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Settimana di mobilitazioni in tutte le regioni promossa da Cgil e Uil contro una manovra sbagliata. Le parole del segretario generale del sindacato di Corso Italia

https://www.collettiva.it/copertine/lavoro/2022/12/11/video/sciopero-landini-cgil-uil-manovra-2558263/

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, invita lavoratrici e lavoratori a mobilitarsi nella settimana che va dal 12 al 16 dicembre per cambiare una manovra sbagliata, con una protesta che avrà un’articolazione generale ma territoriale, visto che saranno proprio i territori a pagare il prezzo più alto delle decisioni prese dal governo con la legge di bilancio.

 

 

Una legge di bilancio che non solo non aumenta le retribuzioni ma che interviene pesantemente sui servizi pubblici – in particolare su scuola e sanità –, premia l'evasione fiscale "innalzando le soglie del contante a 5 mila euro in un periodo in cui la gente i soldi in tasca non li ha", dice Landini.

Per il leader della confederazione di corso d'Italia il paese ha bisogno d'altro: "Bisogna eliminare la precarietà", cancellando quelle forme di lavoro assurdo nate negli anni e facendo in modo che tutte la lavoratrici e i lavoratori – dalle partite iva agli assunti a tempo indeterminato – abbiano a parità di lavoro stesse retribuzioni e stessi diritti. 

Il documento di Fondo per l'Ambiente Italiano ETS, Legambiente, WWF Italia con le proposte per coniugare la transizione energetica alla pianificazione paesaggistica. "Una sfida cruciale del prossimo futuro"

Pale eoliche in Abruzzo, Italia

Con questo documento le associazioni (Fai, Legambiente, Wwf Italia) chiariscono le tappe principali per una transizione ecologica che coniughi lo sviluppo delle energie pulite con il paesaggio, nella salvaguardia del territorio.

In questo momento storico, caratterizzato dalla crisi climatica ed energetica, abbiamo di fronte a noi sfide importanti che richiedono grandi trasformazioni, sia dei nostri stili di vita che dei nostri territori. Per questo, il paesaggio deve essere posto al centro della transizione ecologica: una scelta determinante affinché tutte le trasformazioni necessarie siano in grado di non compromettere il nostro patrimonio comune, ma al contrario divenire l'occasione per riqualificarlo.


Il paesaggio deve tornare al centro della discussione pubblica in una chiave progettuale. Non quindi come entità statica, bensì come bene comune rinnovabile, perché per sua natura viene modellato nel tempo, dalle attività umane e dai fenomeni naturali e oggi, diremmo piuttosto "ferito" dalla crisi climatica. Per "rinnovarlo" in modo sostenibile dal punto di vita culturale, sociale e ambientale servono regole condivise, competenze aggiornate, procedure e strumenti efficaci. La trasformazione del paesaggio non è solo questione estetica, ma sociale e ambientale e quindi etica. Il paesaggio è un'opera collettiva, la cui dimensione polisemica ci permette di riconquistare un più autentico senso di appartenenza nei confronti dei luoghi. Sentimento che ci permetterà di migliorare la gestione della qualità delle trasformazioni.

 

 

È innegabile che la diffusione degli impianti per produrre energia da fonti rinnovabili, in linea con gli obiettivi di de-carbonizzazione, inciderà sui nostri territori, trasformando i paesaggi. La sfida che si pone è quella di non restare osservatori passivi della "rivoluzione in atto", ma di governarla e orientarla con la più formidabile dotazione di competenze di cui saremo capaci come sistema-Paese. Coniugare gli obiettivi della transizione energetica con la lungimiranza nella pianificazione paesaggistica e la qualità della progettazione è quindi la sfida cruciale del prossimo futuro.

  • OBIETTIVO 1

Tutelare l'identità dei luoghi e garantire la partecipazione dei cittadini

Per una reale partecipazione è necessario garantire procedimenti amministrativi trasparenti e un coinvolgimento tempestivo delle comunità coinvolte dai progetti. Diviene, quindi, strategico estendere la modalità del Dibattito Pubblico anche oltre le soglie già previste, favorendo per impianti di dimensioni più ridotte l'uso di forme partecipative reali meno onerose e più brevi, come l'inchiesta pubblica (interna ai procedimenti di VIA).


