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La carovana della Cgil arriva fino a Sobrance, tra Slovacchia e Ucraina, per consegnare le 17 tonnellate di aiuti alimentari alle popolazioni sfollate e costrette a fuggire dalle bombe di Putin

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Riso, biscotti, latte a lunga conservazione, alimenti per neonati, succhi di frutta, prodotti per l'igiene personale. Generi di prima necessità per chi, una volta scappato dalle bombe, deve sopravvivere nella nuova “vita” da profugo. È il racconto della delegazione capitanata dalla Cgil nazionale insieme alla Flai Cgil, Cgil Emilia-Romagna, Cgil Lombardia, Spi Cgil Lombardia, Cgil Milano, Nexus Emilia Romagna che ha attraversato il cuore dell'Europa ed è arrivata a Sobrance, al confine con l'Ucraina, per consegnare gli aiuti alimentari.

 Il Circolo Legambiente Lamone e Legambiente regionale, in collaborazione con ANAB, Associazione Nazionale Architettura Bioecologica, promuovono il convegno:
 
 
Lo studio commissionato dalla Regione sul possibile proseguimento delle estrazioni nella Cava di Monte Tondo, ha definito come il più auspicabile lo scenario B, ossia l'estrazione per un periodo, comunque significativo, di 10/15 anni solo dentro l'area già precedentemente individuata. Non tutti condividono questa opzione, Legambiente ha ritenuto invece che su questa base si possono fare i necessari approfondimenti.
 
A partire da una lettera aperta, inviata alla Regione, alle Istituzioni locali, ai Sindacati e alla Saint Gobain, stiamo cercando di sollecitare tutte le parti in causa a confrontarsi per una “articolata riconversione del sito”, per affrontare insieme la tutela del patrimonio naturale – in particolare in un ambiente unico come la vena del gesso romagnolo – e occasioni di lavoro qualificato, per i lavoratori oggi occupati e per la comunità locale.
 
A questo fine abbiamo avanzato alcune ipotesi che vorremmo approfondire con tutti i possibili interlocutori:
 
  • Il possibile massimo utilizzo del cartongesso dismesso nello stabilimento di Borgo Rivola, permetterebbe di utilizzare molto meno materiale vergine e quindi di scavare meno, attivando una filiera di raccolta del materiale recuperato, che oggi non viene utilizzato.
     
  • La progettazione a Borgo Rivola, da parte della Saint-Gobain, di una attività industriale di prodotti alternativi con l’impiego di argille e fibre naturali, come canapa ecc. che potrebbero essere coltivati in zona, verso la costruzione un distretto di materiali edili innovativi.
     
  • in aggiunta, anche rispetto alla candidatura Unesco per la Vena del Gesso, assieme all'Ente Parco, vanno realizzate altre iniziative economiche, culturali, turistiche di tutela del paesaggio; ipotesi annunciata anche dell'azienda, con un programma di ripristino innovativo e sostenibile, ma che non è ancora stato presentato.
     
I qualificati contributi previsti nel corso della mattinata verteranno esattamente su questi punti:
 
Il Dott. Marasmi Christian e il Dott. Nolè Marcello - Settore Difesa del Territorio Regione Emilia Romagna, approfondiranno i contenuti dello studio commissionato dalla Regione;
 
Boris Pesci, Procuratore del Consorzio Astra “ La filiera del carton gesso riciclato”
 
Olver Zaccanti, Libero professionista Responsabile nazionale sistemi con la canapa di ANAB- “La canapa grande risorsa per ambiente, agricoltura e architettura”;
 
Paolo Rava, Architetto libero professionista Presidente ANAB, Docente a contratto dipartimento Architettura UNIBO “Le ragioni dell’Architettura Sostenibile, verso il metadistretto dell’edilizia”; Gian Battista Vai (di cui siamo in attesa di conferma) dell'Accademia delle Scienze dell’istituto di Bologna, che è intervenuto in più occasioni per una graduale riduzione di gesso conferibile allo stabilimento e per il recupero di una morfologia residua di cava funzionale agli obiettivi del Parco.
 
Paola Fagioli, Direttore Legambiente Emilia Romagna, sintetizzerà le proposte che emergeranno anche dal successivo dibattito, per sollecitare l'apertura di occasioni di confronto - alle quali intendiamo partecipare – con tutti gli interlocutori in campo, a partire dalla Saint Gobain, azienda, che ha le maggiori responsabilità e poi delle rappresentanze dei lavoratori e delle istituzioni locali e regionali.

