Riforma elettorale La premier prepara una nuova legge proporzionale con premio. Per ridimensionare gli alleati e frenare le minoranze. Pd e M5S pronti alle barricate, Lega e Fi contrari all'eliminazione dei collegi. Boccia (Pd): «Noi siamo per le preferenze, la leader di Fdi sarà coerente?»
Giorgia Meloni, dal suo punto di vista, ha due buone ragioni per voler cambiare l’attuale legge elettorale che è un mix di proporzionale e collegi maggioritari: riuscirebbe nello stesso tempo a limitare le truppe parlamentari di Lega e Fdi (lasciando loro solo i seggi che corrispondono ai loro voti, mentre ora ne hanno di più); e riuscirebbe a evitare che nel centrosud il centrosinistra recuperi 30-35 seggi che nel 2022 le sono stati regalati dalle divisioni, a partire da quella tra Pd e M5S.
PER QUESTO DA ALCUNI giorni si sono fatti insistenti i rumors su una proposta di nuova legge elettorale proporzionale, con un premio di maggioranza che assegni alla coalizione che superi il 40% il 55% dei seggi. Con tanto di nome del candidato premier sulla scheda elettorale. Se la proposta, che ad oggi non c’è (ci sono solo bozze di lavoro affidate al tandem Donzelli-Fazzolari) dovesse andare in porto, la premier riuscirebbe a sterilizzare gli alleati e vedere più vicina una vittoria elettorale che, con il Rosatellum in vigore, è tutt’altro che scontata.
Sommando i voti dei partiti alle europee del 2024, si vede che le destre arrivano al 47,4%, mentre il centrosinistra con Pd, M5S, Avs, Iv e +Europa si ferma al 44,7%. Numeri che confermano come il proporzionale con premio di maggioranza converrebbe a Meloni più del Rosatellum.
FIN QUI CI SONO I PRO di una scelta comunque rischiosa, quella di imporre una modifica della legge elettorale a colpi di maggioranza che scatenerebbe la rivolta delle opposizioni e creerebbe molti malumori anche tra Lega e Forza Italia. I due alleati, infatti, sono consapevoli che trattare sui collegi del Rosatellum porterebbe loro più seggi di una semplice sfida col proporzionale. Pd, M5S e Avs sono pronti a fare le barricate contro un premio di maggioranza «sproporzionato» che attribuirebbe alla coalizione che supera il 40% il 55% dei seggi. Ma sono disponibili al ritorno delle preferenze per la scelta dei parlamentari, cosa che invece non vogliono Lega e Fi.
MA CI SONO ALTRI PROBLEMI. Il proporzionale con premio funziona bene nelle regioni perché c’è una sola assemblea da eleggere. Mentre nel caso del Parlamento le assemblee sono due, e la Costituzione prevede che il Senato sia eletto «su base regionale» e non con un premio nazionale. Il famigerato Porcellum scritto da Calderoli nel 2005 (la legge pensata da Fdi gli assomiglierebbe molto) prevedeva per il Senato premi su base regionale: in ogni regione veniva assegnato alla coalizione che aveva prevalso.
Se si continuasse con lo stesso meccanismo, spiegano dal Pd, «il rischio di avere maggioranze diverse tra Camera e Senato sarebbe alto». Per non parlare dei rischi di incostituzionalità. Poi c’è un altro scoglio: se nessuno raggiunge il 40% che succede? Il dem Dario Parrini è sicuro: «Non c’è altra via d’uscita se non il ballottaggio, ma le destre non lo accetteranno mai. E non accetterebbero neppure l’idea che, se non scatta il premio, si vada a un proporzionale puro. Per questo dico che hanno in mano solo una ridda di ipotesi contraddittorie, che non hanno la dignità di una proposta di riforma». Su un altro tema c’è massima incertezza. Le destre ipotizzano capilista bloccati e poi le preferenze per gli altri. «Ma così facendo per molti partiti verrebbero eletti solo i capilista, soprattutto al Senato», osserva Parrini.
LE OPPOSIZIONI STANNO ragionando sul da farsi: consapevoli che, se Meloni andrà avanti, anche la coalizione dovrà serrare le fila, fino a ipotizzare le primarie per individuare il candidato premier da scrivere sulla scheda. Per Giuseppe Conte sarebbe una chance: l’unico modo per ottenere la guida della coalizione con meno voti del Pd. Per Schlein una sfida insidiosa, perchè Conte potrebbe ottenere alle primarie anche i voti di Avs, soprattutto se dovesse insistere sui temi della pace e del no al riarmo Ue.
Tutti però concordano su un punto: «Basta con le forzature, le regole del gioco vanno scritte insieme». «Meloni vuole una verticalizzazione del potere, non ci sta riuscendo col premierato e potrebbe farlo con la legge elettorale», spiega Alfonso Colucci del M5S. «Il Rosatellum fu scritto nel 2017 per danneggiare noi, ma rispetto a una legge peggiorativa meglio tenerselo. I collegi uninominali stabiliscono comunque un rapporto tra eletti ed elettori. E in passato chi ha cercato di cambiare le leggi elettorali per danneggiare gli avversari spesso è rimasto fregato». Dal Pd Francesco Boccia sfida la premier: «Dice che vuole le preferenze? Noi siamo pronti, lei sarà coerente?».