Un nuovo ruolo per la pianificazione e la progettazione del paesaggio

In questa fase di transizione ecologica dobbiamo restituire dignità al ruolo della pianificazione, a partire da uno strumento formidabile della legislazione nazionale: il Piano Paesaggistico Regionale. Uno strumento che, già previsto dalla Legge Galasso nel 1985, avrebbe dovuto rapidamente colmare tutte quelle lacune di co-pianificazione che una legislazione binaria (l'urbanistica alle Regioni, la tutela del paesaggio allo Stato) avrebbe lasciato sul campo. Un obiettivo largamente disatteso. Spingere e incentivare tutte le Regioni a dotarsi di un Piano Paesaggistico co-pianificato con il Ministero della Cultura, lungi dall'essere un aggravio burocratico, precostituisce invece una sintesi alta e condivisa della lettura di un territorio, snellendo poi le procedure di autorizzazione paesaggistica.

  • OBIETTIVO 2

Rilanciare la pianificazione paesaggistica regionale

Da questo punto di vista, come suggerito dal D.Lgs. 199/2021, in recepimento della Direttiva RED II, siamo in una fase completamente nuova. La cultura della pianificazione pubblica può tornare a essere protagonista perché non occorre più aspettare la prima proposta del mercato. Per questo, chiediamo che sia promosso quanto prima un piano nazionale straordinario per l'individuazione delle aree idonee per l'installazione e la riqualificazione degli impianti per le energie rinnovabili.

  • OBIETTIVO 3

Promuovere un piano nazionale straordinario per le Aree Idonee

Propedeutico e necessario al raggiungimento di questo obiettivo è l'istituzione una cabina di regia interministeriale per le energie rinnovabili a cui partecipino: i Ministeri dello Sviluppo Economico, dell'Ambiente, della Cultura, della Ricerca e quello delle Infrastrutture, in dialogo con altri Enti nazionali quali: ISPRA, ISTAT e CNR, per favorire e riqualificare la pianificazione e la valutazione d'area vasta. Non possiamo permettere che la fase storica che stiamo vivendo sia caratterizzata da settorialismi autoreferenziali. Occorre una maggiore collegialità nelle decisioni e, soprattutto, un approccio sistemico e multidisciplinare.

  • OBIETTIVO 4

Istituire una Cabina di regia interministeriale

Se l'efficientamento energetico dell'intero patrimonio architettonico del nostro Paese diventa una mission di prima grandezza dello scenario 2030 (scommessa sugli edifici a consumo di energia quasi nulla -NZEB- inclusa), allora occorre investire di più sulla formazione permanente dei professionisti e del personale delle pubbliche amministrazioni già attivi sul paesaggio. In particolare, occorre mettere al centro della formazione il progetto di paesaggio, che dovrà includere l'esigenza della progettualità energetica, non limitandosi più a diventarne l'appendice finale quale abbellimento compensativo. Piano e progetto debbono - in altri termini - tornare protagonisti della cultura e del bagaglio tecnico/scientifico di architetti, ingegneri e funzionari pubblici.

  • OBIETTIVO 5

Varare un programma straordinario di formazione paesaggistica permanente

Rinnovabili e paesaggio: una sfida da vincere

Per de-carbonizzare la nostra economia, è necessario raggiungere entro il 2030 gli 85 GW di potenza nominale installata (60 GW derivanti da solare, 25 GW da eolico, indubbiamente le due "regine" delle fonti rinnovabili per la produzione elettrica). Una sfida difficile ma non impossibile. Vediamo meglio nel dettaglio le due fonti energetiche. La potenza fotovoltaica oggi installata in Italia è di circa 22 GW e abbiamo l'obiettivo di arrivare a 60 GW entro il 2030.


Il fotovoltaico si coniuga perfettamente con un utilizzo decentrato dell'energia, ma le sole coperture degli edifici (essenziali per ridurre i consumi da rete elettrica) non sono sufficienti per coprire le necessità dei comparti industriali. La produzione di energia su piccola scala, pur insufficiente, è comunque importantissima perché favorisce il controllo dal basso da parte dei cittadini responsabilizzandoli. Non solo: riduce i problemi autorizzativi, elimina sostanzialmente gli impatti paesaggistici, favorendo la nascita di comunità energetiche.