 

SCAFFALE. «Il lavoro operaio digitalizzato», a cura di Garibaldo e Rinaldini e «Sfruttamento 4.0» di Gaddi

La rivoluzione tecnologica dentro le fabbriche della rossa Bologna (e provincia). Industria 4.0 declinata all’emiliana grazie alla mediazione decisiva del sindacato e dei suoi delegati in fabbrica. Due libri per un’unica «inchiesta operaia» del terzo millennio. Il lavoro operaio digitalizzato, inchiesta nell’industria metalmeccanica bolognese a cura di Francesco Garibaldo e Matteo Rinaldini (Il Mulino, pp. 216, euro 20) e Sfruttamento 4.0, nuove tecnologie e lavoro (Punto Rosso, pp. 240, euro 18, introduzione di Sergio Bologna ) di Matteo Gaddi – che ha collaborato anche al primo – sono veri e propri lavori sul campo, figli di visite alle aziende e interviste ai lavoratori.

Per mettere in fila le cose di un processo complesso un punto fermo iniziale c’è: i nuovi tempi di lavoro sono imposti dalle aziende e mai contrattati. I nuovi sistemi di produzione in linea hanno come scopo principale la riduzione dei tempi morti e la produzione just in time. Lavoratori e sindacati sono rimasti inizialmente spiazzati da questa rivoluzione che sulla carta metteva a repentaglio tanti posti di lavoro sostituiti dai robot e dell’automazione dei processi. Ma proprio il retroterra culturale di una terra in cui dagli anni ’50 il sindacato è stata parte attiva e innovativa nel cambiamento del modello di produzione è fondamentale per comprendere lo sviluppo dialettico dell’applicazione di industria 4.0 nelle fabbriche ancora dominate dalla partecipazione operaia.

LA FIOM DI BOLOGNA è centrale in questo processo. Un sindacato dalle radici antiche e conflittuali e una pratica sempre innovativa e analitica che punta costantemente a migliorare le condizioni degli operai. Se certamente Il lavoro operaio digitalizzato è un testo più analitico, Sfruttamento 4.0 lo compendia dal punto di vista della denuncia di un modello «non di mera introduzione di nuove tecnologie ma di business strettamente determinati dalle condizioni di mercato» che senza la mediazione del sindacato di fabbrica rischia di slittare verso «ritmi di lavoro insostenibili e controllo delle prestazioni dei lavoratori in competizione con eventuali fornitori esterni».

DUNQUE A «INDUSTRIA 4.0» – termine coniato in Germania nel 2013 con intento positivo per aumentare la competitività del sistema industriale e importato in Italia in gran parte per sdoganare incentivi alle imprese per comprare macchinari tecnologici (il famoso piano Calenda) – va tolta la patina retorica della «grande conquista». Si tratta di «una sfida» in primis per il sindacato. L’espressione «contrattare l’algoritmo» è troppo generica e illusoria e difatti mai citata nel libro a cura di Garibaldo e Rinaldini. La Fiom in stretto contatto con i suoi delegati – «il collante», lo definisce un operaio intervistato, tra manager e lavoratori – ha costruito e adottato una strategia fatta di conquiste su campi distinti dai ritmi di lavoro ma altrettanto importanti e innovative partendo dall’assunto che «le nuove tecnologie non devono ridurre i livelli occupazionali».

E dunque nelle grandi fabbriche bolognesi delle multinazionali – Ducati e Lamborghini di proprietà dei tedeschi di Audi, la autoctona Gd leader mondiale del packaging, i carrelli elevatori della Cesab di proprietà dei giapponesi di Toyota – la Fiom è riuscita a tutelare e spesso migliorare le condizioni di lavoro – il cosiddetto «tempo esterno» in primis con aumento dei congedi e ore di formazione, orari di entrate e uscita flessibili, ergonomia delle postazioni – senza dimenticare gli aumenti salariali e limitando «l’intrusione della sorveglianza algoritmica» evitando che il controllo delle prestazioni possa essere usato contro i lavoratori.

MA IL RISULTATO più peculiare dal punto di vista sindacale è certamente quello di aver evitato di scadere negli accordi aziendali-corporativisti ma costruendo una piattaforma comune che non dimentica i lavoratori degli appalti e delle forniture, cercando di contrattare uguali condizioni anche per loro in nome dell’universalismo che caratterizza il sindacato del bolognese Claudio Sabattini.

 

 

OGGI NELLA CITTÀ UCRAINA. I volontari incontreranno
il sindaco Andrij Sedovy e il vescovo greco cattolico
 
Sciarpe bianche per dar voce alla diplomazia
 
 

 

Federconsumatori Toscana

In una fase estremamente complessa e delicata sul fronte del costo e dell’approvvigionamento energetico, ARERA aggiorna le tariffe trimestrali per l’energia elettrica e il gas per il mercato tutelato. Finalmente le famiglie possono tirare un piccolo sospiro di sollievo, le tariffe scenderanno, infatti, del - 10,2% per la luce e -10% per il gas: si tratta della prima riduzione delle bollette dopo 18 mesi.

