. Se il leader sindacale ricordava, per impeto e irruenza, il cittadino che arriva al villaggio per dare l’allarme sullo sbarco alieno e si agita allarmato perché non gli credono, adesso quella passione si traduce in forma più nitida nell’invocazione alla partecipazione e al cammino comune, come un predicatore d’altri tempi.
A PIAZZA TESTACCIO, prima del suo comizio il segretario generale Cgil si intrattiene coi giornalisti e fa un bilancio di queste settimane di comizi, incontri, assemblee e anche riunioni in parrocchia (è successo l’altra settimana a Cosenza, dove anche il vescovo ha invitato a votare 5 sì anticipando l’uscita della Cei a favore della partecipazione alle urne). «Abbiamo intercettato l’attenzione dei giovani – afferma il segretario generale della Cgil – Siamo riusciti a costruire consenso attorno ai temi del diritto del lavoro. E tutto ciò ci fa pensare che questa battaglia è solo all’inizio e che questa la strada giusta che va percorsa anche in futuro. Quando abbiamo iniziato questa campagna elettorale in pochi conoscevano i temi del referendum, oggi ne parlano tutti il che fa ben sperare. Adesso noi concludiamo la campagna referendaria ma nei prossimi giorni, fin quando l’arbitro non fischia la fine della partita, tutti dobbiamo impegnarci per convincere più persone possibili».
CI SONO LE VOCI di lavoratori e lavoratrici. Tra questi Aurora Iacob, giovanissima nata in Italia ma senza cittadinanza, «straniera nella sua nazione» come diceva la canzone dei
Sangue misto, sintetizza i motivi del quinto sì, quello che dimezza i tempi per avere la cittadinanza e spiega l’intersezione tra lavoro e cittadinanza, questioni di classe e diritti civili. «Due milioni e mezzo di persone frequentano le nostre scuole e lavorano – afferma – Contribuiscono ogni giorno a fare andare avanti il paese ma sono senza cittadinanza e quindi senza voce politica». Cittadini di serie b, li definisce Iacob: «Lo stato deve dimostrare che non siamo solo corpi da sfruttare come si sentono tantissime persone che si sentono sempre in prova sempre a margine. Questa è una battaglia di classe, serve a unire la classe lavoratrice».
«LA DESTRA ha un obiettivo: non cambiare nulla», ribadisce Landini. Accusa la presidente del consiglio di aggirare le urne per non difendere le «leggi che loro hanno fatto, quella sui subappalti e sulla precarietà». «La liberalizzazione dei contratti a termine li ha fatti Meloni – prosegue – Così come il sistema di appalti e subappalti che fa morire la gente. Non giriamoci attorno: la maggior parte dei morti sul lavoro lavora in piccole aziende, in imprese in appalto e in subappalto. Questo modello di fare impresa è un modello che uccide».
L’IDEA È CHE il sindacato debba farsi carico anche della crisi della politica più in generale, cioè dell’azione collettiva e, insiste Landini a più riprese, della partecipazione. Senza questo passaggio di scala, è l’idea della Cgil, nessuna vertenza sui luoghi di lavoro può trovare ampio respiro. «Questa esperienza deve farci cambiare il modo di fare sindacato», dice ancora. Non si tratta insomma di difendere i diritti di chi lavora, è il ragionamento, ma di contribuire a «restituire senso alla democrazia». Su questo entra in rotta di collisione con la destra che proprio grazie alla crisi di democrazia e lavoro ha vinto le elezioni nel 2022 e che adesso nega lo spazio pubblico del confronto di fronte a chi, il principale sindacato in questo caso sostenuto da ampie fette della società italiana, avanza delle proposte.
SIGNIFICA CHE il prossimo passo è la discesa nella politica dei partiti? Landini di fronte a questa domanda si infuria, perché l’illazione sottende che i referendum servano a misurare il suo consenso e a fare operazioni personali invece che ad abrogare le leggi definite «balorde» che tracciano un filo nero dal Libro bianco di Maroni alla lettera dei ministri Ue che invitava all’austerità e che arrivano poi al Jobs act di Renzi e alle ultime scelte della destra. «Di fronte al fallimento della globalizzazione è sotto gli occhi di tutti che sono queste politiche ad aver determinato il caos attuale – scandisce il segretario – Soltanto durante il Covid si è scelta un’altra strada, che ha prodotto la crescita economica. Ora vogliono riproporre l’austerità. Il governo Meloni ha presentato all’Europa un piano che dice che devono ridurre il debito pubblico riducendo le spese. Non stiamo difendendo cose antiche o antistoriche, non stiamo solo resistendo: stiamo parlando di cambiare radicalmente la cultura economica e politiche degli ultimi anni che questo governo cerca ancora di portare avanti. Se raggiungiamo il quorum c’è una maggioranza certificata di questo paese che dice che è venuto il momento di cambiare modello, basta con i profitti e lo sfruttamento prima delle persone e i diritti»