  • OBIETTIVO 6

Sostenere la nascita e la diffusione delle comunità energetiche

Considerati però gli scenari climate neutral sarà il contributo di impianti su scala industriale a risultare assolutamente indispensabile. Già oggi, si realizzano centrali solari con potenza di 2 GW, ma è evidente che la moltiplicazione di questi progetti impone a monte scelte di pianificazione territoriale. La priorità dovrà essere riservata alle grandi zone commerciali, alle aree industriali dismesse, al suolo abbandonato e/o contaminato o compromesso sul piano della fertilità agricola, seguendo il principio di non "occupare" neanche un ettaro di suolo fertile, se non con tecnologie compatibili (agrivoltaico), evitando quindi gli errori del passato. Ad esempio, la collocazione su aree agricole dismesse o su aree libere non destinate all'agricoltura deve tenere conto dell'agro-ecosistema in cui queste sono inserite, per evitare che la naturalità di questi contesti sia indebolita se non compromessa. Inoltre, l'agrivoltaico potrà e dovrà integrare il reddito dell'impresa agricola con la produzione di energia elettrica.

  • OBIETTIVO 7

Predisporre un piano per lo sviluppo dell'agrivoltaico nelle aree rurali 

In sintesi, la soluzione più razionale è, innanzitutto, installare i pannelli sui tetti delle nuove costruzioni, sugli edifici pubblici, nelle aree industriali e ovunque l'impatto sul paesaggio sia trascurabile; sapendo che questo non può bastare, è importante orientare l'istallazione su altre tipologie di superfici - senza occupazione di nuovo suolo. Da questo punto di vista, serve anche ribaltare la narrazione dei tetti solari nei centri storici, non escludendo a priori la loro installazione ma favorendola a certe condizioni. Servono, in buona sostanza, piani speciali per il FV sui tetti industriali e commerciali, per lo sviluppo dei grandi impianti fotovoltaici nelle aree dismesse e/o da recuperare, o lungo le fasce di rispetto delle grandi arterie di comunicazione.

  • OBIETTIVO 8

Predisporre piani speciali per il FV nelle aree industriali & commerciali, nelle aree dismesse e/o contaminate e - a certe condizioni - nei centri storici

Il tema della pianificazione si pone ovviamente anche per la produzione di energia eolica, rispetto alla quale abbiamo l'obiettivo di un sostanziale raddoppio entro il 2030 della potenza nominale installata, passando dagli attuali 11,2 GW a 25 GW. Partendo dagli squilibri causati dall'effetto "selva" di alcuni progetti del passato su alcuni territori, è possibile riequilibrare gli impatti grazie al repowering degli impianti esistenti con tecnologie più performanti ed efficienti, che possono ridurre il numero delle torri oggi presenti. Il rinnovamento dell'attuale parco eolico costituisce un obiettivo strategico su cui puntare, che faciliterebbe pure il raggiungimento degli obiettivi nazionali. Infatti, secondo le stime gli interventi sui campi eolici esistenti potrebbero aumentare la potenza installata di 4,5 GW, cioè più di un terzo della crescita che dobbiamo garantire al 2030.

  • OBIETTIVO 9

Favorire l'efficientamento degli impianti eolici esistenti (repowering)

Bisogna affrontare i nuovi impianti eolici come vere e proprie sfide "progettuali", che superino l'approssimazione dell'analisi di contesto di alcuni progetti già realizzati. Nessun luogo è uguale a un altro e ogni progetto ha l'obbligo d'inserirsi armonicamente nel contesto territoriale di cui si è riscontrata preventivamente la potenzialità anemometrica. Il progetto di paesaggio, in altri termini, deve diventare dunque il cuore stesso del progetto di parco eolico. I luoghi, a ben vedere, suggeriscono soluzioni. Le linee forti presenti sui territori (strade vicinali, linee di sub/crinale, curve di livello altimetrico, sviluppi del reticolo idrografico, etc.) possono rappresentare un'opportunità per un inserimento armonico; parimenti per l'off-shore la distanza dalla linea di costa e una disposizione a ventaglio può produrre un disegno complessivo più armonico e meno impattante.  La qualità compositiva si gioca su elementi oggi non sempre sufficientemente considerati come le distanze tra gli aereogeneratori e la "proporzione" tra queste e le altezze delle torri. Per non parlare dei limiti degli studi di monitoraggio sull'avifauna, che accompagnano le proposte e che risultano spesso insufficienti.

