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DISEGNO DI LEGGE SUL PRESIDENZIALISMO. L’ex presidente del Senato, eletto con Fdi, ha reso evidente il proprio dissenso. Le correzioni al ddl prevedono il rafforzamento dei poteri di opposizione e Presidente della Repubblica

 Maria Elisabetta Casellati e Roberto Calderoli - Fabio Frustaci /Ansa

Marcello Pera, dopo aver criticato – per usare un eufemismo – il ddl Casellati in ripetute occasioni, ha deciso di «parlamentarizzare» il proprio dissenso dalla linea della maggioranza e di Fdi, il partito con cui è stato rieletto in Senato.

Sono dunque giunti in Commissione Affari costituzionali del Senato due suoi emendamenti al premierato: pochissimi ma significativi, perché parlano più di quello che dicono.

Il termine per i sub emendamenti era scaduto la scorsa settimana, e il presidente emerito del Senato aveva riferito ai cronisti l’intenzione di non volerne presentare alcuno. Tuttavia lo ha fatto, e una volta pubblicato il fascicolo delle proposte di modifica (oltre 2.600), i cronisti hanno potuto constatare la presenza delle due di Pera.

VOLENDO SINTETIZZARE il significato istituzionale e politico dei due testi, si può dire che rafforzano i poteri del Presidente della Repubblica e di quelli delle opposizioni, prevedendo addirittura l’introduzione in Costituzione della figura del «premier ombra» con precisi diritti.

Prima di vederli nel dettaglio, è facilmente intuibile che i due emendamenti mettono in discussione l’asserzione della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e della ministra Maria Elisabetta Casellati, che la riforma non incide sui poteri del Capo dello Stato e che non altera gli equilibri del rapporto tra governo e Parlamento.

Il valore dei due emendamenti di Pera sta proprio in questa critica radicale all’assunto stesso del ddl premierato.

Il primo emendamento modifica l’attuale articolo 89 della Costituzione, il quale afferma: «Gli atti del Presidente della Repubblica sono controfirmati dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità». È la norma della Carta in base alla quale il Presidente della Repubblica è «irresponsabile» giuridicamente dei propri atti.

L’emendamento Pera esclude dalla controfirma una serie di atti presidenziali: «La nomina del Presidente del Consiglio, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, il decreto di scioglimento delle Camere, salvo che lo scioglimento non costituisca atto dovuto, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi al Parlamento e il rinvio delle leggi alle Camere».

LA SOLUZIONE DI PERA modifica profondamente il profilo che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, lo rende meno un arbitro e più un giocatore in campo, in grado di contrastare un braccio di ferro con il premier eletto che rivendichi prerogative sulla base di un mandato popolare.

Una soluzione certo discutibile ma che afferma in modo chiaro che il ddl Casellati stravolge il sistema attuale di pesi e contrappesi.

IL SECONDO EMENDAMENTO introduce un nuovo articolo nella Costituzione, il 96 bis, ed è più intuitivamente comprensibile: «Il Capo dell’opposizione è eletto, sulla base di un’esposizione programmatica, dai membri del Parlamento che abbiano dichiarato di appartenere all’opposizione. Egli è sentito dal Presidente della Repubblica e dal Presidente del Consiglio nei casi di guerra e di grave pericolo per la sicurezza nazionale, nonché negli altri casi previsti dalla legge. I regolamenti delle Camere ne regolano le modalità di elezione ed i poteri, in particolare con riferimento alla formazione dell’ordine del giorno delle Camere. I regolamenti determinano altresì i poteri di altri gruppi parlamentari di opposizione».

Anche in questo caso è un contro-bilanciamento «a valle» ancor più necessario perché il ddl Casellati non introduce nuovi poteri per il premier eletto, spingendolo quindi a prenderseli da solo, invocando il mandato popolare.

GLI EMENDAMENTI di Pera si inseriscono in una fase distopica del dibattito in Senato. La Commissione è impegnata nell’illustrazione degli emendamenti, che tuttavia sono stati depositati solo dalle opposizioni.

I partiti della maggioranza tacciono e non procedono alla chiarificazione del forte contrasto che oppone Fdi e Lega sulle norme che riguardano i casi in cui il premier eletto non ottiene la fiducia da lui posta.

In questo gioco la Lega è riuscita a ottenere l’incardinamento dell’Autonomia differenziata in Commissione Affari costituzionali della Camera, dopo il rinvio di una settimana. Ma Fdi ha fatto sapere che non si opporrà alla richiesta delle opposizioni di tempi adeguati di esame.

Nuovi colpi di teatro sono dietro la porta.