Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

Gaza Quanto può durare questa offesa al mondo che comunque vada, non rimarrà impunita nella coscienza dell’umanità?

L’offesa del pane e del sangue

Accade a Gaza. Nel tiro al piccione che dilania le vite di donne e uomini – chi conta più i morti..? – dove l’esercito israeliano intensifica i bombardamenti e la rioccupazione della Striscia con altre decine di vittime civili come ogni giorno, si avvia l’estrema sopraffazione e umiliazione: gli aiuti come arma di ricatto, privatizzati e militarizzati dopo avere escluso e bombardato gli organismi Onu, con la loro distribuzione in aree-campi di prigionia per portare a termine la pulizia etnica.

Manco ai cani è destinata questa sorte, ormai. Lì dove i bambini che hanno appena finito di morire di freddo e malattie ora cominciano a morire a decine di fame e quelli che rimangono in vita assistono, tra file di sudari bianchi, alla strage quotidiana che rimarrà per sempre nei loro occhi.

Persino il direttore della Gaza Humanitarian Foundation (Ghf) la nuova fondazione umanitaria sostenuta dagli Stati Uniti per distribuire aiuti nella Striscia di Gaza si era dimesso lunedì «con effetto immediato» dichiarando che non fosse possibile attuare il piano dell’organizzazione «rispettando rigorosamente i principi umanitari di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza».

Meglio di lui ad accorgersene hanno fatto e praticato migliaia e migliaia di palestinesi, bambini, donne, anziani e civili inermi assaltando ieri con la sola forza della disperazione il complesso di aiuti umanitari nella zona di Rafah, la parte meridionale di Gaza, e gli operatori americani sono fuggiti. Il sito è stato distrutto e la recinzione spostata, mentre un elicottero da combattimento israeliano ha aperto il fuoco in aria per disperdere la folla. Ma a ovest di Rafah, nell’altro sito aperto – dei 400 precedenti delle Ong collegate all’Onu e dell’Unrwa ne sono previsti dal piano criminale israelo-americano solamente quattro – nella zona di Morag tra Khan Yunis e Rafah in molti hanno ritirato i pacchi dove hanno trovato pasta, farina, tahina, riso, salsa di pomodoro, fave, tè, biscotti e altri prodotti alimentari e subito fonti israeliane si sono affrettate a dichiarare che alcuni sfollati – profughi a casa loro, ricordiamolo – avrebbero gridato: «Grazie America»; il centro però restava aperto fino alle 19,00 e i pacchi distribuiti erano destinati a solo a 2.500 persone mentre migliaia di altri rimangono ad affollarsi affamati fuori dal centro di distribuzione.

«Grazie America», certo. Proprio mentre nelle stesse ore, secondo il ministero della difesa israeliano, atterrava in Israele «l’ottocentesimo aereo carico di aiuti militari statunitensi dall’inizio della guerra a Gaza»: in totale, dal 7 ottobre 2023 sono arrivate dagli Usa più di 90 tonnellate di armamenti e attrezzature militari, «veicoli corazzati, munizioni, equipaggiamento di protezione personale e attrezzature mediche» per garantire «significativamente» che l’Idf possa continuare le operazioni sia «per raggiungere gli obiettivi di guerra sia per migliorare la capacità di risposta rapida e le scorte». Tutto per il massacro e il sangue, poi l’elemosina.

Le Nazioni unite accusano l’organizzazione privata incaricata di distribuire aiuti nella Striscia di essere una «distrazione da ciò che è necessario, come l’apertura dei valichi e forniture d’emergenza»,e si rifiutano di cooperare con questo ricatto, come la maggior parte dei gruppi umanitari. E ricordano che tremila camion, non solo di cibo, ma anche di medicinali giacciono in Giordania e in Egitto, aspettando un via libera per entrare che sta per scadere.

Quanto può durare questa offesa al mondo che comunque vada, non rimarrà impunita nella coscienza dell’umanità? Mentre chi finora ha taciuto complice, come i tanti media mainstream, scopre dopo 20 mesi l’annientamento criminale di un intero popolo e straparla appeso alla propria vergogna.

Ma Gaza affamata non tace e invia, per chi vuole ascoltarli, messaggi insieme di disperazione, richiesta di soccorso e rivolta.

Perché tanti piccoli Salgado, mettendo a repentaglio la propria esistenza – sono 216 i reporter uccisi dai bombardamenti israeliani con vere e proprie esecuzioni – inviano immagini che resteranno per sempre.

Sono le istantanee di folle di esseri umani protesi con le loro mani, cime allungate di foglie rampicanti di un unico albero, verso il pane che è negato e che ora è privatizzato e usato come arma, come e più dei raid aerei, per condizionare milioni di palestinesi ad entrare in campi di concentramento dove, sotto controllo militare, comincerà la selezione «biometrica» di chi ha diritto a lenire la fame e chi no.

Per quel pane che per Predrag Matvejevic è «prezioso anche nelle briciole e negli scarti che non vanno buttati ma baciati» perché «il pane è fondamento e misura della civiltà mediterranea». Più le mani si allungano nervose e disperate, più il crimine diventa evidente. È la foto dell’indifferenza del mondo. Sarà difficile lavare da questi giorni e dalla memoria la polvere del crimine.