  • OBIETTIVO 10

Elevare la qualità progettuale promovendo formazione professionale specifica

Troppo spesso, in passato, abbiamo assistito ad atteggiamenti poco rispettosi delle prerogative locali da parte delle aziende proponenti. Dobbiamo, invece, tenere nel dovuto conto il ruolo dei cittadini che possono diventare protagonisti della transizione energetica, anche attraverso forme di azionariato diffuso nelle compagini societarie.

  • OBIETTIVO 11

Incentivare forme di compartecipazione economica dei cittadini nei progetti

I paesaggi dell'economia circolare

Ci siamo fin qui giustamente soffermati sull'enorme ruolo che può svolgere l'impiantistica per le fonti rinnovabili di energia, per contrastare i cambiamenti climatici in atto. Non meno importante, tuttavia, è l'inserimento di impianti atti a recuperare e riciclare la materia. Se il biogas italiano fa ormai scuola nel mondo, il biometano, ovvero il prodotto di un processo di raffinazione del biogas detto "upgrading", stenta invece a decollare, soprattutto a causa di un quadro normativo poco chiaro. Da questo punto di vista occorre favorire e incentivare il recupero energetico da rifiuti organici e soprattutto dagli scarti delle produzioni agricole e zootecniche. Le riserve certe di gas fossile in Italia oggi, sono pari a circa 40 miliardi di metri cubi. Sono pertanto così esigue da non poter garantire neanche un anno di fabbisogno nel nostro Paese stanti gli attuali consumi. Mentre la rinnovabilità del biometano, negli anni, permetterebbe di avere un orizzonte temporale molto più lungo e di poter gestire al meglio la transizione per quei settori in cui l'elettrificazione non è ancora possibile.

  • OBIETTIVO 12

Favorire pratiche agricole che aumentino la capacità di stoccaggio di CO2 dei suoli, dissuadendo con ogni mezzo inutile consumo di suolo fertile.

  • Armonizzare il quadro normativo relativo al biometano, escludendo la produzione agricola primaria destinata alla produzione di biocarburanti.
  • Rivisitare complessivamente tutti i Piani Regionali per l'Economia Circolare, in modo che includano anche piani specifici per il Benessere Animale, volti a ridurre drasticamente il numero dei capi negli allevamenti zootecnici intensivi.
  • Rendere chiaro e coerente il quadro normativo per la produzione di biometano e, più in generale, di tutte le materie prime seconde dell'economia circolare

#DonnaVitaLibertà #Firma x salvare Fahimeh Karimi

Iran, ecco perché Il Gusto aderisce all'appello della Stampa: "Liberate Fahimeh"

 

https://chng.it/RpvqKSCf

Firma anche tu l’appello a questo link
https://www.change.org/p/appello-per-la-vita-di-fahimeh-karimi

 

Appello per la vita di Fahimeh Karimi.
Egregi Mohammad Reza Sabouri, ambasciatore in Italia della Repubblica islamica di Iran
Gholamhossein Mohseni Ejei, capo della magistratura iraniana
Antonio Tajani, Ministro degli Esteri.
Fahimeh Karimi, allenatrice di palla a volo, madre di tre bambini piccoli, è stata arrestata a Pakdasht, nella provincia di Teheran, oltre un mese e mezzo fa. L’accusa sarebbe quella di aver sferrato dei calci a un paramilitare in una delle manifestazioni che hanno fatto seguito alla morte di Mahsa Amini, la giovane di 22 anni presa in custodia dalla polizia morale iraniana, il 16 settembre scorso, per via di una ciocca di capelli che sfuggiva al suo hijab.
Karimi è stata prima detenuta nella prigione di Evin, poi trasferita in quella di Khorin.