Nonostante questo primo accenno al ribasso, però, il confronto con le spese sostenute nello scorso anno è ancora nettamente sfavorevole per le famiglie. Per la bolletta elettrica la spesa per la famiglia-tipo nell'anno scorrevole (compreso tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022) sarà di circa 948 euro, +83% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell'anno precedente (1° luglio 2020 – 30 giugno 2021). Nello stesso periodo, la spesa della famiglia tipo per la bolletta gas sarà di circa 1.652 euro, con una variazione del +71% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell'anno precedente.

“Un andamento che evidenzia come non si possa ancora abbassare la guardia su questo versante e quanto sia urgente stabilizzare le misure adottate finora e potenziare ancor di più gli aiuti alle famiglie, per affrontare questa fase straordinaria.” afferma Michele Carrus, Presidente Federconsumatori.

In tal senso riteniamo sia necessario apportare delle modifiche agli algoritmi di aggiornamento dei prezzi praticati dall’Autorità. Il prezzo determinato sul mercato di maggior tutela risente, infatti, del fatto che ARERA ha previsto che l’approvvigionamento di AU avvenga unicamente sul mercato spot. Sarebbe più utile e sensato, a nostro avviso, che l’indicizzazione del prezzo sia fatta in base al costo medio della fornitura nazionale complessiva, che è legata per circa il 70% della sua consistenza a contratti take or pay di lungo periodo, anche trentennale, quindi, al riparo dalle oscillazioni giornaliere o mensili del TTF (importante mercato di riferimento per lo scambio del gas naturale in Europa). In questo modo, le scelte e scommesse speculative di operatori finanziari (intermediari, broker, edge fund e banche d’affari) avrebbero molto meno peso nella determinazione del prezzo.

Inoltre, è necessario adottare una maggiore equità nell’applicazione della tassazione in bolletta, prevedendo una progressività in base al reddito, anche attraverso detrazioni proporzionali, nonché rimodulando gli oneri di sistema per eliminare le voci obsolete e ingiustificate e spostare alcuni incentivi (a partire da quello per le energie rinnovabili definito dalla componente Asos) sulla fiscalità generale.

Questa triste situazione di emergenza ci ha messo di fronte all’evidenza della necessità di ripensare completamente la politica energetica del nostro Paese, sostenendo con determinazione la transizione senza però far pesare i suoi costi sui cittadini, specialmente quelli che si trovano in condizioni economiche maggiormente precarie. A favore di questi ultimi, infine, è indispensabile prevedere misure di sostegno, per avviare una seria azione di contrasto alla povertà energetica, attraverso:

  • Una sospensione, in questa delicata fase, dei distacchi per morosità e una lunga rateizzazione delle bollette.
  • L’istituzione dell’albo dei venditori autorizzati ad operare nel settore dell’energia in base a parametri che prendano in considerazione competenza, solidità e correttezza, oltre che il loro impegno nel campo dell’energia sostenibile.
  • Maggiori sostegni alle famiglie e rafforzamento dei bonus per i nuclei in difficoltà.

L'ordine del giorno approvato alla Camera e accolto dal governo impegna l'esecutivo ad aumentare le spese militari al 2 per cento del Pil entro il 2028 (e non più il 2024). Ma le risorse aggiuntive andranno sottratte ad altre voci di bilancio. Marra, Cgil: “Dopo due anni di pandemia, la nostra risposta alla guerra è togliere risorse alla sanità per darle ai fabbricanti di armi?”

Passare da 25,8 miliardi a circa 38 miliardi all’anno, cioè da 68 milioni al giorno ad almeno 104 milioni. Dovrebbe crescere con questi ritmi la spesa militare italiana da qui al 2028 (e non più il 2024 come previsto inizialmente), stando alle cifre fornite dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, dopo l’accoglimento in commissione Esteri del Senato dell'ordine del giorno collegato al cosiddetto decreto Ucraina, già votato in precedenza a larghissima maggioranza dalla Camera.

Un impegno per l’esecutivo ad aumentare le risorse per la Difesa fino al 2 per cento del prodotto interno lordo (oggi siamo all’1,4) che ha messo in seria difficoltà la maggioranza di governo, politicamente divisa su questo punto, ma sul quale il premier Draghi ha ottenuto il sostegno del presidente della Repubblica Mattarella. Aumento che però ha scatenato la disapprovazione di Papa Francesco: “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2 per cento del Pil per l’acquisto di armi, come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!”, ha dichiarato il Pontefice.