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Ucraina, parlare di pacifismo come di una ‘idea assurda’ è un esempio di isteria di guerra 

Dopo un anno di fallimentare strategia militare rispetto alla soluzione della guerra in Ucraina, leggere “dell’assurdità dell’idea stessa di pacifismo” da parte di Paolo Ercolani (ilfattoquotidiano.it, 2 marzo 2023), definito “idealistico e irresponsabile”, è un esempio dell’“isteria di guerra” denunciata da Edgar Morin: isteria che provoca “l’odio di ogni conoscenza complessa e di ogni contestualizzazione” (Di guerra in guerra, 2023).

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La guerra in corso, scrive Jürgen Habermas, è un “aggirarsi come sonnambuli sull’orlo dell’abisso” (la Repubblica, 19 febbraio 2023) della guerra nucleare, rispetto al quale siamo stati avvisati sia dall’Associazione degli scienziati atomici (orologio dell’Apocalisse a 90 secondi dalla mezzanotte, stato di allarme mai raggiunto prima) che dal Segretario Onu Antonio Guterres: “Siamo al più alto rischio da decenni di una guerra nucleare che potrebbe iniziare per caso o per scelta” (Twitter, 8 febbraio 2023).

Nonostante questo scenario, l’Unione europea non ha messo in campo, con convinzione e determinazione, strumenti concreti di negoziato per risolvere il conflitto, ma ha privilegiato le forniture di armi, sempre più potenti, versando benzina sul fuoco nella “santa barbara” nucleare. La stessa parola “pace” nel discorso pubblico è stata sostituita dall’illusoria parola “vittoria”, che però nessuno può ottenere sul campo, come hanno dichiarato il Capo di stato maggiore Usa Mark Milley e il Capo di stato maggiore italiano Giuseppe Cavo Dragone.

E’ a partire dalla lucida visione del contesto dato, non da ardite comparazioni storiche, che con concretezza e responsabilità il Movimento per la pace chiede il cessate il fuoco e una Conferenza internazionale di pace, appellandosi ai saperi della nonviolenza. Quali? Intanto i saperi dei mediatori, i quali sanno che nei conflitti degenerati in violenza armata ad ogni azione violenta di una parte corrisponde l’azione di violenza superiore dall’altra fino, trattandosi di potenze atomiche, potenzialmente alla distruzione di tutti, a cominciare dal martoriato popolo ucraino. E’ la dinamica dell’escalation, come spiegava Mohandas Gandhi: “Occhio per occhio, il mondo diventa cieco”. E poi, oltre la vulgata binaria “resistenza o resa” alla quale si accoda Ercolani, i saperi di oltre un secolo di lotte nonviolente e resistenze disarmate, anche di fronte al nazifascismo. Saperi che non mancavano, per esempio, ad Hannah Arendt che ne La banalità del male invoca lo studio della resistenza disarmata del popolo danese all’occupazione nazista in tutte le facoltà di scienze politiche, “per dare un’idea della potenza enorme della nonviolenza, anche se l’avversario è violento e dispone di mezzi infinitamente superiori”. Unica resistenza in Europa, quella danese, capace di salvare dai lager la quasi totalità dei cittadini di origine ebraica.

Ancora, i saperi degli interventi civili che fin dalla guerra nei Balcani propongono la costituzione dei Corpi civili europei di pace: con un esperimento di storia contro-fattuale, si può immaginare che cosa sarebbe potuto accadere nelle regioni del Donbass se, a partire dal 2014, fosse stato inviato un Corpo civile di pace internazionale capace di fare interposizione, mediazione, riconciliazione tra le comunità, presidiando sul terreno l’applicazione degli accordi di Minsk, invece puntualmente disattesi fornendo, tra l’altro, sistemi militari a Russia e Ucraina. E ancora, i saperi degli obiettori di coscienza che in migliaia rifiutano in Russia e in Ucraina di arruolarsi e per questo sono perseguitati dai rispettivi governi, come hanno ricordato le giovani attiviste ucraina, russa e bieloussa invitate recentemente dal Movimento Nonviolento in Italia, chiedendo il supporto a chi rifiuta le armi, non a chi le chiede (azionenonviolenta.it, 2 marzo).

Sono alcuni dei saperi che Ercolani dimostra di disconoscere, evocando inappropriatamente la decisione di Dietrich Bonhoeffer di partecipare attivamente alla cospirazione contro Adolf Hitler per prepararne l’attentato, per cui fu impiccato. Al di là del riproporre il classico meccanismo propagandistico della reductio ad Hitlerum del nemico, qui c’è un altro elemento che ad Ercolani sfugge: il teologo Bonhoeffer non ha delegato altri ad uccidere in sua vece – come fanno i governi occidentali continuando ad inviare armi in Ucraina e come rivendica il presidente Zelensky – ma ha agito e pagato di persona per la sua scelta. Mantenendo fede alla responsabilità personale a fondamento del proprio agire. E’ la regola primaria della nonviolenza.

La questione, dunque, non è – come vorrebbe ridurla Ercolani – se “possiamo permetterci di non appoggiare l’Ucraina e quindi lasciare campo aperto a Putin”, ma di come intendiamo portare i governi russo e ucraino (ma anche gli attori dietro le quinte, come gli Stati Uniti, l’Ue e la Nato) al negoziato. O vogliamo continuare a lasciare campo libero, per dirla con Ercolani, ai “bellicisti di casa nostra”?

* analista, Osservatorio sulle armi leggere
** filosofo, Movimento Nonviolento