La Stampa e i sottoscrittori di questo appello chiedono il rispetto dei diritti di tutti coloro che da giorni manifestano pacificamente e che nonostante questo vengono brutalmente repressi e ingiustamente arrestati. In particolare, chiediamo la decadenza immediata delle accuse e il rilascio incondizionato di Fahimeh Karimi. La pena che le è stata inflitta è umanamente, moralmente e giuridicamente inaccettabile. Oltre tutto non c’è evidenza di nessun regolare processo a suo carico e dunque, in attesa della sua scarcerazione, deve esserle assicurato un contatto costante con la sua famiglia e con un avvocato da lei scelto liberamente.
Il rispetto dei diritti umani appare in questo momento gravemente violato dalla Repubblica islamica dell’Iran. Italia e Unione europea non possono voltarsi dall’altra parte, ma devono esercitare continue e crescenti pressioni per garantire la salvezza e l’incolumità delle migliaia di arrestati nelle proteste di piazza.

È possibile aderire all’appello utilizzando questo link: https://www.change.org/p/appello-per-la-vita-di-fahimeh-karimi

 

 

“L’associazione  di promozione Sociale, costituitasi nel novembre 2018,  in particolare per la salvaguardia della Colonia di Castel Raniero, della casa del custode  e del parco circostante, così come è previsto negli scopi statutari richiama l’attenzione sulla  mancanza di informazioni riguardo l’utilizzo del finanziamento a fondo perduto di oltre 3 milioni e mezzo di Euro, concesso dallo Stato per il recupero della Colonia medesima ed assegnato alla Sovrintendenza competente territorialmente al fine dell’avvio delle procedure necessarie ad avviare i lavori di recupero. È noto a tutti lo stato di degrado con rischi di crollo della Colonia, in particolare della Torretta storica e del coperto. Sta crollando anche la “casa del custode”.

Dall’approvazione del finanziamento ministeriale ci risulta non sia stato fatto nulla o quasi  per la MESSA IN SICUREZZA del complesso immobiliare ,per la Colonia, e neanche per la “casa del custode”, quest’ultima, edificio meno prestigioso, ma comunque tutelato!!

Già prima della costituzione dell’Associazione, fin dal 2011, il Comitato Spontaneo Adottiamo Castel Raniero, aveva denunciato lo stato di degrado e sollecitato l’intervento della proprietà, ora ASP della Romagna Faentina nonché del Comune di Faenza. Da allora sono passati 11 anni, è stato deliberato un  finanziamento ed ancora i faentini non sanno se i lavori inizieranno. Intanto il degrado continua con il  rischio che i due immobili crollino da un giorno all’altro.

L’associazione chiede di conoscere se il procedimento relativo al recupero della Colonia, a cui il finanziamento è stato destinato, è stato avviato, in ipotesi affermativa, conoscere se ad oggi esiste un “RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO” a cui far riferimento. Vorremmo, al riguardo, avere chiari interlocutori. Sovrintendenza, Proprietà, Amministrazione comunale, non sappiamo quali di questi tre soggetti siano responsabili dell’avvio del processo di recupero.

Esiste il rischio di perdere i finanziamenti?  In questo caso la Comunità ha diritto di conoscere  i soggetti a cui attribuire eventuali responsabilità.

Qualora questo rischio non vi sia si chiede di rendere noto ciò che fino ad ora è stato fatto e cosa si deve ancora fare per vedere avviare i lavori di recupero. Sembra che una delle cause dei ritardi sia la definizione della DESTINAZIONE D’USO finale della Colonia. Riteniamo la destinazione d’uso fatto secondario rispetto al recupero del grezzo.

Chiediamo la COSTITUZIONE DI UNA CONFERENZA DI SERVIZI convocata dalla proprietà  ASP della Romagna Faentina,  con Comune di Faenza, Soprintendenza,  ed altri stakeholders principali quale l’Associazione Adottiamo Castel Raniero ed altre realtà interessate.

L’associazione auspica che le Istituzioni coinvolte (Sovrintendenza, ASP della Romagna Faentina e Comune di Faenza ) si muovano in fretta, e chiede  in tempi brevi informazioni precise sullo stato del procedimento volto al recupero della Colonia, bene comune, come tale  appartenente alla Comunità Faentina.”

Il Consiglio Comitato adottiamo Castelraniero

La legge di bilancio aumenta di 800 milioni di euro le spese militari. I numeri dell'Osservatorio Mil€x

Oltre 800 milioni di aumento delle spese militari è la stima preliminare, effettuata dall’Osservatorio Mil€x a fronte delle tabelle presentate dal Governo con la nuova legge di bilancio. Il ministro della Difesa del governo Meloni, Guido Crosetto, ce lo aveva già detto che tali spese sarebbero state incrementate sino ad arrivare al 2% del pil, confermando la politica intrapresa dal precedente esecutivo, ma vedere le cifre della legge di Bilancio ha un suo impatto, soprattutto a fronte dei tagli invece disposti per settori cruciali quali scuola, sanità, carceri e pensioni.

Nel 2023 26 miliardi e mezzo 

I dati dell’Osservatorio Mil€x sulle spese militari italiane rivelano che si passerà dai 25,7 miliardi del 2022 ai 26,5 miliardi per il prossimo anno. In un comunicato viene spiegato che a fare da traino è il bilancio ordinario della Difesa a causa dei maggiori costi del personale di Esercito, Marina e Aeronautica e delle maggiori risorse dirette destinate all’acquisto di nuovi armamenti. Va sottolineato che, se una parte consiste in fondi previsti “a legislazione vigente” (stabiliti quindi da governi precedenti), la spesa di 700 milioni circa viene da decisioni direttamente ascrivibili alla manovra di bilancio del governo Meloni.

Rilevanti sono anche i costi per le missioni militari all’estero: “nel 2023 la dotazione sarà di oltre 1,5 miliardi di euro (in crescita di 150 milioni rispetto all’anno precedente) di cui il 90% (cioè quasi 1,4 miliardi) possono essere ascritti a funzioni militari dirette”. Alti i livelli, anche se senza particolari variazioni rispetto alle precedenti leggi di Bilancio, per gli investimenti in nuovi armamenti, confermando un budget annuale complessivo di 8 miliardi di euro destinato al riarmo nazionale.

Da precisare che i dati sopra esposti non comprendono le spese per la proroga fino al 31 dicembre 2023 del ‘decreto Nato’ per l’invio di armi all’Ucraina.

I timori del sindacato 

A preoccupare la Cgil sono le poste che riguardano la spesa per la dotazione di armamenti: “Si tratta di un piano di rafforzamento – sostiene Giuseppe Massafra, segretario nazionale del sindacato di Corso d’Italia – che non va quindi nel senso della riduzione delle politiche offensive e di difesa da noi auspicato e non ci fa stare tranquilli rispetto alla riduzione del carattere conflittuale di quella parte d’Europa al momento interessata dalla guerra in Ucraina”.

Discorso diverso, invece, per la posta dell’incremento di spesa per la dotazione e il miglioramento delle infrastrutture del settore e, soprattutto, del personale. Massafra spiega che si tratta “di una spesa utile se collegata all’effettivo miglioramento delle condizioni lavoro dei militari ed è quindi necessario capire se è una previsione legata agli aumenti contrattuali”. “Noi dovremo monitorare l’utilizzo del denaro in fase di contrattazione – conclude -, alla luce di una debolezza della contrattazione stessa nel settore e di uno scarso riconoscimento del valore sindacale”.

La legge di bilancio non è ancora stata approvata dalle Camere, quindi è ancora passibile di modifiche e sarà solamente dopo l’ok definitivo che l’Osservatorio Mil€x pubblicherà un report più approfondito sulle spese militari italiane 2023 con la stima del cosiddetto “bilancio integrato in chiave Nato” e quindi del suo percentuale sul prodotto interno lordo nazionale.

Presentato il Rapporto globale dell'Oil. In un focus sul nostro Paese dati drammatici: i salari reali hanno perso il 12%, nessuno così male 

 

L’Organizzazione mondiale del lavoro (Oil) ha scelto l’Italia, Roma, per presentare il suo Rapporto mondiale sui salari 2022-2023. È stata la prima volta, lo scorso 2 dicembre, che l’agenzia Onu ha lanciato un proprio rapporto mondiale in Italia. Potrebbe sembrare una buona notizia ma purtroppo non lo è. L’analisi dell’Oil illustra un’emergenza salariale globale: gli effetti post-Covid e l’esplosione inflazionistica degli ultimi mesi stanno aggredendo i redditi da lavoro dovunque nel mondo. Ma in Italia sembrano emergere segnali se possibile ancora più allarmanti. Segnali che nel corso dell’incontro romano Gianni Rosas, direttore dell’Ufficio Oil per l’Italia e San Marino, e Giulia De Lazzari, esperta di politiche salariali del dipartimento Oil sulle condizioni di lavoro e l’uguaglianza, hanno distillato in un focus specifico.

La malattia italiana

In estrema sintesi, quello che il Rapporto segnala sull’Italia è questo: una tendenza all’erosione di lungo periodo dei salari reali, l’impatto prima della pandemia e adesso dell’inflazione sono le tre cause che spingono il nostro Paese in fondo a ogni immaginabile classifica, globale o europea, dove si rendiconti lo stato di salute e la capacità di acquisto dei redditi da lavoro.

L’Oil ricorda che nella prima metà del 2022, “per la prima volta in questo secolo”, i salari reali sono diminuiti su scala mondiale (-0,9%). Ma in Italia l’impennata inflazionistica li ha erosi con una riduzione di quasi 6 punti percentuali nel 2022, ossia più del doppio rispetto alla media Ue. “Questo ‘effetto inflazione’ segue un periodo di crescita modesta di 0,1 punti percentuali delle retribuzioni mensili nel periodo 2020–2021 (+1,7 punti per la media dei paesi Ue) a causa della pandemia”, si legge nel Rapporto.   

 

Foto: Grafico a cura dell'Oil

 

 

Il crollo dei salari

Esaminando un arco di tempo più lungo (2008-2022), i ricercatori dell’Oil rilevano che in sole tre economie avanzate del G20 (Italia, Giappone e Regno Unito) “i salari reali hanno registrato livelli inferiori nel 2022 rispetto al 2008”. L’Italia, però, “registra la decrescita maggiore, pari a 12 punti percentuali”, un crollo che ha intaccato “in modo sostanziale il potere d’acquisto delle famiglie negli ultimi 15 anni”.

 

Foto: Grafico a cura dell'Oil

 

 

Eppure l'analisi dell'evoluzione degli indici dei salari reali durante il periodo 2008-2022 mostra una crescita dei salari nella maggior parte dei paesi dell'Ue. Il Rapporto evidenzia che l'incremento maggiore si è registrato nell'Europa centrale. Durante il periodo di riferimento, i salari sono aumentati del 72% in Ungheria, del 36% in Polonia e del 25% in Slovacchia. Anche in Francia e in Germania i salari sono saliti rispettivamente del 6 e del 12%. Per quanto riguarda l'Italia, se si prendono come base i salari del periodo immediatamente precedente al manifestarsi della crisi economica e finanziaria globale, l'indice dei salari reali indica invece una perdita drammatica, e doppia rispetto alla “penultima” Spagna (-6%)

 

Foto: Grafico a cura dell'Oil

 

 

Ci rimettono i working poor 

“Le crisi legate alla pandemia e all’inflazione – aggiunge il Rapporto - hanno un impatto maggiore su lavoratori e lavoratrici con basse retribuzioni. La combinazione tra perdita di lavoro e riduzione di ore lavorate durante la pandemia ha causato una crescita di quasi un punto percentuale della proporzione di lavoratori e lavoratrici a bassi salari che in Italia è passata dal 9,6% del 2019 al 10,5% del 2020”. 

Donne e giovani in difficoltà

“La proporzione di lavoratrici – si legge nel Rapporto -, in genere più presenti rispetto ai lavoratori in lavori a bassa retribuzione, è aumentata di più di un punto percentuale (dal 10,7% nel 2019 all'11,8% nel 2020)”. L’età è poi “un'altra caratteristica personale che influisce sui livelli salariali. Durante la pandemia, i giovani già presenti in alta percentuale tra i lavoratori con basse retribuzioni, è ulteriormente cresciuta di quasi un punto percentuale tra il 2019 e il 2020, anche se la crescita maggiore si è registrata tra i lavoratori di età compresa tra i 35 e i 50 anni (+1,2%)”.

Aree geografiche e contratti

I lavoratori con bassa retribuzione sono “più presenti nell'Italia del Sud (circa 14%), anche se gli incrementi maggiori si sono registrati nell'Italia centrale (+1,5%) e del Nord (+1,4%)”. Mentre “sulla base della tipologia di contratto, i lavoratori a tempo indeterminato con basse retribuzioni sono aumentati (+1,2%) rispetto a quelli a tempo determinato (+0,8%), il cui numero è quasi doppio rispetto ai primi. L'incremento del numero di lavoratori a bassa retribuzione è stato invece lo stesso tra i lavoratori a tempo pieno e quelli a tempo parziale (+0,9%)”.

“Dobbiamo porre particolare attenzione ai lavoratori a reddito medio-basso – ha chiarito Giulia Lazzari –, contrastare l’erosione del potere d’acquisto dei salari è un fattore essenziale per la crescita economica e può supportare la crescita dell’occupazione. Questo può essere inoltre un modo efficace per diminuire la probabilità o la severità di un’eventuale recessione in Italia”.

Il costo della vita

Il Rapporto mostra, inoltre, che l’inflazione “può avere un impatto maggiore sul costo della vita delle famiglie a basso reddito a causa dell’utilizzo della maggior parte del loro reddito disponibile per la spesa in beni e servizi essenziali. Questi ultimi, in genere, subiscono un incremento di prezzo maggiore. Anche i dati relativi all’Italia evidenziano che i beni e servizi primari sono stati maggiormente intaccati dall’inflazione”. 

 

Foto: Grafico a cura dell'Oil

 

 

Il divario salariale di genere

Stando al Rapporto, una misurazione del divario salariale di genere sulla base del salario orario e del salario mensile indica che in Italia “è rimasto sostanzialmente immutato rispetto al periodo precrisi, attestandosi intorno all'11% (se misurato in base ai salari orari) o al 16,2% (se basato sui salari mensili). Questa tendenza si allinea con la media del divario salariale di genere a livello globale che è confermata stabile al 20%”. 

 

Foto: Grafico a cura dell'Oil

 

 

Che fare

“La ripresa dal Covid-19 che si stava realizzando nel mondo del lavoro in Italia e su scala globale è stata compromessa dall’attuale grave crisi inflazionistica”, ha spiegato Gianni Rosas. “Insieme al rallentamento della crescita economica, la crisi attuale sta aggravando la situazione dei salari reali in Italia e nel mondo. In questo contesto, è necessario adottare, attraverso il dialogo sociale, delle politiche macroeconomiche e fiscali di supporto al tenore di vita di lavoratori e famiglie, delle politiche salariali attraverso la contrattazione collettiva, unitamente a misure dirette alle famiglie meno abbienti. È inoltre fondamentale rafforzare le competenze di lavoratrici e lavoratori attraverso l’istruzione e la formazione lungo l’arco della vita e adottare strategie integrate per ridurre il divario salariale di genere”.

Se il governo si tira indietro, tocca alle parti sociali

Inevitabile il riferimento al recente voto contrario della Camera sull’introduzione legale del salario minimo. Ma, ha osservato diplomaticamente Rosas, “quello che conta non sono gli strumenti ma l’obiettivo. Che ci si arrivi con una legge o mediante la contrattazione collettiva (che in Italia ha una copertura dell’80%), l’importante è mantenere lavoratrici e lavoratori al di sopra della soglia di povertà”. In conformità con la Convenzione Oil 121 del 1970 sui salari dignitosi.

Quanto al salario minimo legale, dal governo Meloni e dalla sua maggioranza non ci si può aspettare nulla. L’Oil indica allora la contrattazione collettiva, invita a una “condivisione delle responsabilità” e a un “dialogo più serrato tra imprese e sindacati”, ha detto Rosas. “Occorre affrontare e ridurre le perdite salariali. Se non si agisce nel 2023, si andrà in recessione”.

IL RAPPORTO OIL SULL'ITALIA (PDF)